venerdì 20 novembre 2015

Haiti: Chiacchiere TEMPOranee

Un mese (e poco più) di Haiti.
Si oltrepassa una sottile linea immaginaria. Quella linea che - rispetto ad altre esperienze di servizio all'estero fatte in passato - prende il nome di continuità. Una parola che si fa piccolina, quasi inadeguata, se confrontata con la storia di alcune persone incontrate e conosciute durante questo primo periodo.

Basti pensare che abbiamo da poco salutato una Piccola Sorella della comunità di Port Au Prince che ha vissuto qui 22 anni.

Nonostante questo, mi sorprende il fatto di avere davanti a me altri mesi di presenza in questa terra così singolare e difficile da decifrare.
Sarà il fatto che di solito in queste esperienze le settimane a disposizione si possono contare sulle dita di una mano, sarà il fatto che uno è consapevole dei giorni a disposizione e cerca di concentrare tutto in quell'arco di tempo, provando a sfruttarne ogni momento...
Fatto sta che, oggi come oggi, posso solo essere felice di avere altro tempo a disposizione.


Il motivo è presto detto: mi è capitato più volte, una volta posato lo zaino in casa, di essere convito di aver capito qualcosa delle abitudini del posto, dell'essere pronto a sostenere una breve conversazione in creolo, di aver intuito quale potrebbe essere il nodo problematico in una determinata circostanza.

Tempo qualche manciata di ore per smentire sul campo tutte queste sbagliate convinzioni che hanno trovato posto nella mia testa. L'attimo successivo la presa di coscienza si è di nuovo al punto di partenza, piedi a terra e orecchie "stile bassotto".


Proprio quando meno te lo aspetti, invece, accadono cose semplici ma che hanno la capacità di riempirti il cuore. E' quella capacità di meravigliarsi all'interno della quotidianità che spesso mi auguro di avere ma che così tanto facilmente dimentico di praticare!


Il tempo però è dalla nostra parte. Sarà lui a rendere diverso l'incontro con "l'altro". Non annullerà le differenze. Per quel poco che ho capito finora, ce le farà vivere in un modo nuovo.
E allora provi ad indossare i panni del "blanc" anche se ti stanno un po' stretti. Potrebbero esse proprio quelle spalle che tirano un po' sotto la maglietta e il collo che stringe quando alzi la testa che ti aiuteranno a capire un pochino più in profondità cosa vuol dire "straniero".

Il resto...lo lasciamo al tempo!

Matteo

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