martedì 4 settembre 2018

Mombasa. L'incontro che toccò l'anima


Mi ricordo ancora, come se fosse ieri, la prima volta che li abbiamo visti. 
Tutti radunati in cerchio, sotto ad una pagoda. Il sole stava calando per far spazio alla notte. 
La luce, di un giallo aranciato, scaldava i nostri volti illuminando i loro occhi grandi. 
Erano bellissimi. Ci scrutavano con interesse e curiosità, mentre cantavano inni religiosi.
Finite le prove del coro ci presentiamo a tutti e subito si fanno notare per la loro simpatia, la loro gentilezza e il loro cuore grande. Iniziano le presentazioni.
Edgar. Malik. Ian. Tony. Marcy insieme al suo figlioletto Randy. Ester. Duda. Scolastica. Rose. Emma. Vincent. Endy. Beatrice. Emelda. Awino. Zacaria. Julie. ChiChi. Rafael. Shiro. Ooga. Benja. Darwin. Marcelo. Arnold. E molti altri.
Ecco i ragazzi di Kongowea. 
Vestiti al meglio, ordinati e puliti, celano dietro ai loro volti e ai loro sorrisi, storie di ogni tipo. 
Il quartiere dove vivono non è proprio dei migliori: case fatiscenti o baracche, dove tra un vicolo e l’altro appaiono gatti rognosi, cumuli di spazzatura, che a giorni alterni vengono bruciati, coprifuoco serale per evitare brutti incontri notturni o peggio poliziotti in cerca di qualcuno su cui sfogare la propria rabbia. 
Nonostante siano circondati dal brutto, la loro anima è ancora bella. Mi piace pensare che loro abbiano dentro il sole, che gli permette di non perdersi nelle tenebre. 

Con loro abbiamo condiviso momenti duri ma soprattutto risate, gioie e sorrisi.
Indelebile rimarrà il ricordo di quando, giunti nella fredda Bura, hanno fatto di tutto per rendere la nostra permanenza più confortevole, cedendoci i loro piatti per poter mangiare; accompagnandoci fino all’entrata del dormitorio "perché così è più sicuro" ; condividendo con noi la sveglia delle 5:30 per scortarci alla jeep, che ci avrebbe portato a fare il safari; i mega sorrisi sui loro volti dopo la vittori; la gratitudine che sprigionavano i loro occhi quando hanno visto i cartelloni da noi appositamente preparati per dare loro sostegno durante la competizione di drama e canto. 
E le domeniche in spiaggia? Come dimenticarsene. Dopo messa tutti sul Matatu, zaini in spalla, secchio pieno di fagioli in una mano e Chapati nell’altra e via a mangiare tutti in compagnia, per poi tuffarsi tra le onde.
I Matatu  e i tuk tuk condivisi. Le  lezioni private per imparare a mangiare con le mani. La pulizia dei fagioli che si trasformava sempre in un momento di condivisione, risa e chiacchiere.

Nel corso della nostra permanenza questi ragazzi sono stati una presenza più che importante. Il rapporto creato con loro è stato qualcosa di unico e speciale. Più passavano i giorni, più diventavamo un'unica grande famiglia. 
Sono stati una risorsa fondamentale per poterci avvicinare con più naturalezza ai bambini del Mali Pa Usalama e anche agli anziani.
Senza di loro sarebbe stato molto più difficile e l’importanza di averli accanto l’ho potuta sperimentare in prima persona.
Un giorno infatti, giunti all’MPU, abbiamo trovato tutti i bambini agitati perché avevano passato la mattinata in tribunale. Grazie all’aiuto di Edgar e Malik siamo riusciti a calmare un po’ la situazione, dando vita ad una super competizione di ballo. Se non ci fossero stati loro non credo saremmo riusciti a cavarcela così facilmente. 
È stato bello vedere come anche loro, a piccole dosi, si siano affezionati a quei mostriciattoli tanto bisognosi d'affetto e come ad oggi, nonostante ormai noi siamo tornati in Italia, loro continuino ad andare a trovarli.



Insieme siamo risusciti a dar vita al Milkong’s, una sorta di oratorio estivo, durante il quale abbiamo condiviso tutto: balli, cibo, fatica, sudore, giochi, stanchezza, cadute, risate, sorrisi, visi stanchi ma occhi felici di vedere un vero e proprio miracolo. Fieri di aver dato la possibilità a 250 bambini di passare la loro giornata a giocare insieme a noi e ai loro coetanei, evitando di tergiversare per le strade di Kongowea rischiando di finire in brutti giri.

Non basterebbero tutte le parole del mondo per descrivere la gratitudine che provo nei confronti di questi ragazzi. Hanno saputo andare oltre i loro limiti, hanno aperto il loro grande cuore a 10 wasungu (cosa non scontata) e si sono fidati di noi. Hanno saputo insegnarmi più loro in 24 giorni che altre persone in una vita intera. 
Hanno deciso di accoglierci nella loro bellissima famiglia e io non potrei esserne più onorata.

Different colour, One family!
Asante Sana.

Federica.


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