Se ripenso a questi mesi in Kenya non posso certo dire che sia stata, e che sia tutt'ora, un'esperienza spiritualmente illuminante.
Purtroppo, in chiesa come in molti altri ambiti della vita, spesso prevale l'immagine, l'apparire, più dell'essere.
La lingua poi non aiuta, e a causa di tutte queste piccole cose, il mio entusiasmo nel frequentare luoghi e momenti religiosi è ai minimi storici.
Poi però, recentemente, ho partecipato a due momenti forti, profondi, che hanno riacceso in me quella fiammella diventata tanto flebile.
Il 20 giugno sono stata al Consolata Day, un giorno di festa e di preghiera dove Suore, Padri e Fratelli di quest'ordine si sono trovati assieme, per celebrare con gioia la loro presenza in Kenya e nel mondo.
In chiesa, fra queste donne e uomini che hanno scelto per la loro vita la fede, il coraggio e l'amore, mi sono sentita parte di un qualcosa di forte, di grande, di profondo. Quello che ci animava era una forza interiore che ci univa e ci faceva sentire parte di una famiglia immensa e bellissima.
Qualche giorno dopo ho partecipato alla Jumuia (video), un momento di condivisione e preghiera con i ragazzi di Cafasso, al quale non partecipavo da tempo perché nelle stesse ore solitamente ero al carcere femminile.
Lì, in mezzo a questi ragazzi a volte un po' sciocchi, ho nuovamente sentito una forte energia, una spinta interiore che chiamava a qualcosa di alto, a valori e sentimenti importanti.
Dopo questi due momenti ho riflettuto, e mi è venuta in mente una splendida canzone: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sarò con loro, pregherò con loro, amerò con loro".
Ecco, lì penso di aver capito che il trucco non è dove si prega o come si prega, ma che si sia tutti uniti da uno stesso valore di fratellanza, e Dio sarà veramente in mezzo a noi.
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