Racconti di permessi di soggiorno
Negli ultimi
giorni mi è capitato spesso di dover raccontare, il più delle volte con piacere
altre con fatica, l’esperienza in Moldova di questi primi mesi.
L’episodio più ricorrente,
l’anedotto che ha scalato la top ten è stato sicuramente quello riguardante la
lunga trafila per il permesso di soggiorno. Non si è trattato certo della mia
prima richiesta di permesso di soggiorno. Solo al compimento dei 18 anni infatti, dopo essere
nata in Italia sono riuscita ad ottenere la cittadinanza, con tanto di festeggiamenti
e squilli di tromba. Pur non essendo la prima volta l'episodio mi ha dato davvero da pensare. Negli ultimi
due anni e mezzo di lavoro accanto a persone richiedenti asilo il tema del permesso
di soggiorno è stato al centro di tutto, perché puoi organizzare l’orto
sinergico più rigoglioso del mondo, il laboratorio di falegnameria creativa e
pure il corso di alfabetizzazione più interattivo e all’avanguardia ma se ti
rinnegano la richiesta, poche sono le vie di uscita.
Ma andiamo con
ordine:
Dopo qualche
settimana di soggiorno io e la mia collega di servizio civile siamo state
sollecitate dall’associazione Moldava “ Misiunea Sociala Diaconia” in cui
prestiamo servizio a presentare domanda per il permesso di soggiorno.
Oltre a tutta una
serie di documenti, la stipulazione di una polizza assicurativa, il notaio, il
casellario giudiziario vidimato, il gruppo sanguigno…
La cosa che più mi ha
stupita è stato il numero di visite mediche a cui ci siamo dovute sottoporre.
Nell’ ordine rx torace, marcatori e test Hiv, visita dal geriartra e visita
ginecologica.
Capite bene il
disagio di sottoporsi a tutti questi accertamenti senza capire bene la lingua,
perché sì il rumeno è facile se poi hai pure fatto latino al liceo è una
passeggiata, dicevano. Ma quando ti trovi a dover spiegare ad un medico incredulo
perchè nella tua vita tu non abbia mai fatto una radiografia al torace o a far
fronte allo sguardo incuriosito della dottoressa che mai nella sua vita ha
visitato una persona di colore, allora la storia cambia.
Seduta sul
lettino del medico in deshabillè al
piano terra di un ambulatorio di un ospedale di
Chisinau, con le tende aperte e le teste dei passanti così vicine da
poterne scorgere i volti e le espressioni mi sono ricordata…
Giardino interno ospedale di Chisinau |
Mi sono ricordata
la sensazione prima delle file in Questura per il rinnovo del permesso di
soggiorno in Italia, poi di tutte quelle volte che ho accompagnato i ragazzi del centro di accoglienza
in cui lavoravo a fare le vaccinazioni, rx, mantoux, esami del sangue e visite
mediche. Chiaro nei centri più virtuosi c’è
il mediatore che spiega prima, l’attenzione e il sorriso dell’operatore, ma la
sensazione di spaesamento data dal non
capire che cosa stiano realmente dicendo le persone accanto a te mentre tu
sei nudo è pesante.
È ancora più
pesante perché ad essere nudo sei solo tu, toccato, controllato e scrutato
perché diciamocelo quello che interessa è scoprire se sei o non sei un untore.
Reggersi in piedi, spogliati, nudi per essere riconosciuti e poi accettati è
un qualcosa che fatico a digerire. Si
potrebbe discutere sul fatto che ci siano interessi più alti, il bene comune,
discutere sul fatto che non sia la procedura ad essere sbagliata ma il metodo e
la freddezza con cui viene applicata.. Ma quando sei là nudo mentre l’altro è
vestito la prospettiva cambia.
Il senso di
miseria che ti si attacca addosso in queste situazioni quando devi rimbalzare
da un ufficio all’altro, da un timbro ad un altro timbro che è uguale a quello
di prima ma è necessario per avere il timbro successivo, da un ambulatorio all’altro
è un po’ come lo sporco sotto il tappeto. Appena prendi il documento butti
tutto lo schifo sotto il tappeto ma poi al primo rinnovo, all’ulteriore
richiesta di accertamenti tutto torna in superficie. Lo sporco riemerge perché
non importa quanto tu abbia studiato ti sia impegnato, abbia imparato la
consecutio temporum meglio di qualsiasi altro funzionario che ti siede davanti,
la tua è sempre una richiesta e per
ottenerla è bene che inizi a spogliarti mentre io ti guardo.
In un paese in
cui un fetta impressionante di popolazione emigra all’estero, e vanta il
primato più alto tra i paesi europei in materia di emigrazione questo tema
ricorre e scandisce le vite di ciascuna delle persone che ho incontrato. Questa nudità, quest’esame
continuo lo vive più di un quarto della popolazione moldava costretta
alla dispora.
In Repubblica di
Moldova tutti hanno un parente stretto che vive in un altro stato e che
sostiene la famiglia in patria. Legami famigliari
costretti a diventare elastici, a deformarsi e a tendersi da una frontiera all’altra.
Ed eccoci, tutto
sembra tornare come un circolo vizioso dalla mia storia personale a quella
lavorativa da una emigrazione ad un’altra, da un permesso di soggiorno all’altro,
un fil rouge che mi accompagna.
Faustina Yeboah
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