lunedì 5 novembre 2007

Da Addis a Milano passando da mosca


Avrà 7 anni, ei nostri volti sono praticamente adesi, a 4 millimetri di vetro l’uno dall’altro (Roberto D’Avanzo suda). Una distanza inespugnabile. Una distanza culturale. Ci sono esseri volanti ke trascorrono ore ad andarci a sbattere contro, dicono: “Com’è possibile? Io sono una mosca, vedo di là ma non vado di là, non riesco, ke ccaspita succede?”. Il mistero della trasparenza: o qualcuno gli rimuove la lastra ostacolante o la mosca presto o tardi farà il giro da un’altra stanza. Mosca estrarrebbe il pendolino, Vespa cerkerebbe le porte in mezzo alle quali collocare un plastico per spiegare agli italiani la situazione. E io? Lo spacco quel vetro? Qualcuno melo apre? Devo passare per un’altra parte? Ke differenza c’è tra me ed una mosca? Se volassi cambierebbe qualcosa? E se volessi?

Lei è una talentuosa attrice. Io dico che diventerebbe anke una portentosa regista. Maurizio, in visita pastorale, è seduto davanti sul sedile del copilota e sparla senza filtro dell’Area Internazionale di Caritas; quando s’interrompe, e lo so. Il paradosso è difficile da sostenere a lungo: lei è lì fuori, appiccicata al finestrino all’interno del quale io appoggio la testa. È vicinissima, tenta di entrarmi nella coscienza passando dal canale uditivo. Pronuncia colla sua vocina un tedioso sortilegio amarico: le parole non le riconosco ma il messaggio credo sia: “Dammi un birr, perfavore, ricco uomo bianco. Ho fame”. Un birr ammonta ad 1\13 d euro, 7 centesimi e 69, in caduta libera. In precedenza sia io ke Maurizio avevam tentato di farla desistere, cosa c’è di poco chiaro nella parola “No”?

C’è che ci troviamo contro una verità, e quando joki contro la verità se 6 bravo puoi puntare al pareggio. O almeno, io non conosco nessuno ke abbia mai propriamente vinto contro la verità. La postulante sa benissimo ke a un certo momento corrisponderà un punto di rottura; ci saremo rotti a sufficienza e saremo disposti a pagare per liberarci, per scollarla dal vetro, per cacciarla nel cestino del desktop inconscio. E riavere la mia vita dove l’avevo lasciata: proseguire la conversazione comodo, dalla parte calda del finestrino. Agghiacciante. Dov’è la mia cerebralità a difendermi? No, il Vangelo non c’entra, tienilo fuori, non può essere semplificato così. Perché il Vangelo è complesso, giusto? È un messaggio articolato intendibile solo da colti studiosi. Ho colto giusto, nevvero? È cultura alta e va interpretato. O è cultura altra, ke è meglio interpretare, si sa mai ke dica qcsa d veramente scomodo?

Posso calarmi nei patetici panni della vittima: il vero povero sono io, piccola. Sono io che provengo dalla società del benavere, e tu ke conosci il benessere. Io dipendo dai miei consumi, dalle mie proprietà, dai miei sogni con logo; beata la tua libertà, e beata te ke sei capace d accogliere con gratuità. La mia lietezza ha la data di scadenza, dev’essere rimpinguata quotidianamente, un’idrovora. Tu sopravvivi nelle relazioni, conosci la vita. Ancora qualke riga e son capace d invidiarti.

leina

Uff, sbocco, mi districo da qsta dicotomia erroneamente impostata (iuuhhuu) e rifletto ke questioni irrisolte han preso il volo con me, clandestine trai 30 kg d valigie e ora sela sbrazzano x Addis Abeba come amici immaginari al mio seguito, con un particolare: sono grandi il doppio d come li avevo lasciati; ingigantiti da una certa discriminazione razziale maskerata. Pochi giorni dopo avrej portato l’immondizia di casa ai bidoni della pattumiera (un compito di grave responsabilità che Stefania mi ha affidato confidando nelle mie potenzialità); giacciono questi, romboidali come enormi caccia imperiali aperti, abbandonati ai lati della nostra somala via. Sono perennemente strapieni: una mattina son passato di lì, ho visto ke li avevano svuotati, son ripassato dopo un’ora ed erano di nuovo zeppi. Illusioni ottike. Beh, mi avvicino coni miei 3 sakketti d skifo, qdo un ragazzino salta giù dalla cima di uno dei cumuli odorosi e mi si porta discretamente incontro, un po’ a lato. Non serve un master in antropologia culturale per identificare la sua richiesta.

E io faccio finta di niente. Faccio brillantemente finta di niente. Non ci penso molto, viene così, istintivo.

Oplà, scaglio i miei rifiuti sopra la nave madre di una tribù d moske e inverto la rotta. Dopo una decina d metri mi giro, i sakketti stan venendo ravanati e non è un x-file pronosticare ke saranno anke trai + preziosi della giornata. Per fortuna non ho assistito ad una contesa tra + ragazzini per il diritto alla prima perquisa. E non sono ragazzini, amico, sono bambini. Ma io non ci riesco, i bambini jocano, tutt’al + sono anestetizzati dalla tele, ma non sguazzano nella monnezza. Vero? Torno a casa. Non vorrej lezzare oltre quella porzione di mondo colla mia hypocrisia. Tipo: fai quello ke vuoi colla mia immondizia, ma aspetta almeno ke io mi allontani. Mi sa ke a Milano io quei sakketti li avrej consegnati al piccolo rom.. Ma mi sa anke ke qa li consegnerò. Il tempo di trovare dei puntifissi.

scialuppa di salvataggio?
Se non mangiavo il prosciutto cotto nel piatto di plastica argentea, Suor Gianpaola mi invitava a pensare ai bambini africani ke morivano d fame. E qualcuno trai + audaci le poteva rispondere “E portaglielo, ai bambini africani”. La reazione era rivoluzionaria, ma non illogica: mica dovevamo diventare obesi come piccoli yankee x’ ci veniva detto ke da un’altra parte del pianeta qualcuno non sarebbe morto se avesse avuto quel piatto; quasi fosse colpa nostra. Senzi d colpa. Al fine d ponderare melio lo studio di fattibilità del pranzo successivo, sotto lo sguardo materno di Sister Gianpaola: “È fattibile ke io mangi ciò?”. Ora se volessi educarmi allo stesso modo (se fossi 1 bambino) potrej kiedermi qualcosa tipo “Mangia, dài, pensa ai tuoi vicini di casa”. Già, po3j uscire e dar via la mia terrificante carne in scatola avanzata.

Oh, ieri l’ho quasi fatto. Mi sono alzato da tavola, ho preso il piatto, Stefania (+ attenta all’igiene) m’ha invitato a mettere il cibo in un tovagliolo, e l’ho portato nel nostro cortile. Dopo alcune ora il gatto aveva quasi sciolto la carta a furia di leccare, niente avanzi degli avanzi per le moske.

Traetene ciò ke, allungo una battuta di Jack Folla in un dialogo (non c sono vetri ke tengano alla fine del mondo).

- Sta x venire l’Apocalisse e non ho niente da mettermi.
- Ah, e quando arriva?
- Boh..
- Oh, allora c’è tempo..
- Io vado a fare shopping


paolo

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