giovedì 16 novembre 2017

Kenya: riscoprirsi fragili e felici

Foto scattata dopo il primo incontro conoscitivo coi ragazzi della Cafasso House.

Diciamo che ancora non ho capito se son già arrivato o se ancora sto arrivando. Non credo il mio cervello sia in grado di elaborare efficacemente tutte queste informazioni, avrò bisogno di tempo per organizzare mentalmente tutti questi stimoli. Diciamo anche che mi sento indiscutibilmente felice. Ma penso che la felicità sia un po’ come la rabbia: raramente capisci subito cosa la stia provocando. Quindi prendo tempo anche per questo, godendomi la sensazione ed aspettando periodi più quieti per tirare qualche somma. Il progetto e gli impegni mi tengono completamente impegnato, corpo e mente, dalla sveglia sino a quando arrivo a sdraiarmi stanco sul letto. E stanco davvero: non dormivo così da anni. 

Ma prima di chiudere gli occhi, il pensiero va sempre inevitabilmente a Legnano. Non so se in futuro questa cosa cambierà, non so nemmeno se voglio che cambi, per ora è un dato di fatto e in quanto tale occorre conviverci assieme. Oggi abbiamo visitato per la prima volta la casa dove io e Alice vivremo per un anno. Kahawa West mi piace, è decisamente più tranquilla di Nairobi, e siamo alloggiati a circa 25 minuti a piedi dal posto in cui lavoreremo. Sul muro della sala da pranzo campeggiava una frase, che poi ho scoperto essere di John Steinbeck: “Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”. Sì, lì per lì mi ha colpito molto, anche tornando a Nairobi ho continuato a pensarci. Ma qui sul letto, mentre rifletto e scrivo, mi accorgo che sono proprio le persone a fare le persone. 

Quello che mi manca, mancherà, o smetterà di mancare di Legnano sono veramente tante persone. E più ci penso e più mi spavento. Il Giacomo che è partito 2 giorni fa non tornerà mai indietro così come è partito, questo lo sappiamo tutti e la ritengo una cosa soltanto positiva. Realizzo soltanto da così lontano il mio essere somma di esperienze. E quando mi accorgo di essere lontano da tutte quelle persone che mi hanno reso, nel bene o nel male, quello che sono, accuso momenti di fragilità. Una fragilità che però stimola, rendendomi proattivo e ricettivo. Una fragilità di cui non ci si può vergognare. Una fragilità che riesce a renderti felice. L’ho detto: non dormivo così da anni. Ma nemmeno mi ci svegliavo.

a presto,

Giacomo Centonze

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