“Ragazzi andiamo in Chapare! E copritevi bene, che c’è il Surazzo!” (italianizzato)
Ti aspetti che i denti ti battano al ritmo della danza Kuduro, che la testa sia grondante di pioggia, i tuoi passi incerti nella nebbia, e poi zanzare a sciami e scimmie assassine, serpenti velenosi e coccodrilli affamati, narcotrafficanti e cocaleros armati. Allora indossi tutto ciò che di pesante hai con te e vai, con un certo timore, ma vai… sperando che questo Don Surazzo non sia poi così inospitale.
Ti aspetti che i denti ti battano al ritmo della danza Kuduro, che la testa sia grondante di pioggia, i tuoi passi incerti nella nebbia, e poi zanzare a sciami e scimmie assassine, serpenti velenosi e coccodrilli affamati, narcotrafficanti e cocaleros armati. Allora indossi tutto ciò che di pesante hai con te e vai, con un certo timore, ma vai… sperando che questo Don Surazzo non sia poi così inospitale.
E invece scopri che per il Vento del nord che tu ci sia, o che non ci sia, è la stessa cosa. Non solo non si presenta sull’uscio, ma anzi, probabilmente è alle prese con i postumi della Feria del Pescado, come chi troviamo sdraiato in piazza nelle prime ore del mattino, sulle panchine, in una tenda all’ingresso di una chiesa, in un’aiuola o in chissà quale mondo parallelo. E scopri un certo caldo, come qui in Bolivia non avevi mai sentito. Sì, il Surazzo non c’è, ma che importa, andiamo avanti a macinare chilometri sulla carretera tra sorpassi da togliere il fiato, buche da evitare e dossi che mettono a dura prova la schiena, stipati come sardine in scatola.
E cominci a sudare.
D’un tratto ci ritroviamo su una canoa in balia delle acque del temutissimo Rio Chapare, che quando esonda, abbatte tutto ciò che incontra e lascia gli uomini impotenti di fronte alla sua forza. I coccodrilli famelici sono in agguato, ma noi intrepidi fluttuiamo fino ad arrivare ad un fazzoletto di terra sperduto, all’incrocio di due fiumi. Nessun narcotrafficante armato, nessun morso di piranha e neanche un’anaconda, qui regna solo il silenzio e la pace.
Costantemente guardinghi torniamo a terra, costeggiando le piantagioni di banano, coscienti dei rischi che stiamo correndo, ma sconcertati dalla tranquillità dei pescatori che incontriamo sulle canoe e dalle loro donne, che in quelle acque lavano indistintamente vestiti e figli.
Ad un certo punto ti accorgi che la pellicola che ti avvolge è l’umidità, e cominci ad odiare i calzettoni al ginocchio che indossi, e ad aver voglia che arrivi questo Surazzo! Allora cerchiamo ristoro nella giungla del Chapare alla ricerca delle altalene appese ai rami degli alberi, da cui buttarsi in un volo di 18 metri, solo per avere il brivido di una bavetta d’aria che ti asciughi il volto. Coraggiosi, l’avevo detto!
Ma il coraggio porta fame e decidiamo di riempire gli stomaci con cocktail di frutti tropicali e pesce: un abbinamento torrido, come il caldo che ci accompagna!
Poi ancora sulla strada, ancora sole, ancora chilometri passando dai villaggi dei cocaleros, alla giungla delle scimmie, mettendo a dura prova la nostra digestione su un sentiero irto e insidioso.
Le maniche lunghe si accorciano, le pezze di sudore si allungano. Eravamo al punto di non farcela più, quand’ecco che ci appaiono i Monitos Chiquititos in tutta la loro agilità. Queste scimmie cercano di ipnotizzarci con i movimenti delle code, per poi approfittare di una distrazione per rubarci tutto quello che abbiamo dalle tasche, e rivenderlo ai narcotrafficanti in cambio delle foglie di coca. Ma noi, astuti e zuppi di sudore, scivoliamo giù per il sentiero fino a tornare alla macchina.
Le ore di viaggio verso casa sono burrascose, come l’arrivo di Don Surazzo, che sul finale decide di venirci a salutare, omaggiandoci di vento, pioggia e nebbia. La macchina che ci è stata prestata sembra affaticata, ma questo non ci impedisce di portare a termine anche quest’avventura.
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