Come si può
raccontare un’esperienza di un mese in poche righe? Come tradurre per iscritto
emozioni, sensazioni, odori e gusti provati in questo mese?
“Ma vai ad
Haiti quest’estate? Ma sei sicura? Guarda che è pericoloso!”. Ma io queste
frasi le ho ignorate, non ci ho dato peso, quasi non le ho neanche ascoltate.
Sono partita
per Haiti senza troppi pensieri, senza pregiudizi e senza aspettative per
lasciarmi stupire ed emozionare da tutto ciò che mi sarebbe successo.
Ed ecco cosa
è successo.
Si, Haiti è davvero uno dei paesi più poveri al mondo.
È un paese con tasso di disoccupazione e di analfabetismo elevati, con 768 km di strada asfaltata (su 4266 km). È il paese dove gli scarichi fognari sono a cielo aperto, i bambini corrono scalzi, dove la giornata è scandita dalla luce del sole perché la corrente, dove c’è, viene fornita solo poche ore al giorno e quando viene buio tutto si ferma perché di notte ci sono i lupi mannari; dove l’acqua potabile non è un bene disponibile così facilmente, dove i bambini camminano ore per recuperare un barile di acqua sotto il sole caraibico.
È un paese dove l’immondizia si brucia e l’odore in capitale è soffocante, dove le case (si possono chiamare case?) sono in cemento (tutte in cemento), una vicina all’altra e i vicoletti dei labirinti stretti stretti.
È un paese
dove se sei straniero sei al centro dell’attenzione, dove per la strada ti
urlano “blan, blan” con toni a volte aggressivi e a volte per te, i prezzi al
mercato si alzano esageratamente, dove sei considerato “quello ricco”, dove
bambini e ragazzi quando vedono che hai un paio di occhiali da sole, uno zaino,
un bel cellulare ti dicono “Bamwen” (dammi!!) o ragazzi ti chiedono di pagargli
le spese dell’università.
No! Haiti
non è solo questo!Anzi..
Haiti
è terra con paesaggi mozzafiato (dalle montagne alle colline, passando per gli
altipiani e per il mare), con il mare azzurro caraibico e distese verdeggianti,
albe e tramonti da cartolina, cieli e stellate che ti fanno sentire minuscolo.
È il paese
dei frutti tropicali mai sentiti che mangi a qualunque ora, delle bibite
zuccherate a tutti i gusti e della Mamba spalmata sul panino alla mattina. È il
paese delle bananpesee e delle scatole di riso e pesce mangiate in spiaggia.
È
il paese degli acquazzoni caraibici che ricorderai per tutta la vita: dei salti
nel fango, delle risate e dei canti abbracciati sotto la pioggia.
È il paese dove
quando piove i bambini, i ragazzi, gli adulti cominciano a danzare sotto la
pioggia ringraziando il cielo.
È il paese
della danza. Ballano a qualunque età, bambini e ragazzi, ma anche anziane
signore nei villaggi. Ciascuno balla a modo suo, ha il suo movimento ma balla.
Ballano perché la danza è vita e loro hanno voglia di vivere.
È il paese
delle presenze. Suor Luisa, suor Gabriella e suor Marie Stel, don Levi, don
Ervè e don Claudio, Maddalena, padre Elder, Chiara, la comunità Papa Giovanni XXIII, i volontari.
Ci sono. Semplicemente stanno tra la gente.
È il paese
dove non serve l’orologio, dove non puoi stabilire l’orario di ritrovo perché
tanto prima succederanno altri imprevisti. Dove non c’è fretta né frenesia.
Kay Chal sono
Vaillant, Jameson, Stanley, Kenchy, Jacklin, Tito, Doumy, Mazlen, Jovenel,
Julien, Boy – Guy e metFalou.
KayChal è
casa per tutti i bambini del quartiere a CitéJeremie. È casa perché ci puoi
trovare amicie trascorrere qualche ora giocando o imparando; è una macchia di
colore tra il grigiore della capitale.
Kay Chal
è amicizia nata nel giro di poche ore, amicizia che non ha bisogno della lingua
per farsi capire, perché a volte bastano uno sguardo o dei gesti. Kay Chal sono
animatori a cui dai un dito e si prendono tutto (anche le tue ciabatte), ti
travolgono con la loro forza e le loro storie. Sono amici che una volta che hai
conosciuto sembra conoscessi da una vita.
Kay Chal è
voglia di mettersi in gioco, animatori che prendono in mano il microfono e
diventano uno spettacolo da guardare, che non hanno nulla e a volte magari non
mangiano per giorni, ma tirano fuori un’energia contagiosa. Animatori che
costruiscono aquiloni spettacolari con legnetti e sacchetti di plastica e
braccialetti a volontà e animatori che riescono a farti commuovere e ridere
allo stesso tempo.
Ragazzi che
non vedono l’ora di farti da guida per la Citè e ti portarti a casa loro e
farti vedere dove abitano.KayChal sono ragazzi che ti riempiono il telefono di
selfie brutti ma intrisi di una storia bella e vissuta.
Kay Chal sono
ragazzi che ti dicono “tanto vi dimenticherete di Haiti” e che giustamente si
arrabbiano con la vita e poi tornano a viverla.
Si Haiti è
tutto questo e forse tante altre cose.
A voi, amici
e animatori di KayChal posso dire questo: no, non ci dimenticheremo di Haiti,
non è possibile dimenticarsi di voi, di ciascuno di voi, dei vostri sorrisi e
delle vostre risate contagiose, dei vostri balli, delle vostre frasi
(amwaiiiii, aaaanywayyyy, tissimooooo, ghenbagay, andiamo a mangiare qualcosina),
delle vostre storie e della vostra energia.
Grazie a voi
ho conosciuto Haiti, grazie a voi casa mia non è più solo in Italia e grazie a
voi un pezzo del mio cuore rimarrà sempre ad Haiti.
Haiti
tololo!!
Nessun commento:
Posta un commento