PREMESSA
Noi partiamo da
qui..
Io parto da un’ agenda piena di impegni e da una vita frenetica.
Ho bisogno di lasciare qui tutte quelle scadenze e quei tempi che ora
caratterizzano la mia vita, scandendola quasi in maniera ritmica. Penso sia il
momento di stravolgere e colorare questo ritmo che è mio e che mi piace, ma
talvolta mi rende un po’ costretto. Vedo questo viaggio come un tempo in cui
non c’è tempo, non ci sono date, non ci sono orari, ma solo un continuo e
costante fluire di quella che è la vita, di quello che è il giorno e la notte
di un posto nel mondo che non è il mio, ma in cui desidero immergermi alla
ricerca di un nuovo tempo e di un nuovo respiro.
Io parto con una valigia che rappresenta tutto me stesso. Io con
tutti i miei dubbi e le mie certezze, io con il mio lavoro e i miei svaghi, io
con il mio sorriso e il mio desiderio di ricercare delle risposte, io con i
miei limiti e le mie aspettative. Partire per lasciare qualcosa della mia
valigia all'altro e partire per ricevere: questa è la mia idea del viaggio. Mi
immagino di immergermi in uno scambio autentico tra quella che è la mia piccola
valigia e quello che è il mondo che voglio scoprire. Nel mio lavoro è lo
spazzolino il mezzo che utilizzo per creare un contatto tra me e la nonnina o
il nipote: partire da una cosa semplice, come l’imparare a lavarsi i denti,
fino ad arrivare a scambiarsi anche dei piccoli scenari di vita quotidiana, un
qualcosa che ti viene affidato così, che prendi e porti a casa. Ecco, quello
che vorrei è vedere questo spazzolino come il mio sorriso che arriva in
Nicaragua per incontrare altri sorrisi e altri volti. Volti che dialogano e si
lasciano un qualcosa a vicenda qualcosa che renderà sicuramente la mia valigia
più pesante di come è partita, magari altri dubbi e altre domande, ma che
sicuramente la renderà più colorata e più “viva” di come era partita. Con tutto
il tempo poi, una volta giunto a casa, di risistemare i pezzi, i colori, i
profumi, i pensieri, gli sguardi che vi sono rimasti intrappolati dentro, a
volte senza nemmeno che me ne accorgessi.
Io parto da casa mia. In realtà ne ho due di case: una nella città
in cui studio, casa dei miei amori, di nuove amicizie, della fatica e
responsabilità di tutti i giorni, e la casa dove ho sempre abitato fin da bambina,
quella con la mia famiglia, caratterizzata ogni tanto da qualche litigio, ma
anche da tanta serenità e affetto. Forse il numero di case che si abitano è un
qualcosa che non mi piace quantificare. Quello che penso è che nessuno abbia
una sola e unica casa, ma ne abiti tante. Ne attraversa e vive diverse. Una
rossa, una blu e l’altra gialla. Una casa la vedo un po’ come quel posto di
mondo in grado di farmi sentire viva, di provocare nostalgia quando non c’è e
di farmi anche piangere quando arriva l’ora della partenza. Un po’ quello che
mi è successo a Nairobi lo scorso anno. Quella penso sia la mia terza casa nel
mondo. Per me il vero viaggio è proprio questo: trovare una casa e farla mia.
Io parto da qui con questo immenso desiderio di vivermi un pezzo di Nicaragua
con le sue diversità, i suoi bambini, le sue incongruenze, le sue mille
sfaccettature, i suoi odori e colori. Un posto a abitare e da “sentire”.
Io parto. Se parto. Perché qui, nella vita di tutti i giorni, sono
sempre in ritardo. Prendo lo zaino pieno di sogni, di sassi e di sguardi e
inizio a correre. Corro verso una nuova avventura, un mondo nuovo che mi
stupirà e mi arricchirà. Non penso ci sia un tempo ideale e ottimale per
incontrare nuovi posti e persone, non penso che parlando di viaggio si possa
pensare di essere in ritardo o in anticipo. E proprio per questo mi piace
viaggiare e pensare a nuove partenze. In questo non mi sento in ritardo, è un
qualcosa che viene, così. È sempre il suo tempo.
Pronti? Partiamo da qui.. insieme.
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