domenica 25 dicembre 2011
Krismasi Njema!
noi qui ci apprestiamo a festeggiare alla maniera Kenyana, che poi tanto diversa da quella italiana non è....
venerdì 16 dicembre 2011
TUKO PAMOJA DAY
Abbiamo discusso, contrattato, ricontrattato, riricontrattato perchè tutto venisse come lo volevamo.
Abbiamo voluto che tutti fossero trattati come ospiti, anche se prigionieri in un carcere, girando in tondo tutto il giorno nel tentativo di regalare un sorriso a tutti i presenti.
Abbiamo servito buon cibo e sode.
Abbiamo proposto intrattenimenti: danze, acrobati, speeches.
Abbiamo giocato (ahimè, le nostre squadre hanno perso) e fatto da allenatori (ahimè, le nostre squadre hanno perso).
E' stata la nostra festa, uno degli ultimi regali ai ragazzi della Cafasso, che amano giocare e raramente hanno la possibilità di organizzare e partecipare a eventi simili.
Un regalo anche per i ragazzi del YCTC, che hanno accompagnato questo nostro anno e che a cui sono affezionata quanto i ragazzi della comunità.
Un regalo anche ai prigionieri della Medium Prison, che indirettamente hanno partecipato a questa esperienza, incontrati tutti i giorni in giro per il compound, salutati come amici e vicini.
Tutti si sono divertiti, tutti hanno apprezzato il nostro gesto. Oggi ci hanno persino fatto entrare in Maximum prison senza controlli e permessi, perchè noi siamo quelli che hanno organizzato il torneo.
Quindi, una volta tanto, caro Lele, ci faccio un applauso per quello che siamo riusciti a fare e per i risultati ottenuti, ora che raccogliamo i frutti del nostro duro lavoro. Una volta tanto non ti prendo in giro e metto solo una nostra bella foto insieme! (una delle poche)
martedì 13 dicembre 2011
HUMAN RIGHTS DAY 10-12-2011
lunedì 5 dicembre 2011
Scattato il cantiere, categoria "Il senso"
1° classificata
"1975-1990", di Camilla Pienzi (Libano)
2° classificata
"camminare", di Daniela Galimberti (Kenya)
3° classificata
"Una lettera a Santa Rosa non può essere l'ultima speranza", di Carolina Radice (Perù)
martedì 29 novembre 2011
SCUSATE.....E' PERMESSO?!??!
Metà ottobre... la sveglia suona alle 4.15... fuori un po' di foschia, l'aria è freschetta e la luce dei lampioni illumina la strada...voglia di alzarsi...ZERO!!!
Ci tocca però... l'ufficio Immigrazione di Milano ci aspetta! E già... dopo qualche mesetto buono a rincorrere un visto d'ingresso per sposarsi, mia moglie, (mamma che effetto fa nel dirlo...non sono ancora abituato!!!), cittadina moldava, deve passare la prova finale.... PERMESSO DI SOGGIORNO!!!
3...2...1...Via!!! Si sale in macchina e alle 5.10 vediamo in lontananza l'ingresso...”Bella! Solo 3 persone davanti!!! Alziamo un po' la testa e ne vediamo altre 8... dormivano per terra.... Vabbè siamo i dodicesimi della lista ed iniziamo a metterci in fila. Chi gestisce il gruppo è probabilmente un egiziano, arrivato alle 4.00 per avere il numero 4!!! Si arma di carta e foglietto e scheda tutti....50...60..90....poi becca un pensionato napoletano e fa “Uè “Zio”, continua tu che vado al Bar”, risata generale e un interrogativo... “Chi era dei 2 il napoletano?!?!?”
Dietro di noi una vietnamita, quasi più italiana di me... è arrivata in Italia un anno dopo la mia nascita ma... “Che ci fai ancora all'Ufficio Immigrazione dopo 29 anni???”. Dice: “Devo rinnovare il timbro sul passaporto per poter viaggiare all'estero..”; ribatto “E per sta robetta devi venir qui alle 5.30???” lei sconsolata: “Mah...ieri son venuta alle 6.15 e non ero tra i primi 16...” Io: “16??...” lei: “E..ne fanno solo 16 al giorno...” Se ancora avevo dei dubbi mi convinco definitivamente che sarà una giornata che ricorderò per un bel pezzo....
Sono quasi le 7.00 dietro di noi un centinaio di persone almeno; qualcuno prova a fare il furbo ma il “controllore egiziano” interviene, scatta un mezzo parapiglia tra ucraini, egiziani, peruviani, russi, nigeriani....con napoletano (lo “Zio”) e il milanese (eccomi qua) a far da paciere....insomma “un bel burdèl...”. Quando tutto sembra calmo si aprono i cancelli...qualche spinta ma la fila è regolare, prendiamo il bigliettino stile macellaio e saliamo la rampa...riusciamo a sederci davanti alle 4 postazioni stile “posta anni 70”... quando ci siamo tutti... via le luci!!! Aspettando che il sole si alzi... e che alle 8.00 inizino a lavorare...
Si vede qualcuno verso le 8.10.... Alle 8.20 si inizia al grido “Numero 1!!!!” Il numeratore non funziona!!!!.... Quattro postazioni una di fianco all'altra.... oltre cento persone ammassate per sentire da dietro il vetro una vocina che chiama il tuo numero..... penso: “Guarda un po' quanto tempo e risorse si perdono in certi paesi per spiegare alle persone che migrare non è la soluzione migliore...basterebbe girare un video una mattina qualsiasi da queste parti e farlo vedere...”
Alle 9.15 chiamano il nostro numero! Siamo preparatissimi, anticipiamo le mosse del funzionario che ci sta davanti, abbiamo portato tutto, scrupolosi fino al midollo tanto che alla fine ci restituisce dei documenti dicendo: “Tanto questi non li porta mai nessuno....”. Facciamo un errore.... Azzz... chiediamo un informazione... Ri-Azzz.....per la boiata di risposta che ci ha dato siamo ancora in ballo adesso...STR-AZZZZ!!!!!
Alla fine ci dice: “ Andate a fare le impronte digitali e tornate fra un paio d'ore”. Giù di corsa a fare le impronte, e scopriamo che eccezionalmente non c'è fila e dopo aver “improntato” tutti e dieci i polpastrelli andiamo a fare finalmente colazione.
E' già ora di rientrare.... la fila è andata avanti ma non troppo... la ragazza vietnamita è sempre li...in attesa di quel timbro da rinnovare.....
Adesso in fila c'è una “nonnina” islamica che col “burka” non è però riconoscibile... Qualche attimo di concitazione e questa povera donna viene obbligata davanti a tutta la platea a togliere il velo che le copre il capo... senza parole.... a parte un italiano che rivolto al funzionario fa: “Che paese di M....!!!”. La donna viene finalmente riconosciuta... e, piena di vergogna, inizia a ricoprirsi in fretta...
Conosciamo una donna peruviana davanti a noi... sta lavorando a maglia... sembra un esperta del posto e quindi le chiediamo qualche informazione... è in Italia da ormai una decina di anni.. inizio difficile, poco lavoro, poi ha conosciuto un italiano, un nuovo amore e le cose che piano piano cambiano...in Perù un figlio di 16 anni che dopo tanti anni è tornato dalla mamma ed è li insieme a lei per il ricongiungimento... non parla italiano sembra un po' impaurito dalla situazione... non mi sembra avere l'aria felice di essere in quel posto ma perlomeno è tornato con la mamma...
Arriva poi una brasiliana, alta, non troppo vestita, magrissima, occhi rossissimi, faccia impastata, capelli in disordine, nervosa, nervosa e.... NERVOSAAA!!! Assieme a lui un italiano di mezza età, orologione, impomatato e ingioiellato.....mah... speriamo bene......
Driiiinnnn.... ci chiamano!!! Ci destreggiamo nella massa, arriviamo allo sportello ed eccolo lì bello come il sole...il PERMESSO DI SOGGIORNO!!! Siamo meravigliati di tanta velocità e chiediamo se è tutto a posto, se non dobbiamo fare più niente... Ed era proprio così alle 11.15 potevamo già tornarcene a casa. Chi l'avrebbe mai detto?!?! Finalmente una buona notizia!
Ci giriamo...dietro di noi lo stanzone è ancora pieno, voltiamo lo sguardo e la ragazza vietnamita è ancora li... ha il numero 14 e sono al 7.... la salutiamo e ci sorride... chissà se la prossima volta che dovrà rinnovare quel timbraccio dovrà stare in ballo ancora 2 giorni...
Mentre usciamo 2 sensazioni..... la prima è di liberazione, insomma dopo 5 mesi di documenti, procedure inventate, strade fatte a vuoto e incazzature sparse finalmente la mia dolce metà potrà stare regolarmente nel “bel paese” per 5 anni.... la seconda è di una profonda tristezza per chi straniero, in un paese straniero, circondato da persone straniere che parlano una lingua straniera si trova costretto ad affrontare delle situazioni da paese in via di “involuzione”....
E io che sorridevo quando, per avere il permesso di soggiorno in Moldova, mi dovevo mettere a cantare davanti allo psicologo “Italiano vero”....vero si... ma a volte mica tanto contento di esserlo...
Stefano – ex SCE Moldova
P.s. Mamma mia che bella sensazione tornare a scrivere sul Blog degli SCE, perciò grazie per avermi concesso questa opportunità e in bocca al lupo a tutti voi, in giro per il mondo, per l'ultima parte della vostra bellissima esperienza!!!
venerdì 11 novembre 2011
Scatta il cantiere, categoria "Foto libere"
1° classificata
"Per un alito sempre profumato", di Alice Cognetto (Thailandia)
2° classificata
"Una roccia d'uomo", di Camilla Pienzi (Libano)
3° classificata
"Cars", di Emanuele Arosio (Kenya)
lunedì 7 novembre 2011
Ora vi racconto una storia
Parlano di quattro vittime, una sembra avere 15 anni..tremo, non posso non pensare a mia sorella; ma ecco un video: quella e’ casa di mia zia.. chiamo, il cellulare non prende, allora provo a casa. Il primo tentativo va a vuoto (lo “Tsunami” ora e’ nella mia testa), ritento e finalmente una voce tentennante: “Etta sto bene, me la sono scampata per un pelo”.
L’impotenza che provi è pari ai chilometri che ti separano dai tuoi luoghi, ma quel pandemonio lo stai osservando in direttissima, perchè i registi sono le stesse persone che si trovano al centro
lunedì 24 ottobre 2011
Siamo passati di lì due giorni fa...
Il problema del Kenya è la Somalia: la Somalia non ha un vero governo dal 1991, ma un agglomerato di regioni controllate dai signori della guerra o da corti islamiche, e il governo transitorio (istituito nel 2004) non controlla neanche Mogadisho. La capitale e il sud del paese sono controllati infatti da un gruppo di fondamentalisti islamici chiamati Al Shabaab, affiliati ad Al Quaeda. Le numerose incursioni dei terroristi nel territorio keniano mettono in crisi per l'ultima volta la celeberrima diplomazia dei vicini il mese scorso: due operatrici spagnole di Medici Senza Frontiere vengono rapite a Daadab, il campo profughi più grande del mondo, mentre altre due turiste europee vengono rapite su un'isola paradiso del turismo ("X"rossa nella foto), e il marito di una delle due viene ucciso. Il 16 ottobre le truppe keniane penetrano nel territorio somalo (freccia rossa nella foto). Due giorni dopo il Daily Nation (testata kenyana) scrive che i rapimenti hanno portato un “ major blow to the tourism industry “, il Kenya che “safley host tourists and one of the world's largest aid communities” ha secondo le ambascerie occidentali il diritto di perseguire i rapitori, ed al tempo stesso la coscienza che ciò farà del paese un obiettivo dei terroristi...
“Non entrate nel nostro territorio, voi avete grattacieli e ricchezza, noi caos, vi colpiremo nel cuore dei vostri interessi”:questa la minaccia di uno dei portavoce di Al Shabaab. Detto fatto: tra domenica e lunedì due granate sono state lanciate sulla folla a Nairobi, una in un pub, una alla stazione dei pullman ( foto sotto), causando 32 feriti ed un morto. Gli Usa stanno appoggiando logisticamente il Kenya in questa sfida, non si sa quanto pianificata, al terrorismo, e avevano previsto gli attacchi: ora la polizia keniana ha diramato tramite sms i nomi dei luoghi più “caldi”: vie, ristoranti, pub, una decina in tutto. I due attentati non sono ancora stati rivendicati, e a dire il vero anche l'anno scorso dei lanci di granate analoghi si sono verificati a Nairobi, ma forse la prima discesa in campo dell'esercito keniano ha sortito delle conseguenze che non erano state previste, addirittura oggi l'Igad (organizzazione politica commerciale dei paesi del corno d'Africa) ipotizza lo spostamento dei rifugiati di Daadab (500.000 somali) in altri stati, perchè la situazione non è più sicura...
Siamo passati di lì due giorni fa...
Scatta il cantiere, categoria "Attività"
1° classificata
In una bolla di sapone, di Alice Moroni (Moldova) |
2° classificata
Scende la pioggia ma che fà, di Lorenzo Raineri (Thailandia)
|
3° classificata
Tre, due uno via, di Francesca Montanari (Kenya) |
mercoledì 19 ottobre 2011
Scatta il cantiere, categoria "Contesto"
1° classificata
Ballo Tinku, di Elena Caramella (Bolivia)
2° classificata
All'ombra dell'ultimo sole , di Camilla Pienzi (Libano)
3° classificata
Chapare, di Sabrina Grasso (Bolivia)
martedì 18 ottobre 2011
In una stanza sconosciuta
C’è sempre un momento in cui un
viaggio comincia davvero. A volte capita quando si esce di casa, ma altre volte
è molto lontano da lì.
Tre storie, tre racconti, tre momenti diversi della vita della stessa persona. L’amicizia, l’amore, la morte. Le tappe fondamentali della crescita di un uomo vissute e raccontate attraverso il viaggio.
In “In una stanza sconosciuta” il viaggio non è strumento di conoscenza dell’altro che si visita, che si percorre, che si incontra, ma è soprattutto conoscenza di sé proprio grazie all’incontro con altri esseri umani. Le descrizioni dei paesaggi, delle culture e delle società che il protagonista incontra percorrendo diversi paesi (Zimbabwe, Inghilterra, Svizzera, India) sono del tutto assenti: uno sfondo sfuocato sul quale invece si tratteggia con cura e precisione la descrizione dei rapporti e delle relazioni. Molto dell’esperienza che il protagonista fa nel corso dei suoi tre viaggi è conseguenza diretta della relazione che egli instaura con i compagni di viaggio che per caso o per scelta lo accompagnano. La ricchezza del libro sta proprio nell’analisi dei rapporti umani, nello studio delle reazioni del protagonista di fronte ai personaggi che gli ruotano attorno. È infatti il confronto con i suoi compagni di viaggio che gli permette di studiarsi, di interrogarsi e di conoscersi.
Raccontando tre viaggi diversi in tre momenti cronologicamente diversi si narra l’evoluzione e la crescita sofferta di un giovane ragazzo, che viaggiando si fa uomo.
Il viaggio detiene, nel bene e nel male, un potere catartico al quale il protagonista non rinuncia neppure quando è diventato ormai adulto. Gli permette di situarsi in uno spazio diverso da quello della quotidianità, uno spazio nel quale l’intensità dei momenti che vive gli garantisce la lucidità necessaria per analizzarsi.
Allo sconosciuto incontrato su un treno e all’ignoto che accoglie entrando nelle caotiche strade di una città africana è lasciato il compito di stimolare e di intensificare l’esistenza. Gli incontri che il protagonista fa durante i suoi tre viaggi spesso si rivelano più significativi del paese che sta
attraversando.
Non ci troviamo, infatti, di fronte a un racconto di viaggio, alla descrizione di un universo altro dal nostro. Bensì ci troviamo di fronte all’evoluzione di uno stesso uomo che, prima “seguace”, poi “amante” e infine “guardiano”, definisce se stesso e si confronta con i suoi limiti, i suoi fallimenti e le sue delusioni. Il passaggio continuo dalla prima alla terza persona si rivela efficace per rendere il lettore partecipe del dislocamento vissuto dal protagonista. Un dislocamento che non è appunto solo geografico, ma soprattutto interiore. Come se, nei momenti di disequilibrio e di perdita di punti di riferimento, al viaggio e a tutto ciò che il viaggio racchiude in sé venisse affidato il compito di ristabilire un ordine. Il protagonista sente l’esigenza di partire e di rimettersi sulla strada come un imperativo che, per quanto doloroso e terrorizzante, rappresenta l’unico modo di confrontarsi a fondo con se stesso grazie all’intensità e all’energia regalate dall’esperienza del viaggio.
Olivia
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lunedì 17 ottobre 2011
Vita
Nelle ultime settimane a Lamu è stato ucciso un inglese e rapita la moglie, dopo pochi giorni un francese è scomparso nell'isola di fronte. Questa settimana due donne spagnole sono state rapite poco lontane dal campo profughi di Dadaab, dove lavoravano per Medici senza frontiere. Negli ultimi mesi, passati inosservati dalla stampa, altri civili kenyani e due militari sono stati rapiti.
Queste azioni sono a carico di una cellula di Al-Qaeda chiamata Al-Shabaab.
L'esercito Kenyano è entrato nel territorio Somalo per 100 km alla ricerca dei rapiti e degli estremisti di Al-Shabaab , per garantire una "zona tampone" e evitare ulteriori attacchi sul territorio kenyano. L'aeronautica e la marina militare sono pronte ad intervenire in caso di bisogno.
Il ministro della sicurezza ha dichiarato: "Non si può più tollerare questa situazione e ciò vuol dire che d'ora i poi dovremo perseguire i nostri nemici, ossia gli islamisti somali shebab, ovunque essi siano, anche nel loro Paese"
La risposta di Al-Shabaab non si è fatta attendere: la vita di migliaia di kenyani sarà in pericolo se il governo continuerà questa azione militare sul territorio somalo. ''Il Kenya ha violato i diritti territoriali della Somalia entrando nella nostra terra santa, ma vi assicuro che se ne andranno delusi. I combattenti li obbligheranno ad affrontare la prova delle pallottole'', ha detto ai giornalisti un capo shabaab Sheikh Hassan Turki
Non so se i telegiornali italiani ne parlano, ma se qualcuno fosse interessato, questo è il sito del Daily Nation.
http://www.nation.co.ke/News/politics/-/1064/1256998/-/item/0/-/adyjpxz/-/index.html
martedì 11 ottobre 2011
PENSIERI SPARSISSIMI -gocce nei punti di domanda-
"Circa 820.000 case sono state distrutte o gravemente danneggiate nelle province più colpite dalle piogge, che si trovano nel centro-sud del paese. Le autorità thailandesi hanno detto che otto milioni di persone – su 60 milioni di abitanti – sono state coinvolte nelle alluvioni e nelle frane a partire da luglio, e che un milione di ettari di terreni agricoli è stato danneggiato"
(da il post: http://www.ilpost.it/2011/10/10/alluvioni-cambogia-thailandia/)
devo sentire i ragazzi thai!
a noi è andata più che bene col clima (sennò mia madre chi la sentiva..)
su google maps Ayutthaya e Ranong non sembrano poi così lontane (tra l'altro anche lì le previsioni non sono affatto buone)...
la Thailandia è un pò come casa adesso
come si sentiranno le persone che hanno perso la casa, gli amici, i figli, i genitori....tutto. oddio mi viene il panico, la tristezza fortissima se solo ci penso!
il 2012 il mondo finirà davvero? sembra che i segnali ci siano già. dovremmo renderci conto di così tante cose!
cosa possiamo fare?? cosa posso fare?? ...facciamo qualcosa??!!!!!!
Ginestra
lunedì 10 ottobre 2011
Una strada che divide la Bolivia
Gli scontri sono stati molto forti e la polizia è arrivata a bloccare la marcia il 25 di settembre così che il malcontento nei confronti di Morales è aumentato ancora di più: le popolazioni indigene non si sentono più rappresentate e questa iniziativa ha finalmente fatto cadere la maschera ambientalista e indigenista del presindente. Circa mille dei dimostranti sono stati fermati e dispersi violentemente con gas lacrimogeni e cariche della polizia nonostante fosse una marcia pacifica e tra i dimostranti ci fossero anche bambini e donne incinte.
Dall’altra parte, a favore della costruzione dell’autostrada ci sono ovviamente pesanti interessi economici, del Brasile in primis. Il Brasile in particolare sostiene l’opera con l’80% dell’investimento , in quanto ha bisogno di uno sbocco sull’Oceano Pacifico per esportare i propri prodotti verso i mercati dell’est asiatico, per non parlare dei coltivatori e trafficanti di cocaina che avrebbero un’importante e comoda via di comunicazione per i loro commerci.
Il presidente Morales ha riassunto il tutto dicendo che sarà una opportunità di sviluppo per la regione e per tutta la Bolivia, tralasciando di parlare delle pressioni economiche esercitate dal Brasile.
Scatta il cantiere, categoria "Primi Piani"
Tra tutte la giuria ha selezionato le seguenti:
1° classificata
Muso giallo, di Lorenzo Raineri (Thailandia)
2° classificata
Don't cry, di Daniela Galimberti (Kenya)
3° classificata
Quando basta uno sguardo, di Laura Fratalocchi (Palermo)
Corso di sopravvivenza casalinga
Soggiorno |
camera mia |
lunedì 3 ottobre 2011
Paese che vai, animale che trovi...
Si dice che la Moldova sia il paese delle cicogne: in primavera, infatti, i villaggi sono pieni di nidi, c’è chi pratica il birdwatching, le leggende narrano che se si vede una coppia di questo animale appollaiata sul nido ci si sposi entro l’anno.
Molte case vinicole riportano sulla bottiglia il disegno di una cicogna che porta nel becco un grappolo d’uva; vi è perfino un tipo di cognac chiamato “la cicogna bianca”.
Quando però si tratta di portare i bebè nel becco, le cicogne moldave non se la passano molto bene, e la loro vita ricorda un po’ il corto della Pixar. Con l’aggiunta che qui, spesso, non vi è il lieto fine.
Si stima infatti che annualmente vengano abbandonati 400 bambini sotto i 6 anni, e che a fronte dei circa 40 000 bambini nati nel 2009, siano stati effettuati più di 14 500 aborti legali.
Diaconia, in collaborazione con Caritas Ambrosiana, ha recentemente aperto il centro maternale “In braccio alla mamma”. Il centro, in un paese dove 1 donna su 3 subisce violenza in famiglia, si preoccupa di accogliere ragazze sole con i loro bambini, insegnando loro come gestire il rapporto con il figlio e cercando di inserirle nel mondo lavorativo. Attualmente, tra le ospiti, vi è una ragazza di 16 anni. Rimasta incinta in seguito ad abuso, è stata abbandonata dalla famiglia per vergogna.
Oggi è nata la sua bambina. In bocca al lupo a lei, alla sua mamma ed al neo-nato centro maternale. Non alle cicogne!
sabato 1 ottobre 2011
Kenya (che fantasia che ho, nè?)
Lamu con le sue spiaggie e le sue barche a vela... |
Lamu con il suo paesino medievale e i suoi asinelli |
Malindi e il suo mare dalle spiaggie bianche |
La depressione di Marafa, vicino a Malindi, chiamata La cucina del diavolo |
Maralal e il suo paesaggio da copertina |
Maralal e i suoi campi interminabili |
Nairobi, la capitale, che si allarga sempre di più a nord, ma lascia intatto un parco nazionale a sud |
Tamugh, villaggio Pokot, immerso nelle montagne e di cui ho parlato in un vecchio post... |
lunedì 26 settembre 2011
Lossapevate???
Già, come diceva Vulvia, l'immortale presentatrice di Rieducational Channel interpretata dal grande Corrado Guzzanti, Lossapevate???
I luoghi comuni si sa, abbondano sempre, e quindi sono poco utili eventuali commenti a questo post che sciorinino frasi fatte del tipo gli esami non finiscono mai, non si finisce mai di imparare, le lingue sono importanti e via dicendo.
Già, proprio le lingue. Effettivamente nell'era della comunicazione globale, di internet e dei viaggi istantanei c'è il rischio, come diceva Totò, che le lingue si ingarbuglino. Per questo è importante studiare l'inglese, che molti dicono è il latino della nostra epoca, ma anche le altre lingue post-coloniali come francese e spagnolo, o quelle più esotiche come arabo, russo, cinese, giapponese e chi più ne ha più ne metta.
Prima di tutto ciò però, vi consiglio di andare a rivedere l'italiano, adesso che io lo devo fare per preparare le lezioni della lingua di Dante qui in Giordania come parte del mio Servizio Civile. E quali incredibili segreti che si scoprono, regole grammaticali di cui ignoravo totalmente l'esistenza, e che infatti spesso violavo con la stessa sistematicità con cui i nostri governanti violano i codici della giustizia e del pudore.
Adesso senza fare un lungo elenco delle strabilianti regole della lingua italiana in cui mi sono imbattuto, invito ad alzare la mano chi di voi sa rispondere a questa domanda, ovviamente senza leggere la soluzione al quesito che riporto sotto:
In che occasione si usa l'articolo indeterminativo maschile "Un" e in quale l'altro indeterminativo maschile "Uno"????
..............................
.......................................
....................................
Non ne avete alcuna idea, vero???
Ecco la Risposta:
Si usa "Uno" in quattro occasioni:
A) Quando il sostantivo specificato dall'articolo comincia con s+consonante. (Es. Uno studente).
B) Quando il sostantivo specificato comincia con z. (Es. Uno zaino).
C) Quando il sostantivo specificato comincia con p+s. (Es. Uno psicologo).
D) Quando il sostantivo specificato comincia con y. (Es. Uno yoghurt, o anche uno Yuri, se volete degradarmi al ruolo di oggetto).
Nelle restanti situazioni, si usa "Un"
E adesso provate a dirmi che lossapevate.
sabato 24 settembre 2011
Questione di … classe
Frenata. Davanti a noi c’è un autobus fermo. Non riesce a girare perché c’è una macchina che impedisce il passaggio. È una situazione assurda, perché basterebbe che uno dei due mezzi faccia un minimo di retro e già si sarebbe risolto l’ ingorgo. Ma nessuno si muove.
La signora di fianco a me spiega: “Questione di principio”.
Passano venti minuti. Nessuno scende dal mezzo. Si gridano l’ un l’ altro a vicenda, aspettando l’ arrivo della polizia. Il rumore dei clacson delle auto, che nel frattempo hanno formato una lunga coda, è assordante. C’è ancora tutto lo spazio necessario alla manovra, per entrambi i mezzi.
Arriva la polizia. Un agente si avvicina al bus, poi all’ auto. L’ autista dell’ autobus, senza dire nulla, fa retromarcia e lascia passare l’ auto. Il poliziotto si avvicina al finestrino della trece e spiega al nostro autista che il signore dell’ auto è uno “de alto grado”.
L’ auto mi passa a fianco. Il signore ha un volto serio e deciso. Al suo fianco una bambina spiaccicata al finestrino guarda gli autobus e le macchine ormai in silenzio.
La signora di fianco a me sospira: “Questione di classe”.
mercoledì 21 settembre 2011
VUOTO
Un mese fa, a quest'ora mi chiedevo chi me l'aveva fatto fare di partire. Sola. Con 8 estranei, dall'altra parte di un mondo sconosciuto.
Un mese dopo, il mio orologio segna le 7:09 am, ora thai.
E mi immagino che fra poco la sveglia suona. Che ci ritroviamo a quel tavolo lungo a mangiare marmellata. Che mi giro e c'è cotoletta. Che mi sorridete e mi date il buon giorno più dolce della mia esistenza.
Mi immagino che tra poche ore padre father ci da un foglio bianco e ci dice: scrivete o disegnate quello che avete provato finora. E mi vedo rientrare a testa bassa in quella stanza con un foglio vuoto, trattenuta nellE mie prigioni.
Mi vedo timida piangere e mi dico che non posso sopportare tutto questo. Non posso vedere quei bambini ai quali un'onda maledetta ha rubato un futuro. Non posso credere che qualcuno non potrà camminare per tutta la vita, senza poter far niente. Non ho il diritto, io, di entrare in quelle baracche costruite con tanta fatica e umiltà.
Ma poi, quegli 8 sconosciuti, ti asciugano le lacrime. Allora capisci che sono angeli, che ti insegnano che non è giusto solo soffrire. Che non aiuti qualcuno piangendo ma tirando fuori il sorriso, la forza, la fantasia e la voglia di amore.
Allora li vedi lì, con le facce colorate che si divertono a far ridere i bambini. Sono meravigliosi pagliacci buffi che hanno saputo dare speranza e allegria a vite meravigliose. Ce l'hanno fatta..
E allora, mentre tutti di notte dormono, ti trovi lì. sotto un cielo immenso e rumoroso. A imparare a creare la felicità, a imparare a sentirti libero di essere felice anche tu, senza sentirti in colpa perchè non sei nato lì.
E allora, quando lanci una stella in cielo, scrivi su un bigliettino che per la prima volta ti senti di amare la vita.
Che la vita è bella e che esistono tante persone buone.
Quando poi torni, in una città che senti straniera, ti senti vuota. Stai per ore a fissare il vuoto e sei solo felice di avere un ricordo splendido a cui continuare a pensare.
E quando al lavoro, ti chiudono in ufficio dicendoti che ti fanno un contratto di quattro anni, non fai una piega e ti immagini ancora lì. Pensi solo che puoi permetterti, senza chiedere niente a nessuno, di mandare ogni mese qualcosina di faticato per sostenere un progetto che crea futuro.
Alice, un mese fa avresti fatto i salti di gioia. Hai detto bene, un mese fa. Allora non credevo in nulla ed ero soltanto una stupida farang che pensava di poter immaginare la povertà. L'ho capito quando tornavo a casa che puzzavo di piscia e mi dispiaceva lavarmi. Allora non avrei mai scritto sotto il disegno di un tramonto a pastelli. Allora non pensavo che avrebbero cullato il mio cuore tra piccole e fragili manine. E di certo non pensavo che quegli 8 iniziali sconosciuti mi sarebbero mancati come una famiglia.
Alice
martedì 20 settembre 2011
CERCANDO NUOVI OCCHI. GRAZIE.
Ciao mamma!
Sapessi cosa ho visto in questi giorni!!
Ho visto un gruppo di farang [occidentali] a piedi scalzi (mi sembravano un pò goffi a volte), agitavano mani, facevano facce buffe, avevano il nostro borotalco sulla faccia.
Ammetto di essermi divertito guardandoli. Era una cosa del tutto nuova, del tutto inaspettata. Ma, forse l'ho imparato da te e sicuramente dalla vita, le cose inaspettate sono sempre le più belle (o le più brutte -come è successo con lo tsunami... ma siamo ancora qui e qualcosa vorrà pur dire!-).
Un pomeriggio questi ragazzi si son travestiti da quelli che fanno ridere, ci han fatto giocare a dei giochi nuovi. Mi hanno raccontato che una mattina sono andati "a caccia" di vongole e conchiglie e poi han cucinato per tutti una pasta strana, piantato i nostri manghi sprofondando nella nostra terra.
Leggevo nei loro occhi lo stupore di trovarsi di fronte all'oceano, di portercisi fare il bagno, giocare sotto le cascate, di guardare il nostro cielo. Chissà cosa avranno pensato alzando gli occhi alle stelle e alle nuvole! A me il mio cielo piace... mi fa andare lontano.
Io al tempio ci vado spesso ma i farang un monaco vero non lo avevano mai visto... saranno stati delle schiappe seduti cercando di non mostrare i piedi agli altri.
I farang sono stati anche a Ranong e da lì mezza giornata in Birmania: la traversata deve averli emozionati? Non lo so, a me i birmani non è che mi stiano tanto simpatici. Però cercherò di migliorare, ok?
Ciao mamma,
Se i farang mi fanno sorridere e star bene possono anche farlo i birmani che sono molto più vicini.
Ho visto come si impegna Father John anche per questo, è un farang davvero in gamba. Anche i farang mi sembra proprio si siano voluti impegnare nei nostri Learning Centres... anche se c'erano delle parole inglesi che sapevamo già -ma per cortesia è stato meglio non dirlo, magari si sarebbero offesi- è stato bello imparare con gente e modalità differenti.
E come mi ha fatto strano vederli con gli occhi luccicanti mentre cantavo per la tua festa, mamma. Forse si sono ricordati della loro casa e delle loro mamme, forse la nostra musica è davvero bella, forse pensavano alle nostre abitazioni che avevano visitato assieme agli infermieri del Camillian Centre, o non so. Può essere che li abbia guardati anche un pò strano.
Ciao mamma,sai che i farang si sono anche cimentati nel fare le nostre saponette e le nostre stelle di carta? Noi siamo più bravi però 5555 [corrisponde ad una risata stile ahahah]! Che gioia quando mi hanno preso in braccio, quando mi facevano le foto, quando hanno giocato con me e mi hanno permesso di saltargli addosso, Impari anche tu mamma?
Ho visto così tante cose mamma che penso di essere cresciuto un pò e di vedere la mia terra con occhi diversi.
Nonostante le mille difficoltà, lo stipendio che non basta, la sporcizia, l'immigrazione e tante altre cose –che penso si ritrovino un po’ ovunque- la Thailandia mi piace moltissimo: è verde, è accogliente, è piena di contrasti con piccoli tesori da scoprire giorno dopo giorno. Avere occhi nuovi, diversi dai tuoi, serve anche a questo: fa avere uno sguardo diverso sulla tua realtà.
Mamma, ho chiesto ad ognuno dei farang il proprio nome. Come suonavano diversi, tutti complicati, però vorrei provare a scriverli qui
FRANCESCA una delle persone più coinvolgenti che io abbia mai conosciuto..deve avere una visione delle cose davvero profonda, speciale. Traspare da ogni cosa che fa e che dice, non se ne vedono tutti i giorni persone e tanto meno farang così!
ALICE questa ragazza ha la faccia più comunicativa che io abbia visto... non parliamo la stessa lingua ma sentivo comunque il suo cuore vicino al mio. Ti pare poco?
PAOLO tanti braccialetti per le tante sfaccettature della sua persona: gioioso, divertente ed ironico ma anche sensibile e tenero, quello che (assieme a Lorenzo) si è messo più in gioco con noi.
FEDERICA la fragilità e la forza assieme. Deve avere davvero un cuore grande grande grande.
LORENZO quello con la macchina fotografica da paura… un buon fotografo deve avere un buon occhio. Per un buon occhio occorre una grande sensibilità. Detto questo, detto tutto!
GINESTRA mi è sembrata in perenne ricerca di qualcosa. Che l'abbia trovata proprio qui?
DANIELA una bomba di affetto esplosa nel nostro cielo in tanti piccoli fuochi d'artificio colorati!
VALENTINA una ragazza tanto tanto buona e disponibile, credo di aver imparato molto da lei. D’inglese e non.
MATTEO dai farang ho sentito una canzone che più o meno faceva così: lo chiamavano leader, metteva l’amore in ogni cosa (ha trovato così la chiave di volta).
Cara mamma,
i farang sono ormai partiti e sai che ti dico? Mi mancheranno da morire ed ho un po’ paura che si scordino di me o io di loro. Ma io resto, mamma, resto qui nella mia terra. Un giorno andrò io da loro e sarà come vivere di nuovo. Tutto.
-Jin
lunedì 19 settembre 2011
100% Nueva Bale
Il senso del mio cantiere è racchiuso tutto lì in quella secca risposta: un mese in cui dire che sono stata bene è poco... SONO STATA DIVINAMENTE!!! Il mio stato di grazia non è difficile da spiegare perchè si traduce in gesti semplici di una quotidianità che mi ha saputo donare una voglia di vivere tutto al 100% dedicando al sonno e al riposo solo le poche ore necessarie!!!
In Italia la sveglia inizia a suonare alle 7.15 e continuo a rimandarla fino alle 8 quando alzarsi dal letto è un obbligo altrimenti arrivo tardi in ufficio.
In Nicaragua suonava alle 6 e 10 secondi dopo ero in piedi!!! Solo chi mi conosce bene può capire che questo è un piccolo grande miracolo Nica!!!
A Milano: colazione fugace in solitudine.
A Nueva Vida: accensione Bale’s iPod per svegliare “dolcemente” la mia famiglia Nica, preparazione della colazione, 1…2…3 ENRICAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA… ok ci siamo tutti, colazione tranquilla e ricca di chiacchiere!
A Milano: acqua gelata per cercare di svegliarmi veramente.
A Nueva Vida: acqua fredda ma solo perché fa caldo e perché quella calda non esiste.
A Milano: piastra per dare un senso ai miei capelli, un po’ di trucco per apparire un minimo femminile e scelta di un abbigliamento che possa trasmettere un po’ di professionalità.
A Nueva Vida: sistemazione casuale dei capelli, gli stessi pantaloncini del giorno prima (tanto tempo 2 minuti saranno già sporchi) e maglietta scelta a caso tra le poche ancora pulite.
A Milano: chiusura della casa 1, apertura della casa 1 perché ho dimenticato il cellulare (come posso vivere senza?!), chiusura della casa 2, apertura della casa 2 perché ho dimenticato di prendere il sacchetto della pattumiera, chiusura della casa 3 (sicuramente ho dimenticato altro, ma ormai sono in ascensore e quindi pazienza!!!).
A Nueva Vida: ricerca chiavi di casa (perché io ero quella responsabile!!! Miracolo Nica anche questo!!!) chiusura porta (tanto non posso aver dimenticato niente visto che non mi serve nulla).
A Milano: 2 km, naturalmente in macchina, per arrivare in ufficio (una volta ci ho messo 30 minuti per arrivare e mia sorella mi ha superato a piedi :)) con educato scambio di opinione con chiunque osi non darmi la precedenza o tenti di rubarmi il parcheggio.
A Nueva Vida: 30 secondi, rigorosamente in infradito, per arrivare in ufficio con scambio di saluti e sorrisi con chiunque incontrassi.
A Milano: ricerca del badge nella borsa (che si nasconde sempre sto maledetto), sforzo incredibile per fare sorriso e un saluto che manifesti gioia ai miei poveri colleghi con cui ogni giorno condivido questa croce.
A Nueva Vida: Bueeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeenassssssssssssssssssssssss :)!!!
A Milano: accensione posto di “comando”, non si risponde al telefono prima della pausa caffè e poi si inizia a lavorare sperando che le 8 ore volino!!!
A Nueva Vida:si inizia a fare qualunque cosa sia necessaria in quel momento consapevole che la giornata passerà velocissimamente e mi ritroverò in un battibaleno sotto la doccia a lavar via dalla mia pelle la polvere, il sudore e la stanchezza accumulata durante la giornata. Tutto il resto invece è rimasto dentro di me senza che io me ne accorgessi!!!
A tutti coloro a cui sta balenando l’idea di fare una simile esperienza la prossima estate io dico: buttatevi!!! Come? Esattamente così.
Valentina
giovedì 15 settembre 2011
Il passato davanti a sé
Ognuno dei libri che ho letto in questo ultimo periodo mi ha aiutata nella comprensione dell’universo che mi circonda e come per magia le loro parole hanno acquistato un senso particolare nella tela di esperienze che sto tessendo.
Uno dei primi libri che ho letto una volta arrivata Kindu è stato “Il passato davanti a sé” di Gilbert Gatore, regalo di un’amica prima della tanto sperata partenza. Il primo paese africano in cui ho messo piede non è stato infatti la Repubblica Democratica del Congo, bensì il Ruanda anche se per un veloce passaggio. Ho avuto l’occasione di attraversarlo in auto e di poter osservare fugacemente questo piccolo paese ornato da mille colline. E così questo libro, che racconta un pezzo di storia del Ruanda, mi ha accompagnata in questo primo assaggio di Africa.
“Il passato davanti a sé” è un libro in cui il confine tra spazio onirico e spazio reale è incerto. Ma il contesto di riferimento del libro che ne è causa, ragione e fine in se stessa è un evento reale. Un evento umano, tragicamente e desolatamente umano: il genocidio della popolazione di etnia tutsi che ha avuto luogo in Ruanda nel 1994. È il racconto del tentativo di convivere con una tragedia di enormi proporzioni. Metaforicamente è il tentativo di convivere con la tragedia dell’essere creatura umana. Della convivenza di male e bene, dello sbiadito e confuso limite che talvolta impedisce all’uomo di oltrepassare ciò che è moralmente accettabile. Di momenti in cui il confine scompare e la follia diviene collettiva ce ne sono stati, ce ne sono e, malgrado tutto, sempre ce ne saranno nella storia dell’uomo. Nel 1994 in Ruanda la follia ha contagiato la stragrande maggioranza della popolazione e l’istinto di uccidere, di eliminare il diverso, l’altro, ha preso il sopravvento sulla capacità di giudizio. Di passaggio a Kigali mi è capitato di visitare il museo del genocidio. In una stanza esagonale sei nicchie accolgono, appese in file ordinate, le foto di alcune delle persone che sono state vittime di questa follia. La cifra esatta è incalcolabile, ma secondo stime ufficiali si aggirerebbe attorno agli 800.000 – 1.000.000. Ad un prete, testimone del massacro che ha avuto come teatro il Ruanda, è stato chiesto se la sua fede in Dio fosse stata minata dall’aver assistito ad un genocidio. “No, la mia fede in Dio è intatta. È la mia fede negli esseri umani che è andata distrutta per sempre”. Ed è forse la stessa impossibilità di recuperare la fiducia nell’essere umano che spinge Gatore a costruire questo romanzo a due voci: la voce del genocidario e la voce della sopravvissuta. Che spinge Gatore ad indagare i più reconditi recessi dell’animo umano, mostrandoci la tragedia di chi è assassino, di chi sa che non può cercare perdono e la tragedia di chi, sopravvissuto, non trova in sé la forza di perdonare e di andare avanti. Tanto più che il mondo che lo circonda è abitato da individui che hanno scelto di ignorare le tragedie dell’umanità, di quella più vicina a loro come di quella più distante.
L’oscenità del mondo non è nella sfilata dell’orrore e dell’ingiustizia, bensì nell’atteggiamento di chi non sa dire altro che “è tremendo, certo, ma…”, di chi non sa fare altro che allusioni tra un caffè e una battuta, altro che compiere il rito dell’indignazione per poi passare ad altro: alla vita normale.
Il lettore si ritrova così a partecipare in prima persona a questa indagine e, spinto a prendere parte per una delle due voci che si rincorrono nel libro, si ritrae impaurito quando ai sentimenti che prova per l’una e l’altra viene dato un volto. Quando all’improvviso ne viene svelato l’orrore. Gatore conduce con grande maestria la sua riflessione sulla tragedia ruandese su due piani paralleli, il soggettivo e l’oggettivo, spingendo il lettore a riflettere in entrambe le direzioni.
Olivia
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(.. Ma è proprio attraverso la negazione presente in questa massima , che ai sensi appare come l'esplicazione di una realtà assoluta, che rifletto.)
In media in repubblica Moldava vengono abbandonati in istituti residenziali più di 400 bambini all'anno, la cui età oscilla fra 0 e 6 anni.
Solamente per il 22,2 % viene offerta una soluzione definitiva, mentre il 75,6 % rimane negli istituti residenziali, gli internat.
Nel 2009 , dei 40803 nati, 14634 sono stati abbandonati e quasi tutti da ragazze adolescenti.
L'Indennità mensile offerta dallo stato per le madri non assicurate è di circa 250
lei ( 16 euro circa).
Una confezione di pannoloni sufficiente per due settimane costa 245 lei.
Missione sociale Diaconia, in collaborazione con Caritas Ambrosia
na e Caritas Vienna ha dato vita ad un centro di accoglienza
per madri sole . “In braccio alla mamma” accoglie 10 coppie madre-bambino, garantisce loro assistenza di varia origine e soprattutto da una nuova alternativa alle donne che altra scelta non avrebbero se non quella di abbandonare il pr
oprio piccolo.
Le difficili condizioni di vita, sommate ad un'ancora presente cultura omerica "della vergogna" , costringono ( fra i vari casi) ragazze poco più che bambine e violate a dover abbandonare il tetto familliare, perché sono gli stessi consanguinei a lavarsene le mani.
I casi estremi, di illimitata ingiustizia, si intrecciano a fatti di ordinaria normalità: Donne sedotte ed abbandonate, gravidanze non previste ( o previste e poi ignorate).
Altro da dire non mi resta, se non augurare in bocca al lupo alla nuova squadra!