venerdì 30 maggio 2014

Nicaragua: Il rientro



Mi sveglio ed a stento riconosco la stanza in cui mi trovo.
Poi, quando gli occhi si abituano all'oscurità, riconosco le pareti di camera mia.
Camera mia in Italia.
Ora ricordo: non sono più in Nicaragua.
Scendo in cucina per fare colazione. Apro il frigorifero e mi stupisco nel trovarci tre varietà diverse di succhi di frutta, acqua naturale e frizzante, latte. Poi c'è il caffè, la torta, le fette biscottate.
Il ricordo delle colazioni Nica con riso e fagioli è così recente che tutta questa possibilità di scelta mi colpisce.
Mi butto in doccia, apro l'acqua e mi ustiono: chi si ricordava dell'acqua calda?
Esco, mi asciugo. Apro l'armadio cercando quelle ciabatte che mi hanno portato ovunque e mi imbatto in venti paia di scarpe che nemmeno ricordavo di avere.
A pranzo mio papà apre una bottiglia di vino rosso prima, di bianco poi. Dopo il caffè posso scegliere tra Braulio, grappa, rum, crema di whisky.
Esco con gli amici e non mi ricordavo servissero 4 post su Facebook, 3 gruppi whatsapp e 2 instagrammate per organizzare una birra al bar.



Ora, non voglio fare l'apologia dell'uomo delle caverne e nemmeno una critica dei consumi. Voglio però dirvi che a Managua ho vissuto con una possibilità di scelta inferiore e non ne ho sofferto.
Ho vissuto una vita più semplice e mi è piaciuto.
Ho capito che ora, seduto comodamente in casa mia, con un cellulare fin troppo figo con la lavatrice che lava davvero, con macchina e moto a disposizione 24/24, ho sicuramente molta più possibilità di scelta.
Ma per uno strano gioco del destino avere troppa possibilità di scelta, al posto di liberare, imprigiona.
Non saprei dirvi fin dove è utile e dove incomincia il "troppo".
Vale il buonsenso, vale provare.


Ps: ovviamente le foto non c'entrano niente. Volevo solo mostrarvi la Stefy 40 secondi prima di cadere da cavallo.

Lele

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