Un giorno, qualche anno fa, durante una lezione all’università, la prof di sociologia chiese alla mia classe di provare a descriverci, ognuno, individualmente, scrivendo tre parole su un bigliettino. L’obiettivo era quello di riuscire a far capire a chiunque, anche a un fantomatico alieno in arrivo in quell’istate sulla terra, chi fossimo. Tralasciando il fatto che se proprio dovessi dare a un alieno una vaga idea di quello che sono forse opterei per un disegno piuttosto che per delle parole, tra l’altro in lingua italiana, DONNA, EUROPEA, STUDENTESSA, è ciò che scrissi.
Scrissi queste tre parole con l’intento di descrivermi nell’essere, nella geografia, nelle scelte.
Non avrei potuto far a meno di descrivermi come donna, come essere umano “dell’altro sesso”, dato che il nascere donna ti permette sin dalla nascita di confrontarti con un mondo fatto di chi è privilegiato dalla nascita e di chi deve lottare un po’ di più, e tu sei dalla parte di chi deve lottare un po’ di più. Giovanni Truppi, cantautore dalla filosofia tragicomica, tendelzialmente stonato e immeritatamente poco conosciuto, in una delle sue ultime canzoni, dice che “l’unica cosa oltre l’amore che dice davvero chi siamo a tutti gli altri uomini come noi, è quella cosa che ci divide tra chi simpatizza con chi vince, e dall'altra parte, ovunque, da sempre e per sempre, chi simpatizza con chi perde”.
Ecco, credo di simpatizzare con chi perde, da sempre, proprio perché nata donna, e in quanto donna so bene che chi sembra abbia perso, non è detto che abbia perso davvero.
Ma qui entra in gioco la geografia.
Ho sempre considerato la geografia come l’aspetto che principalmente va a definire una persona. Sono fortemente convinta che i rumori di un luogo influenzino le lingue che qui si parlano e che i paesaggi che fanno da sfondo alla sua vita quotidiana ne influenzano lo sviluppo valoriale ed emotivo degli abitanti. Avere la fortuna di ampliare la propria geografia di vita significa per me avere l’opportunità di accedere a nuove parti di sé, ancora sconosciute, ancora da sviluppare, ancora germoglio.
Lo status di studentessa che sentivo caratterizzante alcuni anni fa, ormai non è più formalmente mio, ma la scelta da studentessa di cercare, ricercare, conoscere, è rimasta invariata.
Come donna allegramente impaurita, come europea in cerca di orizzonti fuori dal continente, come studentessa che studentessa non è più ma che vuole in qualche modo non perderne lo sguardo, mi preparo a prendere un volo che mi porterà fra pochi giorni dall’altra parte del globo, a Managua.
Con le stesse tre parole, in movimento.
Alessia M
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