Quando ero sull’aereo per arrivare a Chisinau, ho incontrato un uomo che mi ha detto che quindici giorni in Moldova mi sarebbero bastati per capire che cosa era questo paese, soprattutto uscendo dalla città e andando verso i villaggi. Io non so ancora che cosa ho capito, che cosa no e che cosa rimarrà in sospeso perché, come tutte le esperienze forti, ho bisogno di tempo per elaborare. Una cosa però l’ho capita..nonostante tutte le esperienze che possiamo fare a contatto con la povertà, con la sofferenza, con un altro mondo non potremmo mai riuscire a capire che cosa porta un uomo ad abbandonare tutto e rischiare perché la nostra sarà sempre e comunque una scelta e noi sappiamo di avere sempre una base sicura dove tornare, il nostro paese. Per quanto riguarda il resto percepisco di aver incontrato un altro mondo, inteso nel senso pregnante del termine. Questo si avverte appena arrivi nei villaggi, dall’aria che respiri, dall’odore della terra, dalle anime che incontri attraverso gli incroci di sguardi.
Incontri con gli altri. Beh che dire di questo, a volte le parole sono limitate (o forse le mie) non è possibile esprimere l’immensità che può rinchiudere l’incontro, anche se di un attimo. In questo incontro con l’altro c’è l’incontro con chi ci ha accolto a braccia aperte, anche se non fisicamente: ovunque noi andassimo con i bambini, con gli anziani o per le strade del villaggio faticavi a trovare qualcuno che ti respingesse. Certo noi eravamo la novità del momento, ma che dire dell’accoglienza quando ci offrivano quello che avevano, un bel pezzo di formaggio e un bicchiere di vino (e se non stavi attento, diventavano due o tre o anche quattro e fermiamoci qui).
Incontri con occhi che sorridevano o altre volte con occhi che erano in attesa di chissache, probabilmente della morte. Ricordo ancora nettamente la sensazione che ho provato quando, durante la prima settimana a Ucrainka, sono andata a fare attività sociale a casa di una donna anziana…ho ancora impresso negli occhi lo stato di abbandono di quell’abitazione e di quella donna e nelle narici l’odore che riempiva quelle stanze, le mosche. Ricordo di essermi immaginata un giorno qualunque di quell’anziana totalmente sola e disillusa, la ricordo seduta sull’uscio di casa ad aspettare qualcosa, forse la morte. Dall’altra parte, invece, ricordo la donna che siamo andati a visita quando eravamo a Coscalia, nonna Mina, e ricordo lo sguardo vivo, il sorriso e la percezione che quella casa fosse viva.
E poi che dire incontri con i compagni di viaggio..e qui le parole faticano a venire alla mente..a volte piango dentro me stessa per i ricordi che mi legano ad ognuno di loro, ai loro occhi, ai loro sorrisi. Però le mie non possono essere lacrime tristi, di rimpianti, ma lacrime di felicità perché so nel profondo di me stessa che ho avuto la fortuna di aver incrociato altre anime e che dire.. alla fine non i soldi, le case, gli oggetti ma sono gli incontri che rimangono…e a volte si percorre una vita intera alla ricerca di questo tipo di incontri…grazie.
E’ forse questo quello che sono sicura di aver portato a casa da questo paese: gli incontri.
Elisa
Cantiere della Solidarietà - R.Moldova
"Facem un cerc" - Facciamo un cerchio
Un momento delle attività coi bambini di Coscalia
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