mercoledì 12 settembre 2018

Dove sono finiti i sogni di Beirut?


Dove sono finiti i sogni di Beirut?

E’ la domanda che riecheggia nelle nostre teste, dopo che incontriamo un rifugiato o una migrante in questa città, piena di interrogativi irrisolti.
A questa domanda dà risposta Majdi, allenatore della squadra femminile di basket di ragazze palestinesi che abitano nel campo di Shatila, “Real Palestine Youth F.C.”,  ci dice che i ragazzi al campo palestinese non hanno sogni perché il loro destino è miseramente segnato da quei pochi, umili e sottopagati lavori che hanno il permesso di fare.
In Libano infatti i palestinesi hanno pesanti restrizioni lavorative, che permettono loro di  lavorare solo in 20 tipi di professioni. Non è concesso loro esercitare alcuna professione che preveda l’iscrizione ad un albo, nonostante non sia negato loro l’accesso all’università e quindi il conseguimento di una laurea.
In questo contesto l'impegno di Majdi come allenatore assume ancora più importanza, poiché dà a queste ragazze una passione, un modo di realizzarsi e svagarsi e una possibilità di aprirsi sul mondo, grazie a tornei internazionali.

Lo stesso vale per i profughi siriani, noi ne abbiamo incontrati alcuni al campo di Tel Abbas, i quali si trovano in condizioni lavorative molto simili a quelle dei palestinesi. Sono fortunati se trovano lavoro nei campi e prima iniziano a lavorare meglio è per tutta la famiglia. A ciò si aggiunge l’astio  dei Libanesi che spesso accusano i siriani di sottrarre loro il lavoro poiché disposti ad accettare salari più bassi.
I loro figli crescono già disillusi, con poche speranze per il futuro e pochi ricordi della terra che hanno lasciato, ma con tanta energia, come ogni bambino, che troppo spesso sfocia in violenza incontrollata se non si dà loro qualcosa di bello per cui valga la pena faticare.

Vista da uno dei centri 


I bambini che abbiamo incontrato quest'estate nei centri cosa potranno sognare oltre quei cancelli che guardano con occhi grandi e innocenti?
Chiediamo a Peter, un bambino del centro cosa vuole fare da grande e non ci sa rispondere, dopo essere incalzato con proposte di lavori fantasmagorici quali lo speaker radiofonico, l’astronauta,
il calciatore ci dice: “l’impiegato e stare davanti al computer”.
Stanno tagliando la fantasia a un bambino di 9 anni, o forse la normalità è per lui il sogno più grande.
Per tutte le persone che abbiamo incontrato la normalità è il sogno, ma sembra ancora lontano.
Non possiamo che ripeterci le parole di Ben Harper: “You have a right to your dreams and don’t be denied believe in a better way”.

Giò, Molly, Cla, Giuly, Mary, Michè, Vero, Sos

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