martedì 27 novembre 2007

Etiòp Twenty

Un mese fa ero sui Monti d Nava a ridere d Gogol, lo gnomo guardiano d Labirinth, sotto le lungimiranti poiane; avevo nascosto male tra gli alberi a valle un sacchetto di castagne per non portarmelo dietro e temevo ke non lo avrei + trovato. Ora sono a casa mia, sul tavolo; qsto post la boa d un mese. Alla mia sx Stefania mette in atto acrobazie linguistike x sintetizzare in inglese il verbale di un meeting in inglese. È dura convertire ragionamenti impeccabili dall’italiano all’inglese senza peccarli. Ma anche Stefania è dura, e nonna Liliana dice che “Quello che non strangola ingrassa”; non ci siamo ancora strozzati pur mangiando come uomini bianki in Africa, ovvero suini (in rima con Salini, di cui parla tanto la Campagna di Riforma della Banca Mondiale qua). E son fiducioso che l’inglese di Stefania is going to became fatter.

Mi piacciono le classifiche, mi piacciono le classi, mi piacciono le, mi diverte dare i voti, dare un ordine, farmi le top. E qsto post va a mostrare (is going to show, brother!) una bella top. Ah. Prima d leggere Alta fedeltà, dalla prima media compilo minuziosamente un’agendina, con i titoli dei libri letti, l’autore, la data e il voto. A fine anno e a fine decennio i relativi podi. Così con diverso altro e, in effetti non è davvero necessario specificare il diverso altro, basti sapere ke le considero economizzatori cognitivi e ne ho stilate di starvaganti (la digitazione originaria era differente ma ke fascino nomade porta qsta parola?).

L’etiop twenty ke pospongo qa s8 è una sfilata d frangenti ke in Italia probabilmente non avrej vis(su)to. L’unico criterio è il tralascio d episodi prepostati: butto in 1\2 un po’ d emozionale etiope, dove l’emozionato sono io, l’etiope pure e therefore la soggettività è assoluta. Joco sulla consapevolezza ke “ho visto cose ke voi italiani potete anke immaginare” se descritte brevemente.

1. C’è stato un momento, dopo un par d settimane, in cui ho creduto d esserc (c fai o c 6?). Il viaggio era stato facilefacile, gnente jet lag; domati gli insetti, la casa vivibile; Stè aveva smesso d contare le cose ke non so fare e dopo l’assestamento intestinale pareva quasi d sentire la fragranza della quotidianità. Un pomeriggio io ero nel mio ufficio a tradurre l’Annual Plan della St Paul Prison Chaplaincy (l’equipe con cui lavoro), quando nel fiorente cortiletto interno fa capolino una tartaruga gigante. Sara è un po’ agitatata perché la ragazza delle pulizie sta maltrattando il rettile prendendolo a scopate (se avesse avuto gli anfibi avrebbe avuto luogo uno scontro etnico); sara è una portatrice sana d cuoricino verde, e quindi piomba nell’ufficio (ne ho sentite d domande strambe) fiatando: “Paolo tu hai esperienza in spostamento di tartarughe giganti?”. Sara è il mio capo, e ai capi bisogna far credere saper qcsa d tutto e tutto d qcsa, così menziono Morla, l’Essere Millenario, e sto per lanciarmi incerto nella pittura rinascimentale italiana quando la vedo. Pare l’ippopotamo d Radiofreccia, non x le dimensioni quanto per il suo essere fuoriluogo. Non si spiega. Certo, non parla. Dev’essere veramente terrorizzata x il caos ke c’è intorno a lei x’ il suo cervellino (sarà grande come una pallina da minigolf?) riesce a comporre l’algoritmo ke la persuade a effettuare un’inversione a u e a (qte vocali ho messo in fila?) tornare nella sterpaglia. Io la seguo incantato, senza parlare x un buon numero d minuti. Anke dopo ke gli altri sono tornati alle loro scribanìe, io l’ho un po’ accompagnata, stranito e contento. Finché sul suo guscio non s’è fatta leggibile la scritta “Te la do io la fragranza della quotidianità”. Tartaruga gigante, guscio spazioso. Ah, ho poi scoperto che quell’ospite della nostar struttura arcidiocesana si mostra circa una volta all’anno, è timidissima. Stefania ha perso la sua opportunità, s’è lamentata fino al giorno in cui ha deciso d aver visto una scimmia nella nostra via, ipotizzo con zainetto per il laptop e gli okkiali da sole. In realtà oggi una cosa divertente l’ha vis(su)ta: un mulo ha scaricato 2 loffie speziate, precisamente mentre lei gli passava d fianco. Il ke già d x sé sarebbe divertente, ma diventa esilarante quando aggiunge ke quella strada era piena d uomini seduti sui marciapiedi ke smetteranno d ridere nel 2008 etiope. Credo d aver perso ank’io la mia opportunità.

2. Alcune volte per facilitare determinate situazioni puoi provare ad intervenire, ma qdo lo fai devi tener conto dello spettacolo cui rinunci: talvolta le conseguenze ke tu cerki di evitare con la tua mediazione non sono poi così gravi. Era la fine d ottobre quando c rekiamo x la terza volta in una settimana dall’Apple Man d Addis Abeba, l’omino dei compiuter. Non riusciamo a collegarci ad internet ed il Mac d Stè ogni tanto perde i sensi. Le prime 2 volte gli incontri sono stati tendenzialmente insoddisfacenti; specie la seconda volta qdo lui non si è presentato all’appuntamento (in orario d lavoro, nel suo negozio..). ok. Terza volta, qua narrata. La sera prima lo kiamiamo, lui c assicura d avere fatto tutto e kela mattina seguente c saremmo visti in ufficio. Stefania c crede. Tral’altro s’è separata dal suo Mac un paio di giornate x lasciarglielo in riparazione e la lontananza inizia a farsi sentire. Così, tàààc, la mattina arriviamo come 2 guardie svizzere (severe in volto, abbioccate e bianke), io rimango dietro x’ se Stefania mi vede ridere è finita. Come in una storia scritta male lui non c’è. Una donnina s’affretta a telefonargli. E lui risponde da sotto le lenzuola dicendo ke si trova ad un meeting, ieri era andata via la luce, una scimmia l’ha preso a borsate in faccia… insomma, se possiamo ripassare nel pome. Sì, ciàào, Stefania scatta. Vi prego di soffermarvi sulla scena, per come l’ho vista io. Stefania non sta ricordando al venditore al dettaglio il dettaglio dei suoi diritti d consumatrice. Non sta sfogando la sua delusione all’ennesima dimostrazione d inadempienza d un lavoro kera stato garantito come già fatto poke ore prima. No, lasciate stare l’educazione civica, l’antropologia, per favore spostatevi sull’epica. Se contro di lei si accampa un esercito, il suo cuore non teme. Di fronte a Stefania sono skierati gli sciamani del Burundi, gli uomini che in Zimbabwe aspettano giorni l’autobus, i milioni di persone che in questo continente camminano a fianco di una strada; Stefania fissa negli occhi le centinaia d migliaia di donne equilibriste con ceste sulla testa e fagotti viventi sulla skiena. Stefania sta per interrompere tutti i match d pallastrada del Ciad. Stefania con una mano s’appresta a tenagliare a quarti di giro le parti basse dei dittatori africani e coll’altra sventola i fogli excel della loro lurida contabilità. Stefania vuole surfare sul dorso dei cruenti alligatori del Nilo mettendoli alla berlina come neanke lo Zecchino d’Oro aveva mai fatto. Davanti a Stefania non si trova l’ultimo galoppino etiope duna multinazionale statunitense. Stefania si sta scagliando contro millenni di cultura africana. Ora, un appello all’onestà intellettuale: al mio posto, avresti fatto qcsa? Solo ammirazione incondizionata per quelle follie non premeditate ke cadono sotto il nome di genialità. Io sono un piccolo volontario caritas estasiato, quando Stefania parte, scavalca la donnina, sradica la cornetta, e con inglese da manager della General Motors usa unicamente verbi all’imperativo “romano” ruggendo: “Io non mi muovo da qua”. E accade il miracolo: dopo 2 ore usciamo da lì col Mac resuscitato e Stefania soddisfatta. A me l’Apple Man deve ancora trovare un adattatore, ma si sa, magari lo trova magari no. Non nasciamo tutti Stefania e talvolta lo kiamo, eh, credo ci tenga anke un po’ a qste mie telefonate. Di solito non capisco granparte d quello ke mi dice (l’inglese telefonico è un’altra lingua ancora) ma c kiediamo reciprocamente della nostra salute e lui mi rassicura con voce garantista: “Oggi stavo x comprarti l’adattatore quando un mulo ha renzato davanti ad una ferengi e soho skiattato dal ridere”. Sorrido, ci tiene comunque a ribadire la forza di qualcosa che occasionalmente può subire apparenti sconfitte, ma l’akuna matata, il polepole, il take it easy, il polledge non si irretiscono facilmente. Stefania mi fa segno ke le servirebbe il telefono, visto ke il suo computer si collega e lei vorrebbe approfittarne. Ora corro a cucinare fagiolini, ke lei dopo deve uscire presto. Credo che io rimarrò a casa, così posso ramazzarle la stanza.

3. La metà sotto turchese, quella sopra bianca. Procede sbronzo il minibus dove mi sono seduto, ma è la normalità. Un veicolo sobrio (che rispettasse precedenze, usasse frecce, sorpassasse a sx) verrebbe multato. La guida è tanto stressante ke tutti gli autisti masticano foglie di ciat. Siam fermi in coda. Guardo fuori dall’abitacolo, stiam passando mescàl square, dove c’era stato quel tanto pubblicizzato concerto rasta per un anniversario d Bob Marley. Ragazzi giocano a pallone, sarebbe come se a Milano l’Enotria si allenasse in piazza del Duomo, ma d’altronde gli spazi son questi. Il mio occhio individua un ragazzino camminante, anke lui sta seguendo la partita al suo fianco. Un attimo e scompare. Puff. Dio vedo gli spiriti. Cosa c’era nel thch ke ho bevuto a bikkierate ieri sera al matrimonio del cugino d Zed? Ah, no, qualcun altro lo ha visto perché stan fiondandosi verso il punto dovera prima della sparizione. Eh? Un buco? Ah, è uno di quei tombini scoperti, Addis ne è piena e il ragazzino c’è finito dentro di tutta l’altezza. Piangiukkia, ma i salvatori ridono grassamente. Anche a me scappa da ridere. Speriamo non si sia fatto male.

4. Ero qua seduto in sala, sabato scorso. Stavo scribakkiando una mail qdo un suono familiare entra dalla finestar (oh, niente: stra non riesco a scriverlo, il mignolo è troppo + veloce del medio). Qsta è solo per i marci marciatori; o per chi ha letto il sa cammino. Pazzesco. Non ho spiegazioni. Neanche una piccola. Peraltro qua gli psichiatri parleranno amarico e hai voglia. Dalla casa a fianco, al massimo. Una delle canzoni di qsta estate, quella del pinguino, della sfinge, del cameriere. Ma in inglese, credo, cmqe non in italiano. Istintivamente cerco Assunta. 2° voi cosa ho fatto? Scontato. E dopo ho tenuto il ghigno per ore.

5. Risale ai primi anni d’università la decisione solida d rispondere esaurientemente alla domanda “Come va?”. Poi sono stato ad Addis Abeba. Dopo una settimana ad auariu rispondo con au ar iu ed in contemporanea si biascica fain. Fine. Già, fai conto ke all’inizio c’è stata una volta ke mè stato kiesto come stavo, io ho risposto lungamente, e il commento è stato: “Mmhh.. and au ar iu?”. Non è ke il mio interlocutore conoscesse solo quelle parole in inglese, è ke qua è così. Un bivio davanti a me: ora gli ripeto parola x parola la risposta d prima; ora gli rispondo esattamente il contrario. “Fain. End iù?”.

6. Di calcio giocato neanke a parlarne; o forse solo a parlarne. Ho comprato un pallone, mi faccio qke palleggio, ma la cultura locale vuole ke nei pokissimi spazi a disposizio ci si sfidi solo a scommesse e qdi saltino le ginokkia con una certa facilità. Di calcio visto qua è tutta premier, divisi tra Arsenal e Manchester, guelfi e ghibellini ma con gli stessi colori. La maglia in assoluto + gettonata è quella di van persie seguita da quella vekkia d henry. Il derby della Madonnina vede 5 magliette dell’inter a 4 del milan, di cui 1 adriano, 1 stankovic e 1 kakà; pare ke qst’anno vada così. Presumo x fisionomia (e vedo ke nel catalogare i bianki incontrano gli stessi problemi ke trovo io con loro) sono stato accostato a Lemhann (!) e a Ljungberg. Una Domenica Scelsi d farmi Liverpool Arsenal. Il mio amico kiama un suo amico ke c tiene i posti intimandoci d affrettarci: la partita inizia alle 7, e sono le 4e30. Neanke x andare a San Siro ci si muove con tale anticipo. Peraltro il cinema universitario si trova a 4 minuti 4 da casa mia, ma obbediamo. Paghiamo un biglietto (30 cent d euro) e facciamo il nostro ingresso in una sala cinematografica completamente affollata d ragazzi seduti in ogni dove. Dove? Dovunque. Ordinati e silenziosi a guardare il match precedente. Ovviamente fino a quando non entro io. Per qualche secondo quelle ke credo siano non meno di un migliaio di teste si girano per studiare i miei movimenti. Temo ke la mia camminata affollerà i loro discorsi almeno fino al fiskio d’inizio. Poi Martino Laursen, ke non perde le vekkie abitudini, impostando l’azione, inciampa in un tronco invisibile, così tutti si rivoltano. Compreso il nonno di Laursen, nella tomba. Prendo il posto ke m’è stato conservato, ringrazio l’amico dell’amico, auariu auariu fàin fènkiù. E colo nella seggiola. Dovrò anke scegliere ki tifare, ma ovviamente per un milanista la scelta non si pone tra Arsenal e Liverpool, qto tra Arsenal e Manchester. L’umidità è a livello d foresta pluviale (?), alla presentazione delle squadre ci si sgola serenamente. Ai 3\4 d’ora il mio amico mi kiede d uscire per respirare ke non sta troppo bene. E fuori ke t trovo? Almeno lo stesso nro d ragazzi, seduti in file davanti al muro, dove la medesima partita è proiettata meno nitida e senza audio. Il sortilegio del calcio. Per la cronaca, Gerrard e Fabregas per uno spumeggiante pareggio.

7. In un carcere la poesia: un uomo, responsabile dell’accudimento dei fiori, ke quando si sposta posa il cappello dove vuole andare dopo, così si ricorda di andarci e prepara gli altri ai suoi futuri movimenti. Così mi vede, mi saluta, adagia il suo copricapo al mio fianco, bagna i fiori e poi ritorna.


Too little Miss Sunshine (ma è una delle più anziane)
8. Sfilata di bellezza di ragazzine d 6, 7 anni. Con mossette, okkioni e abitini. Beauty context organizzato dalla scuola cattolica, suore&preti, per l’Ethiopian Students Jubilee. Little Miss Sunshine è lontana, ma s’intravede. È un modo d vivere la festa ancora fuori da categorie d giudizio, per me. Non per un mio adulto amico locale: “This is the globalization, my friend. Each year it’s worst”.

9. Quel sabato era stato uno di quei giorni che non avevo voglia d kiedere. Ce l’avrei fatta da solo e d’altronde la missione era agibilissima, Stefania la compie tutti i giorni: arrivare a Piazza, il centro d Addis. Due minibus: il 1° per Bole (preso, semplice); il 2° da Bole. Bole (nome dell’aeroporto ke battezza così anke una strada, un centro commerciale e tutto un quartiere) è un formicaio brulicante intorno a me, maskio d formica bianca. Decine di minibus s’aggirano per qsto parkeggio all’aperto, nessuno per Piazza. Uno sì, bene: salgo, aspetto, cambia destinazione, scendo. Dopo mezz’ora un altro: pieno, non riesco ad infilarmi. Ad un certo pto, esasperato, salto sopra un pullmino qualsiasi dicendo al cokkiere: “Portami via, l’Australia va bene”. Dopo qsta ora d smarrimento esistenziale, capisco grazie ad un aiuto da casa ke sta andando in una direzione buona, e smonto vicino a Mescal Sqare. Verso essa cammino impetuoso, maglia uld rui pablo con manike tirate su, jeans sgualciti. Finisco addosso ad un tipo, sorry sorry, ci prendiamo la mano, lui non mela molla, affettuoso, mi dà anke un piede, lo appoggia sul retro del mio ginokkio. Sorrido beota, un nuovo saluto etiope? Un suo compare prova ad intrufolare la mano nella mia tasca opposta. Non è il caso d lasciarmi dei soldi, non t preoccupare, non mi sono fatto niente. Sorrido ancora qdo i 2 desistono e fuggono via. Allora comprendo; cos’è successo e anke cosa non è successo. Qello ke non mi torna è x’ abbian desistito se non mi avevano ancora preso il portafogli. Mi guardo la tasca tutta scucita: il ragazzo non è riuscito ad infilare la fenditura giusta. Mi kiedo se è solo demerito suo o anke involontario merito mio; magari il mio sorriso li ha spiazzati, tipo ride x’ adesso si trasforma e cincendia, manco fossi Ato Torcia. Ma come non è giornata di domande, neanke le risposte passano da qua oggi. Vado a Mezcal. Degli amici hanno già atteso a sufficienza e un giapponese, un autista travestito da manager e un architetto libanese hann ormai iniziato a pranzare.


Minibus
10. Entrare in 1 locale serale, musica birra biliardo, e trovarv dentro solo uomini bianki e donne nere, come se un dio bambino avesse scelto di rendere la pigmentazione cutanea un attributo di genere. O qdo siamo entrati in un negozio d artigianato locale suggerito dalla Lonely Planet e dentro vi abbiam trovato coppie d ferengi (bianki) col portafogli in una mano e la loro copia d Lonely Planet nell’altra.

11. Ho partecipato alla messa amarica; rito etiope, fortemente influenzato da quello ortodosso. Un’immersione atona d 2 ore con l’Eucarestia distribuita sotto 1 ombrello viola decorato con pizzi. Peso. Ne scriverò, ma la Chiesa Cattolica, specie ad Addis, risente un po’ dello status d minoritaria, e si arrocca in liturgie faraonike scacciagiovani. Qc1 resiste, mi spiegano ke c vuole rispetto x le tradizioni. Fate conto ke l’età mentale in parametri italiani d un mio giovane amico è di 10 anni superiore alla sua età anagrafica 2° la scienza d www.nienteansia.it/test/test-eta-mentale.html. Conoscenza d usi&costumi, telegiornali, rispetto assoluto degli anziani. Ma è questione di mesi, prima o poi li globalizzeremo.

12. Il controllo della mimica facciale è una caratteristica a volte in lotta con la spontaneità; ma torna utile quando invece la reazione istintiva offenderebbe. Va stipata nella cartella bugie a fin di bene, verità potenzialmente velenose trascurabili, battute strozzate x evitare malintesi. Un uomo vestito investito d una relativa autorità partecipa ad una riunione pseudo ufficiale mandando in esplorazione un dito nel naso, appallottola il reperto speleologico e scaglia missilino plasmato vs la parete. Naturalissimamente. Un diktat nella mia testa: se guardi Stefania è finita, facciamo la valigia beppe, andiamo a Berlino ke anke a Milano sarebbe dura rimanere, il Colmegna conosce tipi ke t rintracciano in 7 minuti 7. D solito t trovano qke minuto prima, t convincono a fermart, estraggono una cicca e se la fumano fin qdo l’orologio d’oro ke portano al polso non scocca il 7° minuto. Non puoi ridere non puoi ridere. Mano davanti alla bocca, okki lontani da Stefania e dal bombarolo, guardati le scarpe e pensa alla morte. Uff.

13. Non avrei mai detto ke nel 99 in Sudafrica sarei entrato in un cinema domestico con impianto dolby e il lettore dvd. E invece.. Perché, chi avrebbe immaginato che in Bosnia avrei jocato alla Play? Anzi, qti sfottii mero preso alla partenza? E poi.. E se un mese fa m’aveste kiesto cos’era l’aerobica? Fantozziana, anke sel meglio rimane il tapirulàn da corsa. Si corre per prendere il tram, si corre per fare tana libera tutti, si corre per raccogliere quel lancio tanto educato di cui il terzino destro t ha onorato, si corre x fuggire dalla polizia (vicinanza al popolo kel 18 a genova si rincontra). Qua invece corri e rimani fermo. Non cela posso fare a capire. Corri per correre. Cioè, tipo, quando vai a correre su una passeggiata ligure, corri per correre, ma non 6 così vicino al senso di quello ke fai: il mare t parla, incroci i bambini in bici e gli anziani ke percorrono il marciapiede con i piedi e la loro vita con la memoria. Qua corri e basta. Intorno a te non scorre niente e non c’è nulla d davvero interessante da guardare, e poi soprattutto devo rappacificarmi con l’idea ke non vado da nessuna parte. Fino a qdo l’altro giorno non sè inceppato il tapìrulàn. E indovina chi ha proseguito la sua corsa, pensando alla maratona ke avrà luogo a fine mese, finendo praticamente contro la macchina?

14. Ragazzi (ragazzo + ragazzo) ke camminano abbracciati teneramente tenendosi le mani, accarezzandosele con naturalezza, esprimendo la loro amicizia. In Etiopia l’omosessualità è socialmente ostracizzata, e la manifestazione dell’affetto amicale assume qsta fisica modalità.

15. Tornando da una cena presso i sacerdoti d San Michael buttai un okkio all’orologio della coolcar d Zed (una rossa toyota corolla, con uno switch interno ke x selezionare l’atmosfera interna: “cool”, un po’ coatta o “hot”, romantica), leggere 2e30 e pensare”Mi pareva fosse tardi, difatti sono stravolto” e scoprire kerano le 2e30 in orario locale, ovvero le nostre 20e30.. Sarà l’altezza sarà il lavoro, ma svengo otto ore fisse a notte, ol giorno dopo l’inglese non riesco proprio ad andarlo a pigliare.

16. Passare per strada a fianco delle conseguenze d un incidente mortale, un pedone è stato investito. I passanti, a decine, fermi, increduli, con le mani sulla testa.

17. I virtuosismi con l’inglese, che scatenano l’ilarità incontrollata dei miei ascoltatori. Ieri per telefono ho detto ad un mio amico che Stefania m’aveva informato che aveva la varicella, il chicken pox. Solo che ho confuso l’espressione “chicken pox”, imparata mezz’ora prima, con “chicken pocket”, e praticamente gli ho confidato ke sapevo ke lui teneva una gallina in tasca (stile munchkin o ratman); quindi le persone con cui mi trovavo sono esplose a ridere senza ritegno, e beh, siamo andati avanti così minuti, senza ke io riuscissi a parlare.

18. Al mattino molto presto e a mezzo pomeriggio l’invasione delle strade da parte di eleganti frotte di ragazzini bicolore, a seconda della scuola d’appartenenza, oltre alle ormai consuete parate bovine, ovine, b e di Dida. La divisa scolastica per molti è il vestito migliore, ed anke un consistente investimento familiare.

19. La violenza dei poliziotti scatenata contro alcuni ladruncoli sgamati. Manganellate sul corpo e sberloni in viso. Da ex responsabile della polizia municipale di Rho e da giovane ne resto turbato.

20. E poi gli incontri per strada. L’autista disoccupato che mi kiede se non ho un lavoro da dargli, il protestante che chiacchiera per mezz’ora sulla situazione politica etiope, il ragazzo che dice di conoscermi perché m’ha visto in giro.

Ultima annotazione, so ke Teo se lo kiedeva: le castagne c’erano.

Ato Paolos

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