martedì 1 luglio 2014

Bolivia: De Ida y De Vuelta


Hace mucho tiempo…

Che non sto scrivendo, ed è così perché sono successe molte cose…

Vorrei iniziare dal nostro rientro in Italia e dal viaggio meraviglioso fatto in notturna su uno dei pullman boliviani, attraverso paesaggi lunari, resi ancora più meravigliosi dai giochi di luce creati dalla morbida illuminazione della luna, che si riflette sulla terra arida e bianca e all’improvviso viene oscurata dal passare sotto a boschi di altissimi eucalipti. Poi c’è l’arrivo a La Paz. La Paz è infossata in una valle, sembra costruita li per errore e che stia attaccata agli erti pendii delle Ande non si sa per quale miracolo. E’ tutta in pendenza e come Cochabamba, da l’impressione di un immenso formicaio che sta aspettando le prime luci dell’alba per despertarse e quando si sveglia, rivela il suo carattere di metropoli. C’è gente di tutte le nazionalità a La Paz, e probabilmente, come ai tempi della conquista spagnola è rimasta uno dei crocevia del sud America. Si può incontrare di tutto, dai campesinos che ruminano in continuazione la loro immancabile foglia di coca, ai super uomini d’affari in giacca e cravatta; dai disperati che senza una meta vagano per il mondo, ai faccendieri di tutto il mondo che rinchiusi in lussuosi uffici si spartiscono le enormi ricchezze di questa terra. Però la nostra tappa a La Paz si chiude in fretta.

Italia, la formazione: un mordi e fuggi, o usando la terminologia del film “Fight Club”, una formazione “porzione singola”. E’ servita, per carità, però è stato tutto molto rapido.

Poi di nuovo in Bolivia, e come da tradizione noi boliviani non riusciamo a star tranquilli, così atterriamo a Cochabamba, il tempo di lasciare giù le valigie, mettere un po’ a posto la casa, mangiare qualcosa e poi di nuovo in viaggio alla volta di Vacas, per la celebrazione del capodanno Aymara: Inti Raymi.

Così di nuovo con la testa tra le nuvole, a pochi chilometri da Cochabamba, che è dove dobbiamo fare servizio, eppure così lontani dalla realtà di quella grossa e caotica città. E via a viaggiare con la testa, a sentirsi come alcuni dei miei personaggi preferiti, come i grandi viaggiatori, mai sazi di conoscere e mai comodi in un posto. Come il famoso Ulisse o il meno conosciuto Corto Maltese, che mai si sentono quieti, mossi da una grande irrequietezza viaggiano, non per viaggiare, ma per vivere per esaudire un loro più profondo desiderio e non per fare del volgare turismo. Ed è questa voglia che ti apre alla gente, all’incontro, e incontrando ci si rende conto di quanto poco si conosca, di come il proprio mondo sia piccolo.

E così, riempiendosi di stupore, a volte ci si rende conto di quello che la nostra fretta di vivere ci fa dimenticare, che la felicità, a volte sta proprio nella semplicità, che il più delle volte è sotto il nostro naso, ma noi siamo così concentrati a guardare lontano, a mirare con il cannocchiale che le cose belle, che ci stanno vicino, ci scappano.










Nessun commento:

Posta un commento