venerdì 24 giugno 2016

AAA Cercasi: CiViLtA' della TeNeReZza...

“C’è una bella differenza tra pacifismo e non violenza. Oggi viviamo in un sistema profondamente violento, essenzialmente violento, patriarcale e maschilista, da cui dobbiamo uscire per approdare a una civiltà della tenerezza.” Korogocho di Alex Zanotelli p.151


Una foto fa aprire un’inchiesta sulla violenza della polizia in Kenya

[articolo di Internazionale 30/5/2016]

Il 16 maggio il caposervizio della sezione fotografica dell’Associated press in Africa orientale, Ben Curtis, stava seguendo le proteste contro la commissione elettorale a Nairoibi, in Kenya, quando ha visto la polizia che picchiava i manifestanti.
Una delle immagini che ha scattato durante le proteste ha documentato la brutalità delle repressioni in maniera così evidente, che il capo della polizia è stato convocato per un’inchiesta interna. Secondo la commissione nazionale del Kenya per i diritti umani, si è trattato di abuso di violenza e violazione dei diritti umani.

La foto cha ha fatto aprire l’inchiesta sulle violenze della polizia keniana, scattata il 16 maggio 2016 a Nairobi. - Ben Curtis, Ap/AnsaLa foto cha ha fatto aprire l’inchiesta sulle violenze della polizia keniana, scattata il 16 maggio 2016 a Nairobi. - Ben Curtis, Ap/Ansa
La foto cha ha fatto aprire l’inchiesta sulle violenze della polizia keniana, scattata il 16 maggio 2016 a Nairobi. - Ben Curtis, Ap/Ansa
La foto cha ha fatto aprire l’inchiesta sulle violenze della polizia keniana, scattata il 16 maggio 2016 a Nairobi. (Ben Curtis, Ap/Ansa)
Manifestanti scappano dai lacrimogeni della polizia, durante le proteste a Nairobi, in Kenya, il 16 maggio 2016. - Ben Curtis, Ap/AnsaL’uomo della foto è stato inizialmente dichiarato morto, mentre più tardi la radio nazionale ha dato la notizia che è ancora vivo. Si tratta di Boniface Manono, 36 anni, e vive nella baraccopoli di Kibera. Manono ha raccontato di aver provato a fuggire, ma quando è inciampato i poliziotti hanno cominciato a colpirlo mentre era steso a terra. Ha ricevuto otto colpi finché il bastone si è spezzato. In quel momento sono arrivati altre due poliziotti e hanno continuato a colpirlo. Poi un agente è intervenuto e ha fermato le violenze.
Il 23 maggio i keniani sono tornati in piazza in diverse città del paese. I manifestanti, guidati dal leader dell’opposizione Raila Odinga, accusano i componenti della Independent electoral and boundaries commission (Iebc) di non essere imparziali. Odinga sostiene che la Iebc sia favorevole al presidente Uhuru Kenyatta e che non possa quindi garantire l’equità alle prossime elezioni.
Manifestanti scappano dai lacrimogeni della polizia, durante le proteste a Nairobi, in Kenya, il 16 maggio 2016. (Ben Curtis, Ap/Ansa)
Durante gli scontri in Kenya sono morte almeno tre persone. Due sono morte a Siaya, nell’ovest del paese, dove gli agenti in tenuta antisommossa hanno dichiarato di aver sparato per legittima difesa. Nella vicina Kisumu una persona è morta per un trauma cranico cadendo mentre fuggiva dai gas lacrimogeni sparati dalla polizia.


Questo è uno degli esempi di articoli di giornale riguardo notizie in Africa – Kenya -, ma ce ne sono tantissimi altri localizzati in Europa come a Parigi, Svizzera, Milano ed anche in America Latina.
Tornando alla mia breve esperienza keniota di questi primi dieci mesi, mi vengono in mente molte situazioni violente a cui ho assistito e ne sono stata parte.
Questo pensiero ha iniziato a prender piede nel mese di Marzo appena prima di partire per le vacanze in Tanzania e Zanzibar con due amiche; ho iniziato ad interrogarmi sul fare servizio: sul ricevere e sul dare gratuitamente, ma fino a quando ci si annulla? Come si fa a porre un limite al dare/darsi? Quando bisogna pensare solo a se stessi? E tante altre domande…
Arrivata a Zanzibar mi sono detta: “Basta pensieri, voglio solo farmi coccolare dal mare cristallino, dai coralli, dalla sabbia bianchissima e dal silenzio che regna!”.  
E … invece No!
Sono rimasta colpita da alcune scene piuttosto limpide di turismo sessuale (anche tra bianchi/bianche che vanno in terra africana per lavori nel sociale) e sono stata “scavallata” (termine tecnico suggerito dal fratello) della mia borsetta di ritorno al campeggio dal ristorantino di una Mama molto gentile.
Tornata a Nairobi dopo le ferie, ho incontrato un amico e ho cercato di godermi un fine-settimana di svago.
E … invece No!
Mi sono fatta spiegare il motivo del suo viaggio in Kenya e mi ha raccontato dell’ultimo rinoceronte bianco sulla terra e di come viene protetto; alla fine del suo racconto però il focus era completamente cambiato: il gruppo di guardie che protegge ogni giorno quest’animale ha ucciso a sangue freddo durante la notte un gruppo di bracconieri che aveva cercato di entrare nell’area protetta.
Qui un link piacevole e allo stesso tempo interessante da leggere:

A contrasto di tutto ciò, hanno iniziato a venirmi alcuni dubbi sull’uomo bianco, sulla colonizzazione, su come il popolo bianco ha sottomesso in maniera violenta quello nero e di come il passato si ripercuote sul presente.
A gennaio ho scritto in un post in cui raccontavo che uscendo da casa vedevo di continuo genitori che accompagnavano i propri figli a scuola, portando loro la cartella e la mattina quando ho la possibilità e voglio iniziare con carica positiva la giornata cerco di uscire alle 7.30 così da vedere questa scena.
E … Sì!
Quest’immagine rimane impressa nella mia mente e mi trasmette energia, mi stampa letteralmente un sorriso sulla faccia.
Dopo circa dieci mesi che vivo a Nairobi, o comunque nella sua periferia, è raro che mi accorga di coppie, giovani, adulti o anziani, che si tengano per mano o mostrino dei gesti di affetto in pubblico.
E … Sì!
Mi succede a volte di vedere molto più spesso due ragazzi giovani camminare mano nella mano oppure uomini adulti aprire la porta alla donna che lo accompagna o farla salire prima sul matatu. Questo mi ricorda i momenti di felicità tra le coppie della mia famiglia: le carezze tra i miei nonni, i baci tra i miei genitori e soprattutto la relazione con il mio ragazzo, che mi manca.
Insomma, molto probabilmente, non è d’usanza della cultura keniota fare regali.
E … Sì!
Io ne ho ricevuti ben due di numero!!! Il primo (la mia prima sottogonna bianca rifinita con pizzo) l’ho ricevuto come regalo a sorpresa da una Mama, ovvero dall’house-mother di Kibiko, una comunità vicino a Nairobi che ospita ex-bambini di strada provenienti dallo slum di Korogocho. Il secondo (un mazzo di 15/20 rose colorate) me lo ha donato una coppia in una stradina del centro città senza un motivo preciso.
Senza doverlo dire: ho ricevuto due regali bellissimi, è vero anche che mi accontento con poco ma è stato fantastico veramente ricevere da quasi sconosciuti un qualcosa per me stessa, anche per valorizzare il mio essere femmina e donna, cosa che a Cafasso tralascio un po’.


P.S. Era da un po’di tempo che continuavo a dirmi e a dire: devo ri-iniziare a scrivere sul blog, ma…blocco della scrittrice?!? Connessione internet?!? Poca voglia?!? Mancanza di tempo?!?…
Bah, vedetela un po’ come volete
J
Ora mi fido dei Cantieristi che in sette potranno scrivere molto più di me e Gianlu messi insieme!!!

1 commento:

  1. "...soprattutto cerchiamo di accettare questo deserto della fede e dell'amore, in questa povera terra assetata di tenerezza più che di pane; questo deserto autentico non solo di sabbia, sole e cammelli, di incapacità o di assenza di amore, di solitudine spirituale, di mancanza di ogni rispetto per la dignità dell'uomo africano da parte dei bianchi.
    La piaga dell'Africa è l'assenza di amore".
    - Lettere dal Kenya, Annalena Tonelli 1969-1985 pag. 107

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