giovedì 20 marzo 2014

"Speri di ritornare nel tuo paese di origine"?


"Do you hope returning back to your country of origin?"

Che provenga da una radio, da una Tv di passaggio o dalle urla di un bambino,  che sia  su un taxi o per strada, la parola "Sūriyā", Siria, compare in ogni frase pronunciata, con un tono tra il rassegnato e l'allarmato.

Siamo di ritorno da due giorni di "lavoro" a Ballouneh, una trentina di km nell'entroterra collinare rispetto a Beirut.  Keserwan, la regione dove ci troviamo, assiste quotidianamente all'arrivo e allo stanziamento di centinaia di siriani in fuga dal conflitto.  Ci troviamo all'interno del centro, stanziato dal Caritas Lebanon Migrants Center, dedicato alla ricezione delle domande di aiuto umanitario da parte delle decine di famiglie che ogni giorno affollano l'ufficio.

Siamo dunque "osservatori privilegiati" di una realtà che va ben oltre le pieghe di un questionario di quattro pagine e che riesce ad oltrepassare le barriere linguistiche i anche solo attraverso una smorfia, un movimento degli occhi.
E ripenso subito al padre di famiglia sedutosi davanti a noi: viene da Homs, dove ha lasciato un'attività e una casa. O meglio, quanto rimane della propria casa.
"Bum Bum Bum" non è il classico rumore che senti nei cartoni animati: il "bum bum bum" sussurrato da chi ha visto sgretolarsi il tetto sopra le proprie teste ha un qualcosa di terribilmente penetrante. Come è violento lo scoppio che ha causato il ferimento degli arti di due dei suoi tre figli, ancora oggi in preda a stress, crisi di panico e frequenti incubi notturni. Una situazione  che l'ha visto costretto a lasciare tutto e portare moglie e figli al di là del confine, dove, tra lavoretti e prestiti, si cerca di assicurare loro un presente al riparo dal conflitto.
Un presente dicevamo; perché alla domanda riguardo a come e dove veda il proprio futuro , gli occhi si alzano e si illuminano ripensando immediatamente a quanto lasciato, a casa. E suona perfino fuori luogo e scontato chiederlo dalla nostra comoda sedia, dalla nostra posizione di semi-spettatori comunque esterni alla tragedia. 


Riguardo la pila di questionari sui tavoli e ci vedo centinaia di storie e di drammi che nessun foglio può contenere e nemmeno sintetizzare in alcun modo. 

Stiamo assistendo ad una tragedia di dimensioni oltre il drammatico e la vediamo scorrere davanti ai nostri occhi: spettatori semi-impassibili di un'emergenza dilagante che  prende sempre più la forma di un infausto quotidiano. 


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