Un’esplosione di colore mi accoglie nel mio primo giorno al Guis. In pochi attimi anche la vita spunta fuori da ogni angolo. I ragazzi del centro, giovani con diversi gradi di disabilità, si fanno avanti uno dopo l’altro. Mi fermano praticamente ad ogni passo, e con sorrisi larghissimi mi danno il benvenuto. In realtà non sembra assolutamente di essere estranei, ma piuttosto sembra di essere tornati da un lungo viaggio. Sono tutti desiderosi di salutarmi, parlarmi, e in alcuni casi di abbracciarmi così forte da farmi mancare il respiro. Nessuno, dal bambino più piccolo al ragazzo di vent’anni, è indifferente alla mia presenza. Se Elisa non mi richiamasse all’ordine sarei ancora lì a salutare i ragazzi nel patio.
Ma è arrivato il momento di entrare nelle classi, e cominciare a lavorare! Dopo pochi minuti di indugio, la “profe”, la maestra, mi butta al centro della classe, a raccontare qualcosa su di me. Naturalmente i ragazzi non si fanno pregare, e mi sommergono di domande, in modo che al suono della campana sto ancora parlando dell’Italia.
È stata una grande emozione, e come inizio è proprio bello forte! Ma naturalmente c’è ancora il pomeriggio, che riserva nuove emozioni, e forse anche più forti: aiuto Miriam, la maestra della classe di “Habilidades Practicas”. Non ho mai lavorato con bambini con disabilità così gravi, e il mio primo pensiero è che non sarò in grado di fare niente, e che starò impalato per due ore sentendomi troppo impacciato. Invece, mi avvicino a Jereny, una bambina sordomuta, che, con degli sguardi intensi e pochi gesti, mi guida nel mio lavoro. Mi indica come aiutare lei e i suoi compagni. È qualcosa di sorprendente, non me lo sarei mai aspettato. Comunque, rotto il ghiaccio, non mi fermo più, e, inanellando un’attività manuale dietro l’altra, in men che non si dica è già finita la lezione.
Torno a casa stanco e pieno di sensazioni da decifrare; e la promessa di un altro giorno come questo è veramente emozionante.
Fabio
Nessun commento:
Posta un commento