2 aprile 2008, Addis Ababa
Un utente del forum della gazzetta, un milanista, digita: “Hanno pienamente ragione i romanisti a sottolineare la presunzione e l'arroganza di questo giocatore, sicuramente numero 1 come giocatore ma non come uomo”. Martedì, serata Champions. L’alieno Cristiano Ronaldo impila una serie di finte, che oltre ad eludere la difesa romanista la offendono (!).
E x’? Avercene di funamboli, invece ke d taglialegna. Io ero contento anke soltanto qdo Cristal, estone mi pare (Frà?), batteva la rimessa laterale con rincorsa e verticale sulla palla, per prendere lo slancio. O i rigori col cukkiaio. Ma anke senza un processo alla Roma, togli la maglia e il cognome a Zidane e a Materazzi e dimmi ki… vabbeh, rimettigliele, quella è un’altra storia. Zinedine, Marco, andate, grazie. Quando eravamo regazzini giocare a pallone era soprattutto questo. Ed era divertente, e quando tela prendevi tu la finta, te la tenevi.
In prima media la reputazione di un alunno salesiano dipendeva da 3 fattori: umorismo, ragazze e pallone. La + grande di tutte era il pallone. Credo lo dica anke una lettera di San Paolo ai napoletani, quella per cui gli hanno intitolato lo stadio. Era così: se sapevi punire con ambo i piedi, non dovevi fare ridere per avere successo e le ragazze potevano aspettare il liceo. Qualcuno era figo solo x’ era un mago colla sfera. La riscrivo: qualcuno era figo x’ era un mago colla sfera.
E poi era il 1° anno ke in qella scuola potevano iscriversi le ragazze. Per intenderci, in una classe d 35 noi ne avevamo 5. E una era mia cugina. Rimanevano quella intelligente, quella rock, quella modaiola e quella buona. Mediamente tutte + sveglie di noi. Quindi non è ke… ma… Beh, anke qsta storia continua, non sul blog d caritas, cari. Tas. Mània.
La + importante di tutte era il pallone. All’intervallo per giocare serviva un tomtom: sullo stesso pavimento in porfido (e x farti capire qto è entrato nelle nos3 vite fai conto ke un mattoncino d quel porfido dorme adesso in camera mia, ad Addis Ababa. Non fate rumore…, soprattutto lei, Mascazzini) sfrecciavano 6 partite simultaneamente. 6 palloni arancioni e 12 squadre, 2 x sezione. Un po’ a tutti cè toccato rinvenire da terra colla faccia d Cristalbol (telo ricordi? Skifezza impiastriccata e tubicino, ci si facevano i palloncini ed il jingle della pubblicità era penetrante… con Cristalbol ci puoi giocare –seconda voce: cristalbòl!- hai tante cose da inventare –seconda v… dov’eravamo?). Ah, per terra, centrati dalla cannonata al volo tirata dal Marcocombi d turno, e poi correre in bagno a rimirarsi allo spekkio la nuova fisionomia ke Don Bosco ci aveva regalato.
Silvestri rideva sempre, era un cuorcontento. Anke quando non sapeva rispondere alle domande dell’Ardizzone. Nk era imbalsamato, Skiavolin creava, LoZio (all’epoca ancora Bochicchio) cercava suggerimenti. Silvestri rideva. La vita sarebbe arrivata, ma non ora, grazie.
Silvestri, quando faceva qualcosa, voleva farla al meglio. Per farvi un’idea: un giorno decise che voleva ca(r)pirne di musica, prese la carta di credito e andò alle messaggeriemusicali, dove comprò tutti i cd d cui aveva sentito parlare. Ci raccontò ke la cassiera, vedendo le colonne sonore d cd ke aveva accatastato sul bancone, credeva skerzasse. Lui rideva. Non skerzava.
Silvestri era quel tipo lì, un ragazzo gioviale e buono. Alle medie, lui era un anno + avanti e, non ricordo x’, ma qdo io ero in prima, lui disertava la sua classe e jocava sempre con noi. Con la sua classe avanzava palla adesa al piede ed arrivò pressappoco al punto in cui quella suora è stata fotografata men3 batteva la punizione sulla copertina del CD Oratorium d Elio e le Storie Tese. L’avete presente, quella con Faso in porta in tuffo precoce? Ecco, quella è la mia scuola. E dove c’era la suora io stavo aspettando Silvestri, nei pressi dell’area, lì.
Silvestri alle medie aveva il pallino dei joketti. Col pallone, ovviamente. Aveva acquisito un controllo di palla formidabile. Lo avrei accostato proprio a Zidane se nel 93 avessi conosciuto Zidane. Rui Costa era qualcosa d +, ma non c’è neanke da scriverlo. Gli riusciva tutto quello ke gli facevi vedere: se lo studiava e poi, oplà, il trucco veniva. Gli invidiavo quella perizia, io ke+kealtro correvo (recuperai così l’anno di differenza con lui).
La + importante d tutte è il pallone. Io li aspettavo in area. Lui, il pallone. Io, lui, il pallone. Io, lui, il pallone. Io, lui. Il pallone? Sparito. Devi avere quella faccia lì quando ti svegli e sei uno scimpanzé e tutti intorno a te parlano georgiano. Silvestri prosegue la sua corsa e io mi guardo intorno, con l’aria del cercatore di ossidiana alla sagra della caldarrosta. Eppure era qua, l’avete vista? Rotonda, rimbalza… Se qsta cosa fosse successa 5 anni + tardi si poteva solo uscire dal campo e levarsi le scarpe. Non ho mai + visto fare un numero così. Non ke allora l’abbia vista, eh. Era un jokino ke provavamo tutti, il + difficile. E quei pokissimi nella scuola ke ci riuscivano avevano nome, cognome e le nike. Ma mai nessuno in un dribbling. Fino a quel giorno.
Lo potevi fare in corsa, solitamente ci provavamo camminando: palla trai 2 piedi, la punta di uno la appoggia sul tacco dell’altro ke la tira su da dietro. E la palla ti passa sopra, scendendoti davanti. Recuperai collo sguardo Silvestri – ke rideva – e vidi ke aveva riaddomesticato la palla teletrasportata. E - dannazione! - sembrava la stessa boccia di prima, con scritto IC in blu grosso. Lui, il pallone. Io… non ricordo il proseguio dell’azione, solo il mio spaesamento: a quei tempi fare gol valeva ovviamente molto ma molto di meno.
Anke Nigist l’altroieri era dalle parti della mia porta, all’ingresso del bungalow ufficio; era venuta a salutarmi, ke andava a casa. M’ha guardato un po’ rammaricata e sorridente m’ha detto: “Non siamo abbastanza aperti per te, Paolo”. Uh. Cercai la palla. Presto, spero, dimentikerò lo scialbo proseguio dell’azione da parte mia. Ero spaesato. Eppure era qua, l’avete vista? Rotonda, rimbalza. Maledizione, non è questo un punto d’arrivo. Sono io che devo essere abbastanza aperto per l’Etiopia, non il contrario.
Una settimana fa, ultimo flashback parola d lupetto, Jess (ricordate ke qua siamo indietro d un mukkio d anni) ha replicato a muso duro a un Luke ke c’è rimasto secco: “È questo il tuo problema: tu aiuti le persone che lo vogliano o no: tu devi sistemare tutto quanto, devi sistemare tutti quanti. Pensi di essere indispensabile e invece vuoi solo pesare sulle nostre vite.
Fai in modo che quando la gente sbaglia tu per quello diventi un martire; e loro non solo devono capire di avere sbagliato, ma di averti deluso, soprattutto. Tu interferisci e peggiori soltanto le cose. Nessuno chiede il tuo aiuto, nessuno vuole il tuo aiuto, concentrati su d te e lascia in pace gli altri!”.
Non è uno scambio, Luke è allibito, come quando vede Yoda parlare con l’ectoplasma d Obi Uan, come me. È una questione di posizione in cui mi ho messo l’Etiopia, l’affinità con le battute dalle GilmoreGirls sopraccitate è quella e finisce lì. Gli impieghi ke l’ufficio suggeriva erano la stesura di progetti e un’attività interna alle carceri; la scrittura del libro l’avevo proposta io (tra altre) declinando in forma cartacea l’idea di documentario: era stato alla fine del 1° mese qdo mostrai all’ufficio una lista di potenziali miei impieghi, ke tenevano conto delle loro proposte, ma ne aggiungevano anke altre. Essendo io in servizio civile, forse sarebbe ora di mettersi al servizio, accidenti. E per mettersi al servizio intendo lasciare la battuta all’avversario, andare a ricevere. Pago i miei doppi falli, le palle morbide non sono state sufficienti. Lo sono mai state?
Troppe volte faccio riferimento al ribaltamento dei tavoli dei mercanti nel tempio, accantonando il resto del Vangelo. “Sacrificio” deriva da “fare sacro”, e la partita si può ancora ribaltare.
Un bell’intervento da dietro farà passare a CRonaldo la voglia d fare i joketti…
Paolo
Un utente del forum della gazzetta, un milanista, digita: “Hanno pienamente ragione i romanisti a sottolineare la presunzione e l'arroganza di questo giocatore, sicuramente numero 1 come giocatore ma non come uomo”. Martedì, serata Champions. L’alieno Cristiano Ronaldo impila una serie di finte, che oltre ad eludere la difesa romanista la offendono (!).
cronaldo |
In prima media la reputazione di un alunno salesiano dipendeva da 3 fattori: umorismo, ragazze e pallone. La + grande di tutte era il pallone. Credo lo dica anke una lettera di San Paolo ai napoletani, quella per cui gli hanno intitolato lo stadio. Era così: se sapevi punire con ambo i piedi, non dovevi fare ridere per avere successo e le ragazze potevano aspettare il liceo. Qualcuno era figo solo x’ era un mago colla sfera. La riscrivo: qualcuno era figo x’ era un mago colla sfera.
E poi era il 1° anno ke in qella scuola potevano iscriversi le ragazze. Per intenderci, in una classe d 35 noi ne avevamo 5. E una era mia cugina. Rimanevano quella intelligente, quella rock, quella modaiola e quella buona. Mediamente tutte + sveglie di noi. Quindi non è ke… ma… Beh, anke qsta storia continua, non sul blog d caritas, cari. Tas. Mània.
La + importante di tutte era il pallone. All’intervallo per giocare serviva un tomtom: sullo stesso pavimento in porfido (e x farti capire qto è entrato nelle nos3 vite fai conto ke un mattoncino d quel porfido dorme adesso in camera mia, ad Addis Ababa. Non fate rumore…, soprattutto lei, Mascazzini) sfrecciavano 6 partite simultaneamente. 6 palloni arancioni e 12 squadre, 2 x sezione. Un po’ a tutti cè toccato rinvenire da terra colla faccia d Cristalbol (telo ricordi? Skifezza impiastriccata e tubicino, ci si facevano i palloncini ed il jingle della pubblicità era penetrante… con Cristalbol ci puoi giocare –seconda voce: cristalbòl!- hai tante cose da inventare –seconda v… dov’eravamo?). Ah, per terra, centrati dalla cannonata al volo tirata dal Marcocombi d turno, e poi correre in bagno a rimirarsi allo spekkio la nuova fisionomia ke Don Bosco ci aveva regalato.
cristalbòl's packaging |
Silvestri, quando faceva qualcosa, voleva farla al meglio. Per farvi un’idea: un giorno decise che voleva ca(r)pirne di musica, prese la carta di credito e andò alle messaggeriemusicali, dove comprò tutti i cd d cui aveva sentito parlare. Ci raccontò ke la cassiera, vedendo le colonne sonore d cd ke aveva accatastato sul bancone, credeva skerzasse. Lui rideva. Non skerzava.
Silvestri era quel tipo lì, un ragazzo gioviale e buono. Alle medie, lui era un anno + avanti e, non ricordo x’, ma qdo io ero in prima, lui disertava la sua classe e jocava sempre con noi. Con la sua classe avanzava palla adesa al piede ed arrivò pressappoco al punto in cui quella suora è stata fotografata men3 batteva la punizione sulla copertina del CD Oratorium d Elio e le Storie Tese. L’avete presente, quella con Faso in porta in tuffo precoce? Ecco, quella è la mia scuola. E dove c’era la suora io stavo aspettando Silvestri, nei pressi dell’area, lì.
il luogo del |
La + importante d tutte è il pallone. Io li aspettavo in area. Lui, il pallone. Io, lui, il pallone. Io, lui, il pallone. Io, lui. Il pallone? Sparito. Devi avere quella faccia lì quando ti svegli e sei uno scimpanzé e tutti intorno a te parlano georgiano. Silvestri prosegue la sua corsa e io mi guardo intorno, con l’aria del cercatore di ossidiana alla sagra della caldarrosta. Eppure era qua, l’avete vista? Rotonda, rimbalza… Se qsta cosa fosse successa 5 anni + tardi si poteva solo uscire dal campo e levarsi le scarpe. Non ho mai + visto fare un numero così. Non ke allora l’abbia vista, eh. Era un jokino ke provavamo tutti, il + difficile. E quei pokissimi nella scuola ke ci riuscivano avevano nome, cognome e le nike. Ma mai nessuno in un dribbling. Fino a quel giorno.
Lo potevi fare in corsa, solitamente ci provavamo camminando: palla trai 2 piedi, la punta di uno la appoggia sul tacco dell’altro ke la tira su da dietro. E la palla ti passa sopra, scendendoti davanti. Recuperai collo sguardo Silvestri – ke rideva – e vidi ke aveva riaddomesticato la palla teletrasportata. E - dannazione! - sembrava la stessa boccia di prima, con scritto IC in blu grosso. Lui, il pallone. Io… non ricordo il proseguio dell’azione, solo il mio spaesamento: a quei tempi fare gol valeva ovviamente molto ma molto di meno.
Anke Nigist l’altroieri era dalle parti della mia porta, all’ingresso del bungalow ufficio; era venuta a salutarmi, ke andava a casa. M’ha guardato un po’ rammaricata e sorridente m’ha detto: “Non siamo abbastanza aperti per te, Paolo”. Uh. Cercai la palla. Presto, spero, dimentikerò lo scialbo proseguio dell’azione da parte mia. Ero spaesato. Eppure era qua, l’avete vista? Rotonda, rimbalza. Maledizione, non è questo un punto d’arrivo. Sono io che devo essere abbastanza aperto per l’Etiopia, non il contrario.
Una settimana fa, ultimo flashback parola d lupetto, Jess (ricordate ke qua siamo indietro d un mukkio d anni) ha replicato a muso duro a un Luke ke c’è rimasto secco: “È questo il tuo problema: tu aiuti le persone che lo vogliano o no: tu devi sistemare tutto quanto, devi sistemare tutti quanti. Pensi di essere indispensabile e invece vuoi solo pesare sulle nostre vite.
Fai in modo che quando la gente sbaglia tu per quello diventi un martire; e loro non solo devono capire di avere sbagliato, ma di averti deluso, soprattutto. Tu interferisci e peggiori soltanto le cose. Nessuno chiede il tuo aiuto, nessuno vuole il tuo aiuto, concentrati su d te e lascia in pace gli altri!”.
luke&jess |
Troppe volte faccio riferimento al ribaltamento dei tavoli dei mercanti nel tempio, accantonando il resto del Vangelo. “Sacrificio” deriva da “fare sacro”, e la partita si può ancora ribaltare.
Un bell’intervento da dietro farà passare a CRonaldo la voglia d fare i joketti…
Paolo
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