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sabato 3 settembre 2016

Moldova: al di là di qualsiasi confine

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Il mondo dell'uomo è pieno di confini. Lo abbiamo costruito noi così. Abbiamo voluto noi i confini che separassero gli stati. E così sono cominciate le guerre per ingrandire i propri confini, per allargarsi e diventare più potenti.
Il confine delimita, circonda il mio spazio e lo separa dal tuo. Se invadi il mio spazio, mi sento schiacciare, mi sento oltraggiato.

Eppure non è sempre così. Posso anche lasciarmi invadere, senza arrendermi, senza spaventarmi, semplicemente aprendo i miei confini per Accogliere l'altro.
La Moldova è stato un po' questo lasciarmi invadere da quanto vivevo, da quanto vedevo, da quanto respiravo, da quanto assaporavo, andando oltre qualsiasi confine. Sconfinando, appunto (per usare un termine che sia in tema).
Già, perché la Moldova mi ha aiutato a “Sconfinare”, prima di tutto, i miei confini mentali. Ho dovuto mettermi in gioco con tutta me stessa, tentando di andare oltre le mie “paturnie” ed è così che mi sono riscoperta. Io, l'eterna indecisa che prima di fare qualsiasi passo nella vita, passa ore, giorni a domandarsi: “Farò bene? É la scelta giusta? Ma se faccio il contrario? Beh, potrei fare anche così, in effetti...”, ho lasciato che la Moldova mi prendesse alla sprovvista.
Come si può rifiutare il frutto appena raccolto dall'albero che i bambini ti offrono con le loro manine sporche di terra e un gigante sorriso sdentato?
Ho imparato a non farmi troppe domande, ad accettare il dono e a mangiare il frutto insieme, grata a loro per essersi messi in punta di piedi e aver colto quel frutto per me. Non importavano più le raccomandazioni da parte di tutti prima di partire “Stai attenta all'acqua, alla frutta, ecc...”, quello che contava era il gesto che qualcuno aveva fatto per me. E quello che ne è derivato è stata profonda Gratitudine.

La Moldova è stata infatti, prima di tutto, Condivisione. O forse sarebbe meglio dire, Mettere in Comunione ciò che si aveva e quello che si era con l'altro, chiunque esso fosse. Dalla banale crema contro insetti e macchie strane che potevano comparire sulla nostra pelle alle preoccupazioni reciproche e alle emozioni che, giorno per giorno, ci siamo trovati a vivere.
In Moldova ognuno ha rinunciato al suo spazio ma senza troppi sforzi o rimpianti. Nessuno ha costruito muri o barriere per delimitare il proprio materasso nell'aula della scuola sovietica che ci ospitava. Eravamo una grande famiglia di venti persone, italiane e moldave, che tutti i giorni viveva la propria quotidianità fatta di lavoro, giochi, pasti, docce, pulizia. Ed è stata proprio in questa quotidianità, vissuta giorno per giorno, che è racchiusa la “magia moldava.”
La lingua non è mai stata un problema, c'erano i gesti.
Il cibo non è mai stato un problema, si univa la tradizione moldava a quella italiana, ci si veniva incontro, ognuno metteva in comunione con l'altro quanto sapeva e quanto poteva ed era così che ci si impegnava per preparare i pasti per tutti.
Le differenze c'erano ma stava a noi decidere se farle diventare un problema oppure andare oltre, Sconfinare, appunto. Abbiamo sempre optato per la seconda possibilità. Dopotutto siamo sempre noi a scegliere come vedere le cose.

Inoltre, prima di partire c'erano arrivate voci che i volontari moldavi sarebbero stati un po' “tamarri”, come la musica che ascoltano. Io mi immaginavo già impegnata a costruire dei tappi per evitare di tornare sorda. Invece, come è finita? É finita che siamo atterrate lunedì sera in Italia e la prima cosa che ho fatto martedì mattina è stata scaricare quelle canzoni moldave che hanno fatto da colonna sonora al nostro cantiere, facendoci emozionare, facendoci ballare fino allo sfinimento e unendoci sempre di più. Anche questo è stato un modo per Sconfinare: andare oltre qualsiasi aspettativa e pregiudizio, lasciandoci coinvolgere dai balli e dall'energia dei volontari moldavi.

La Moldova è stata Concretezza. La Concretezza del contatto fisico con i bambini e le ragazze disabili dell'internat: centinaia di ragazze e donne che ricercavano, costantemente, un abbraccio, una carezza, una semplice contatto, quasi a verificare se fossimo davvero lì con loro, e noi eravamo lì, forse un po' impreparate ma disposte ad Accoglierle e a Donare quanto potevamo, secondo le nostre capacità e i nostri limiti; la Concretezza dei calli sulle mani dopo aver vangato un pomeriggio intero il pezzetto di giardino dell'anziana signora; la Concretezza dell'umiltà della casa della signora alla quale abbiamo portato il pranzo; la Concretezza della terra polverosa e sassosa sulla quale abbiamo strisciato decine e decine di volte per giocare a “Sarpele”, senza tirarci indietro; la Concretezza del pane delizioso che, affamati, noi volontari strappavamo con le mani, dopo una lunga giornata; la concretezza del fuoco attorno al quale abbiamo cantato e ballato le danze moldave gli ultimi giorni ad Ucrainca…

Una delle cose più concrete che custodisco gelosamente nella “scatola dei ricordi moldavi” è il piccolo martello giocattolo che il piccolo M. mi ha regalato l'ultimo giorno, prima di salutarci. La mattina, appena M. arrivava con i sui “fratellini” dell'internat, mi cercava con lo sguardo e mi correva incontro. L'ultimo giorno ha fatto lo stesso e poi ha tirato fuori dalla tasca il piccolo martelletto grigio. Come ogni giorno, in rumeno, mi ha raccontato qualcosa che io non sono riuscita a capire ma lui era abituato, ormai i nostri discorsi erano sempre così, io lo ascoltavo e poi sorridevo. A lui andava bene anche così. Poi mi ha donato il piccolo martello, più prezioso di un diamante. Ancora una volta sono stata presa alla sprovvista, senza difese, senza confini mi sono trovata ad Accogliere.

La Moldova è stata anche Stupore.
 
Mi sono stupita del suo cielo stellato.
Mi sono stupita della Semplicità con cui si può vivere ancora nel 2016.
Mi sono stupita davanti a due parole sussurrate nell'orecchio da una bambina inferma, imprigionata in un corpo che la condanna alla sedia a rotelle.
Mi sono stupita dei piccoli gesti di attenzione e cura tra tutti noi volontari. Era importante che stessimo bene e per questo avevamo sempre a cuore la salute dell'altro.
Mi sono stupita dell'Accoglienza dei parinte e delle loro famiglie che ci sono sempre stati vicini, cercando di farci sentire a casa.
Soprattutto, però, mi sono stupita delle Relazioni che si sono create. Mi sono davvero resa conto che se c'è una cosa per la quale vale la pena spendersi, nella vita, sono proprio le Relazioni. Vale la pena non risparmiarsi, non farsi fermare dalla paura o dall'idea che “tanto tra una settimana devo già salutare tutti”. Non importa la quantità di tempo, ma la sua qualità e questo la Moldova me lo ha fatto toccare con mano, e con il cuore, soprattutto.
É stato il piccolo M., il bambino dalle ciabattine blu e i piedini impolverati ma dal viso dolce e vispo, ad insegnarmi che quando si AMA non esistono confini.
Grazie a lui, a tutti i bambini e a tutti i volontari che abbiamo incontrato, ho scoperto il senso dello “Sconfinare”. O almeno, il senso che, ora, questa parola ha per me.

Martina


sabato 27 agosto 2016

Moldova: şi vreau să fii acolo unde…

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Le belle parole, i post strutturati e costruttivi, quelli da commozione, li lascio ad altre persone del mio gruppo…sono certa che farete (e avete in parte già fatto) un ottimo lavoro…io non credo di riuscire a dare un filo logico a tutto quello che mi frulla per la testa.

Quando ti trovi a partire per la Moldova, il più delle volte (nel nostro gruppo 8/8) non sai cosa aspettarti. Di altri parti del mondo bene o male senti parlare, hai immagini, di questo paese invece no, il nulla. E al di là di tutto quello che ti possano dire, raccontare, far vedere, c’è una cosa che mai avrei pensato possibile: tornare con il “mal di Moldova”.
Perché sì, io sono tornata, ma da un certo punto di vista sono tornata solo fisicamente. La Moldova mi ha rapita. Mi ha sciolta, liberata, alleggerita, arricchita.

Cos’è per me la Moldova?
Moldova è risate, condivisione, fatica, lividi, pazienza, scritte sulle braccia, sulle magliette, face paiting sui volti dei bambini che non aspettano neanche un secondo per abbracciarti e quindi ti stampano tutto sulla maglietta. Moldova è contatto fisico.
Moldova è polvere, biscotti, Lada che ancora girano per strada, azzurro ovunque, anche nei cimiteri. Moldova è bolle di sapone, angurie e meloni. Moldova sono mani che non hanno paura di stringersi nei momenti di difficoltà, è camminare sempre con qualcuno al tuo fianco, mai da soli. Moldova è șarpele e “Valeriu mannaggia vedi di fermarti qui che non voglio rimanere alla fine”. E’ bans fatti ovunque e a qualsiasi ora, è “Hop, eroina, Hop, hop, eroina, Hop, eroina mea”, è canzoni in rumeno cantate senza capire bene il senso, giusto per stare in gruppo perché come ha detto qualcuna “loro sono saltino, ballettino e poi forse vanno avanti a tagliare i pomodori”. Moldova sono cipolle da nascondere perché assecondare i volontari locali vorrebbe dire quasi una cipolla a testa. Moldova sono abbracci, ma abbracci veri, in cui puoi trovare un po’ di tutto, tutto quello che ti serve, senza bisogno di troppe parole. Moldova sono gli sguardi attenti, i “bine?” quando le cose diventano un po’ più pensanti, sono braccia disposte anche a sorreggerti. Moldova sono “Igor sbuccia 60 patate e non una di meno” e poi doverlo rincorrere perché piuttosto che farlo preferisce fare indigestione di miele. Moldova è riunioni in cui i responsabili fanno anche da traduttori, ma che nel farlo si confondono o si dimenticano dei pezzi. E’ fare giri di parole, gesticolare, indicare, mimare pur di parlarsi e capirsi. E’ avere voglia di comunicare nonostante la stanchezza, nonostante le evidenti difficoltà. Moldova è microbus, autisti folli, codice della strada non pervenuto, strade sterrate, addormentarsi appoggiati gli uni agli altri, giri in bici. Moldova è gelato a 6 Lei e “Certo che ci siamo fatte comprare con un gelato…un gelato in tre!”. 

Moldova è basilico regalato dal parinte con tanto di radici. E’ messa ortodossa, con velo e gonna lunga, con segni della croce fatti a tre dita, “al contrario”, ripetuti molte volte. E’ il bacio di tutte le icone, il bacio alla mano del parinte, è mettersi in ginocchio al cenno di una vecchina che ha capito che voi siete italiane. E’ “fata” per dire ragazza. Moldova è ospitalità, sono le placinte fatte in casa, i bicchieri alzati dicendo “Noroc!”, i giri turistici accompagnati dai preti locali. Moldova è sdraiarsi sul pavimento con le gambe sollevate al milionesimo “copii foarte mici”. Moldova è internat, dove da soli non è facile, dove a volte la voce ti viene a mancare, ma è anche dove puoi stare certo che se la tua voce non basta se ne unirà un’altra. E non importa se la lingua è diversa, il bello è proprio questo. Moldova sono bambini per cui anche uno spazzolino sembra un regalo bellissimo, bambini che ti continuano a portare frutti non meglio definiti dal sapore acidulo che però tu mangi, perché capisci quanto affetto ci sia nel loro gesto. Moldova sono i microbi dell’asilo. Sono bambini a cui cerchi di parlare in rumeno e ti rispondono “guarda che parlo italiano” o bambini che ti correggono tutte le desinenze (cercuL, scusE). Moldova è Andrei che ti tocca le gambe e che con il dito ti indica punti sempre più lontani dove andare, punti dove forse lui stesso vorrebbe andare, ma la carrozzina non glielo permette. Moldova è emozione.
Moldova è ballare attorno al fuoco le danze tipiche, pur faticando a seguire i passi e ascoltare le loro canzoni. Moldova è un signore del coro che vi dedica una serenata. E’ vino e pane col sale. E’ spettegolare e “ti dobbiamo parlare”. Moldova è portare il pranzo ad anziani nelle loro case, entrare in punta di piedi, per non disturbare, per rispetto. Moldova è tappeti, ovunque. Moldova è zappare, usare le loro scope da gnomi senza capire perché tengano così tanto ad avere perenne mal di schiena. Moldova è far legna, vedere topi che camminano in verticale e strillare quando se ne trova uno in camera. Moldova è acqua all’uovo (odore di zolfo), dușuri fatte di paglia, ma costruite appositamente per voi, è viaggi in dodici nel retro del pulmino del prete scoprendo di poter sudare in punti che non si pensava neanche di avere. Moldova sono i gavettoni, le pauze de apă, lavare i piatti per ore lanciandosi spugne ed allagando il pavimento della cucina. Moldova è Rovazzi disco d’oro, cantare Tiziano anche se si è stonate in modo indecente, è fare il bucato, non solo il proprio, ed essere corrette nel modo di stendere. E’ rincorrersi per il gusto di farlo, sono i dispetti, è il “Unde Irene?” “Aici” e ritrovarsi in tre chiuse in bagno per il semplice fatto che siamo delle stordite e prendersi gioco di noi è troppo facile! Moldova è essere in troppi su un letto, sentire che si sfonda e ridere fino alle lacrime. E’ dividere un chupa chupa con qualcuno.

Moldova è “Igor gata”, “Igor, dai pace”, “Igor, stai”. Moldova è i “si” di Valeriu detti quando non capisce, le sue canzoni, i suoi “aşa” e il suo essere decisamente “super”, è i morsi di Gabi, e i sorrisi così sinceri di Ciprian; Moldova (purtroppo) sono le nutrie di Tania, i baci del bună dimineața (buongiorno) e il rimboccarmi le coperte di Ionela, la gioia di vivere contagiosa di Ina. Moldova è la follia e le facce cattive di Valeria, gli “hip” di Olesea, i “Dorina, Dorina, Dorina…zzzzzzz” e i “puțin” della povera Dorina, gli “atenție accelerarea” di Aurica. Moldova sono gli “hello my firends” di Cristi. Moldova sono i silenzi e i “nu” di Dragos.

Moldova è partire e voler tornare, voler imparare il rumeno, avere Facebook invaso da scritte in rumeno o in russo, annunci che ti propongono offerte per Chișinău. E’ avere da giorni le pagine di google translate aperte, e poco conta se le traduzioni fanno schifo, l’importante è il gesto, l’importante è quel che resta.

Moldova è questo, tornare e pensare già alla prossima occasione per rivedere le persone con cui hai condiviso tanto.


Pensavate di averla scampata? Illuse (e tu Francesco più illuso di tutte loro!)

Moldova siete anche voi: Annina con le tue espressioni buffe; Chiara con le tue perle di saggezza su ogni cosa e il tuo guardarmi malissimo appena sveglia; Silvia Brambi con le infinite ore passate a parlare un po’ di tutto; Silvietta. con il tuo sorriso contagioso ed entusiasta per qualsiasi cosa; Silvia con il tuo essere disagiata (come me) e il dannato wi-fi; Ire con la tua paura di volare e i troppi (pochi) turni passati insieme; Martina con il tuo antizanzare e la tua incredibile simpatia. Poi ovviamente siete anche voi, miei cari responsabili, Anna con il tuo coraggio di scegliere e il tuo essere sempre pronta ad ascoltarmi e Francesco con il tuo “tu sarai anche ingegnere, ma non puoi nulla contro le bustine dell’Ikea” e la santa pazienza che hai portato nel vederti la casa invasa da tutte noi. Noi ci rivediamo tutti in Italia.

Come sarà ovvio, non ho il dono della sintesi...scusE


Giulia (Julia)