sabato 3 maggio 2014

Bolivia: Cobija terra di frontiera


Per pasqua abbiamo deciso di andare a trovare Eugenio Coter, ora vescovo di Pando e precedentemente ex-direttore di Caritas Cochabamba. L’avevamo conosciuto in occasione della conferenza episcopale boliviana che si era tenuta qui a Cochabamba, così alla prima occasione lo abbiamo raggiunto.

Il pando è la regione più a nord della Bolivia, la più lontana dalla civiltà e la più povera. Confina con Perù e Brasile ed è completamente immersa nella foresta amazzonica, la quale si estende a perdita d’occhio per chilometri e chilometri in un afoso piattume. Ad interromperla ci sono solo gli sconfinati fiumi, come il Madre de Dios e gli immensi pascoli. Un tempo l’economia principale del Pando erano gli alberi da gomma e l’allevamento, ora è ben altro.

Dall’aereo, Cobija quasi non si vede, si scorge solo qualche tetto di lamiera e paglia che sbuca dagli alberi. L’aeroporto quasi non esiste, c’è soltanto una pista da cui gli aerei decollano e atterrano, la struttura è una capannona circolare in cemento e paglia con un gate per chi arriva e un gate per chi parte. A garantire i collegamenti con la città ci sono solo un paio di voli di linea,neanche tutti i giorni e gli aereo taxi, piccoli aerei da turismo. Via terra c’è solo una  grande strada che la collega con il resto del paese, ma questa strada, per metà dell'anno non è percorribile a causa delle forti piogge e per l'altra metà a causa dei bloqueos organizzati dai sindacati.

Per le strade della città, la cui maggioranza è in terra battuta, si muove qualche macchina, ma soprattutto moto e i famosissimi moto taxi. A vederla di giorno sembra una città fantasma, il forte caldo afoso tiene al chiuso e all’ombra la maggior parte della gente, ma non è che alla sera ci sia molto più movimento.

Cobija, capoluogo del Pando, voluta li, nell’angolo più a nord e remoto della Bolivia da un gruppo di famiglie di commercianti, che vedevano negli scambi con il Brasile il futuro per l’economia locale, ma soprattutto il futuro della propria economia. Per questo motivo Cobija ora è porto franco, non si pagano le tasse sulle importazioni di certi prodotti e i controlli alla frontiera sono…beh…diciamo che quasi non ci sono, noi siamo entrati e usciti dal Brasile senza che nessuno neanche ci guardasse.

Cobija è semi-isolata dal mondo, e la posizione che doveva garantirle floridi commerci ora la rende buona per un solo tipo di commercio. Da li infatti passa la ruta nacional 18, che diventa la ruta nacional 13, e che va dal confine con il Perù al confine con il Brasile, passando appunto da Cobija, dove non fanno controlli…una vera pacchia per i narcos… Parlando con gli abitanti, se si ha pazienza e se si è bravi nell’ascoltare, non è assolutamente raro sentire racconti di vecchi compagni di scuola che sono scomparsi o che vivono consumati dalla droga.

Gli abitanti del Pando sono diversi da quelli di Cochabamba. Le differenze sono molto marcate. Si parte dal fatto che non si sopportano vicendevolmente, i pandini chiamano i cochalos collas e i cochabambini chiamano i pandini cambas. Entrambe le definizioni si riferiscono alla differente provenienza territoriale e culturale e non hanno propriamente il tono di un complimento. Si prosegue con le differenze fisiche, i tratti del viso sono diversissimi a causa della mescolanza con i brasiliani. Sempre per lo stesso motivo aumenta la taglia, la gente è più alta e più slanciata. Infine le differenze culturali. Nel pando,a primo impatto,sembrano più aperti rispetto alle zone andine, fanno molta più caciara e ti danno l’impressione di accoglierti più favorevolmente. Parlano, hanno bisogno di parlare, ma non è facile che ti dicano la verità, non è facile che ti dicano quello che sentono veramente, e non è facile che ti parlino dei problemi della loro terra; gli viene molto più facile dirti che il Pando è più bello della zona andina, quanto loro siano più simpatici e di come tutto stia cambiando in fretta in questi anni. Però basta fare un po’ di attenzione per accorgersi di quello che non va. I silenzi o le cose non dette non sono frutto di mancanza di consapevolezza, ma bensì di una quasi rassegnazione, di non voler pensare sempre ai problemi, di pensare anche ad altro. Senza contare l’ancestrale diffidenza verso i gringos,che per troppi anni sono venuti nella loro terra per imbrogliarli o per portargliela via.
Le cose le si vengono a sapere soprattutto da chi lavora a stretto contatto con la gente e gode di una maggior consapevolezza, come i parroci, i preti, i religiosi ma non solo, c’è anche qualche difensore del pueblo,qualche volontario ( anche boliviani). Così ti raccontano che si trovano carceri dove il 60% degli ospiti è dentro per narcotraffico, il 30% per violenza su donne o minori, il 10% per reati comuni e dove si può incontrare una donna che si è presa la minima per aver rubato un cellulare e che probabilmente uscirà dopo a qualche narcos o qualche ricco amico di qualche politico, che chiaramente hanno i soldi per accorciarsi la pena… oppure, ti raccontano di come lo scandalo del momento sia stato trovare nella migliore scuola della città ragazzini dediti allo spaccio e al consumo di droga.

La condizione generale è di marcata povertà, le case sono di legno, che in quella zona abbonda, con i tetti in paglia o in lamiera. La stragrande maggioranza è sprovvista di acqua e servizi igienici, i vetri alle finestre non sono necessari a causa del clima, ma molte ventanas sono sprovviste di zanzariere, esponendo chi ci abita alle punture dei vari insetti, alcuni dei quali portatori della dengue.
La vista delle case, a volte delle vere e proprie ville, di chi ha soldi, perché narcotrafficante o governativo, spingono molti a migrare, a cercare fortuna da altre parti. Ma uscire dal Pando non è possibile per tutti. Il passaggio aereo è molto caro e addirittura anche le quattro ruote, per alcuni, sono proibitive. Inoltre non tutti se la sentono di abbandonare il luogo dove sono nati, dove sono cresciuti e dove nel bene o nel male sanno di godere dell’appoggio di una famiglia o di amici, o se non hanno né amici né famiglia, almeno sanno di conoscere l'ambiente, per andare verso un futuro incerto. Così in tanti rimangono e finiscono delle trame del narcotraffico, anche da giovanissimi, o si guadagnano da vivere con piccoli espedienti, come il mercado negro, o i niños che popolano il piccolo aeroporto, che con aria irreverente e con tono di sfida, per qualche bolivianos si offrono di portare bagagli pesantissimi fino al taxi.

La disgregazione della famiglia e della società, il narcotraffico e la violenza affliggono il Pando, come tutta la Bolivia, chi lo sa cogliere, per chi sa osservare con pazienza, perfino in questa terra di pescatori e di gente legata alla terra, si può trovare un messaggio di speranza. Lo si trova in tutti gli operatori di pace che dedicano la loro vita al prossimo, come padre Eugenio, come i tanti religiosi e volontari, sia stranieri che boliviani o in tutte le persone comuni che sono disposte ad aiutarti come possono, indicandoti la strada, spiegandoti come funzionano i mezzi locali o semplicemente rivolgendoti la parola con un sorriso e facendoti sentire un po' meno straniero.







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