2 settembre, Samtskhe-Javakheti, Sakartvelo
Giusto per precisare: questa terra si chiama Georgia solo per una buona parte del pianeta e non per i Kartvelebi, i georgiani. Kartlos, considerato il padre di tutti i georgiani, è colui che ha suggerito il nome a questo paese. Lascio agli storici, antropologi, glottologi e agli smanettoni del web scoprire perché alcuni la chiamano Georgia, altri Gürcistan, altri ancora Gruzija.
Ma torniamo a Kaka. Oggi abbiamo viaggiato parecchio e per fortuna il mio campo visivo non era in grado di capire se il muro del suono fosse un obiettivo raggiungibile dal motore del fuoristrada, sicuramente truccato. Ma Kaka, che oggi abbiamo scoperto essere diventato felicemente nonno da pochi giorni (a 40 anni), ha pensato bene di portare a casa qualche trota fresca alla propria famigliola. E così, di punto in bianco, ha deciso di attraversare un fiume per raggiungere il simpatico venditore di pesci (vivi, ovviamente). Solo che c’era un ponte da attraversare. A piedi. E invece lui no. Lui, che è una cosa sola con il suo potente mezzo, lasciando atterrito l’equipaggio, ha chiuso gli specchietti e si è avventurato. Per la cronaca, al ritorno, abbiamo usato le nostre gambe.
La strada che porta nella regione di Samtskhe-Javakheti attraversa Gori, città pesantemente bombardata lo scorso anno e così, tra un sorpasso e l’altro, iniziamo a vedere gli insediamenti degli sfollati (che sarebbe meglio chiamare profughi). Domani dedicheremo tutta la giornata a visitare i progetti di Caritas Georgia che li riguardano, ma una foto ve la regalo in anticipo. Non servono commenti.
Finalmente arriviamo ad Arali, villaggio di 800 famiglie (qui gli abitanti non si contano), tipicamente post-sovietico. La miniera di carbone, le industrie, i caseifici, tutte le attività produttive sono fallite il giorno dopo l’indipendenza dall’URSS (Natale 1991) e così la gente sopravvive con i frutti della terra. Cavoli, patate e un po’ d’uva (che qui non manca!) servono per riempire la pancia e per guadagnare pochi lari dopo un estenuante viaggio verso la capitale. L’assistenza sanitaria è un optional per pochi: visita, farmaci, esami sono sempre a pagamento e 30 € di pensione al mese sono davvero una miseria. Il medico di Caritas Georgia si arrangia come può, ma tutti hanno una propria cartella clinica e ogni giovedì la sala d’attesa è colma.
Padre Misha, prete georgiano (rarità) da neanche 1 anno ci crede. E con l’aiuto della Provvidenza di manzoniana memoria desidera intensamente offrire ai giovani un’opportunità di incontro, di sperimentazione delle proprie capacità: laboratori informatici, tessili, lezioni di matematica, giochi. Vorrebbero essere il giusto arredo di una casa recentemente rilevata (e abitata fino a qualche settimana fa) e pensata per i 60 ragazzi tra i 16 e 25 anni e gli oltre 100 bambini minori di 16 anni che popolano Arali. Cercheremo di fare la nostra parte. Loro sono a credito da un pezzo.
Sergio
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