- Pensa come cambia la percezione
della pioggia in base al posto in cui vivi – mi dice Alessandra.
Alessandra è la mia compagna di
servizio civile, di avventure, di vita nicaraguense. Siamo sedute in cucina in
un afoso venerdì pomeriggio di quello che convenzionalmente è l’inverno in
Nicaragua, che io non riesco a non percepire come una continuazione dell’eterna
estate che qui regna sovrana. Quello che cambia è che di tanto in tanto,
l’ambiente inizia ad emettere suoni tenebrosi, si tinge di colori arroganti e assume
le movenze di un uomo in preda al panico con indosso una camicia di forza. Poi tutto
esplode ed arriva la pioggia.
Questo è quello che accade,
finalmente, anche oggi. Tutto comincia con i tuoni in lontananza, poi, a poco a
poco, si inizia ad avere la percezione che il cielo stia scendendo: le nuvole
si fanno spesse e filtrano i colori del tramonto spandendo ovunque una luce
gialla densa, accecante, che sembra quasi nociva. Ecco che tutti non hanno
altro da fare se non attendere. Noi guardiamo fuori dalla finestra, impazienti;
la vicina dal suo patio fissa il cielo con l’aria di una mamma che aspetta
l’arrivo del figlio in stazione, tutti i cani del quartiere iniziano ad
abbaiare, ad ululare. Ed è un attimo: c’è un breve, intensissimo momento in cui
la pioggia inizia a cadere, con gocce piccole e decise che ticchettano sui
tetti in lamiera in un crescendo che non hai il tempo di mettere a fuoco perché
è subito pioggia, la famosa pioggia tropicale. Secchiate d’acqua lanciate dal
cielo ininterrottamente, lampi, tuoni che sembra un bombardamento. Potrebbe
durare dieci minuti, potrebbe durare fino a domani, staremo a vedere. L’aria si
fa più fresca e io mi godo il sublime di questa guerra del cielo che mi sembra
fermare il mondo intero.
Ha piovuto anche ieri notte,
tantissimo, fino all’alba. Stamattina a scuola gli alunni presenti erano una
manciata per ogni classe. A Nueva Vida, a meno di sei chilometri da qui, la
pioggia deve fare un altro effetto. La pioggia rinfresca l’aria, vero, ci si
può addirittura permettere di dormire senza ventilatore per una notte, vero, ma
le strade sono di fango, le acque di scarico sono a poche decine di centimetri
dalle porte di casa, i bagni sono spesso esterni alle abitazioni e si tratta
magari di latrine. Una pioggia violenta, ovvero una qualsiasi pioggia
invernale-tropicale, può rendere un inferno il mattino seguente. Chi se la
sente di andare per primo in bagno? Chi accompagna i bambini a scuola? Con
quali scarpe? Meglio rimanere a casa.
Un giorno, mesi fa, si chiacchierava
con un marinaio della costa Caribeña, ci trovavamo in quell’angolo di paradiso
che sono i Cayos Perlas e stavamo fissando beati la spiaggia che si distendeva
calma di fronte ai nostri occhi. – La stagione delle piogge è quella delle
nascite: si schiudono le uova, le tartarughe neonate muovono i loro primi passi
verso il mare. La stagione delle piogge è la più bella – diceva. Anche quel
giorno il pensiero è volato a Nueva Vida, ai racconti dei colleghi. Agli
aneddoti sugli impossibili viaggi in bus affollati, bloccati dal fiume di acqua
e fango che si crea nella strada che porta alla scuola.
Ancora una volta la geografia a
cambiare la percezione della quotidianità, del susseguirsi delle stagioni,
della natura tutta. Ancora una volta la geografia, anche a pochi chilometri di
distanza a decidere chi è fortunato e chi no. Chi ha la fortuna di poter godere
del sublime della pioggia e chi è costretto a volgere il pensiero al domani con
i piedi immersi nelle acque nere davanti casa.
Oggi, così come domani, così come
il prossimo venerdì, in Nicaragua non ci sarà nessuna adesione al Friday for
Future, nessun Global Strike. Qui la povertà si mischia alle tragedie politiche
ed alla crudeltà organizzata e manifestare è impossibile. Qui in Nicaragua
quest’anno si è registrato in aprile un picco storico della temperatura e si
prevede per il 2050 un’emigrazione di massa dalla costa pacifica verso le zone
più fresche, nell’altipiano settentrionale. Qui in Nicaragua la pioggia è sacra
ma, ancora una volta, la fortuna di poterla apprezzare è una questione di
geografia.