Quotidianamente veniamo bombardati da numeri, cifre, sterili quantità che per un attimo ci impressionano ma subito svaniscono. Quanti esempi potrebbero venirci in mente: titoli di giornali, notiziari…
In Libano sono presenti circa un milione di rifugiati siriani. Più o meno un quarto della popolazione libanese: proporzione già impressionante di per sé ma lo diventa ancor più quando si inizia a dare un volto a questo numero.
Nonostante l’opulenza di Beirut nasconda un po’ la presenza dei rifugiati siriani, percorrendo le strade subito fuori dal centro si notano subito pulmini pieni di bagagli e persone o uomini che camminano a piedi sui bordi delle carreggiate. Spostandosi verso il confine siriano, nella valle della Bekaa il paesaggio cambia totalmente e non solo dal punto di vista ambientale.
Guardando i campi secchi dalla siccità di quest’anno si vedono ovunque accampamenti di persone. Katia, l’operatrice che ci accompagna, ci spiega che in questa zona sono sorti campi profughi ovunque, proprio a causa della massiccia presenza siriana. Quando entriamo nel campo profughi ci accolgono subito gli anziani che, dopo un attimo di sospetto, ci fanno entrare con un caloroso sorriso.
La struttura del campo è molto semplice: una strada principale su cui danno gli ingressi delle tende formate da pali e tende cerate, fissate con pneumatici. Tra una tenda e l'altra, pochi panni spesi ci ricordano che questa realtà precaria e apparentemente provvisoria si sta drammaticamente trasformando in qualcosa di quotidiano.
A rallegrare l’atmosfera ci pensano decine di bambini che, incuriositi dalla nostra presenza, trasformano la loro iniziale timidezza in un gioco a chi si fa fotografare di più. Con disinvoltura si aggiungono i più anziani che si mettono in posa con i più piccini. Ci mostrano con fierezza la loro scuola-tenda, mentre i più grandi con orgoglio snocciolano qualche parola di inglese per entrare in sintonia.
1.000.000...
Un milione di persone significa un milione di questi volti, un milione di questi vissuti in centinaia di campi profughi in condizioni al limite della dignità umana. Ma sono proprio questi volti e questi sorrisi a ricordarci che proprio qui, tra queste tende, di dignità e di umanità ce n’è da vendere, che la speranza di vedere terminare la guerra e poter tornare alle proprie case è una convinzione forte e un motivo in più per sopportare questa situazione precaria. Proprio qui realizzi come la vita vada avanti e germogli anche su rami che sembravano morti o secchi. In queste situazioni ciò che davvero ti rimane nei ricordi e nel cuore sono i sorrisi, le risate e soprattutto occhi che ti dicono quanta voglia abbiano di andare avanti nonostante i traumi.
Un passato che è causa del presente ma non spegne il futuro…anzi.
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