Pochi giorni fa Angela e io siamo
state a Malindi, alla scoperta dei progetti dell'ONG Coast Inter-faith Council of Clerics Trust con cui collaboreremo in quest'anno. Questa si occupa
tra l'altro portare avanti una serie di progetti sociali che abbiano
come approccio quello della collaborazione tra appartenenti a fedi
diverse per la costruzione di una società più pacifica e inclusiva. www.cicckenya.org
Per prima cosa, siamo
andati a visitare un centro culturale della tribù Mijikenda
intitolato a “Mekatilili” di cui vi dirò qualcosa tra poco.
I Mijikenda sono un
gruppo etnico di origine Bantu presente soprattutto sulla costa del
Kenya e praticano una religione animista tradizionale. La tribù dei Giriama è quella più numerosa tra i Mijikenda. Questa popolazione viveva (e in alcune zone rurali vive ancora) in
capanne di legno e paglia nelle quali tengono al sicuro anche tutti i loro averi e i loro
animali durante la notte.
Nella loro religione i sacerdoti hanno un ruolo molto importante. Quando uno di loro muore viene sepolto sotto un albero che incorporerà il
suo spirito e diventando quindi un luogo di culto, un luogo di contatto
con Dio. Le loro icone sacre sono delle asticelle di legno che
rappresentano ognuna un diverso spirito divino.
Una questione di
particolare interesse che è venuta fuori è il ruolo degli anziani
all'interno della tribù. Se da una parte questi sono molto
rispettati perché dotati di particolari sensibilità, dall'altra
negli ultimi anni sono in costante pericolo. Gli anziani, infatti,
possono facilmente essere accusati di stregoneria, anche solo per uno
sguardo storto alla persona sbagliata, e per questo uccisi. Questo
centro ha tentato dal 2010 (anno in cui le uccisioni son state più
di 300!!) di “salvare” degli anziani in pericolo: quelli che
vengono allontanati dalle famiglie o che sono ritenuti in pericolo
vengono presi in carico e qui vivono serenamente i loro ultimi anni.
Mekatilili, personaggio
storico che ha dato nome al centro, è stata la prima donna a essersi
ribellata alla colonizzazione britannica nel 1913. La sua storia dice
che un comandante britannico fosse andato nel suo viaggio a reclutare
uomini da mandare in guerra a ovest del Kenya.
Questa donna, vista
l'inerzia degli uomini del suo villaggio decise, di affrontare i
britannici personalmente, ma non conoscendo la lingua usò gli
animali per farsi capire. In una cesta portò una gallina con i suoi
pulcini davanti al comandante e lo invitò a prendere un pulcino. La
mamma chioccia inferocita attaccò la mano del comandante. Con
quest'espediente Mekatilili fece capire al comandante britannico che
se avessero preso i loro figli, le donne del villaggio sarebbero
scese 'in guerra' per difenderli. La storia continua con Mekatilili
che viene incarcerata per ben due volte in luoghi lontani dalla sua
tribù e per due volte riesce da sola a evadere e tornare a casa a
piedi.
Non so quanto di vero e
quanto di leggendario ci sia, resta il fatto che una donna è
ricordata come uno dei primi eroi della resistenza kenyota e del
risveglio del popolo Mijikenda contro i dominatori britannici. Un
donna, ripeto. Mi sembra un fatto importante da ribadire più e più volte perchè la società kenyota vista la sua forte struttura patriarcale, come moltissime altre - ancora troppe, ha bisogno di una differente narrativa sulla donna è
quasi sempre l'ultimo anello su cui si
ripercuote tutta la violenza e la frustrazione sociale e individuale.
E poi è sempre bella una
storia di resistenza, figuriamoci se ha una donna come protagonista.
Momento imbarazzo:
Giriama Girls ;) |
Mari
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