Casa delle Culture di Scicli,
estate 2017. È mattina e sono appena entrato al centro, una casa che ospita
ragazze migranti, perlopiù nigeriane. In cucina sto aiutando l’operatore di
turno a preparare la colazione per le ragazze, chiacchiero con lui e con l’altra
volontaria, ancora un po’ assonnati ci prepariamo un caffè. Sono i primi giorni
di questa nuova esperienza, e come mi è capitato spesso nei due anni appena
trascorsi mi devo ancora abituare ad un contesto tutto da scoprire: è la
prima volta in Sicilia, vivo con ragazze e ragazzi appena conosciuti, ancora mi
muovo impacciato negli spazi del centro e non conosco bene le sue ospiti. Vivo
comunque a pieno l’entusiasmo del nuovo, malgrado la timidezza e le incertezze
iniziali. È una sensazione che ho provato spesso nei due anni precedenti a
quest’ultima esperienza: il master in cui mi sono laureato, solo pochi giorni
prima della partenza per la Sicilia, mi ha infatti permesso di saltare da una
città all’altra del Mediterraneo, di cambiare continuamente contesto,
università, lingua, squadra di basket, di vivere intensamente per qualche mese
città affascinanti come Barcellona, Venezia, Meknes, Montpellier, Firenze. Ora
che scrivo queste righe, mi rendo conto di come il tempo negli ultimi due anni
sia vorticosamente accelerato, lasciandomi poco spazio per digerire tutto
quello che è successo. Poi il cellulare squilla, un numero sconosciuto compare
sullo schermo. Quando rispondo, lo stupore è totale: dalla Caritas Ambrosiana
mi chiamano per chiedermi se sono ancora interessato al servizio civile in
Libano, per cui avevo svolto i colloqui di selezione poco tempo prima. Il tono
di Alberto, il nostro futuro Operatore Locale di Progetto (OLP, sigla che in
Libano potrebbe essere alquanto ambigua), è amichevole e scherzoso, lontano
dalla formalità che lo caratterizzava durante il colloquio. Quando riattacco,
ci metto qualche secondo a realizzare l’importanza di quella chiamata così
inaspettata, dell’impatto che avrà sul mio futuro immediato: il servizio civile
in Libano, fino a quel momento possibilità remota, diventa certezza, l’ennesimo
viaggio si concretizza all'orizzonte, investendomi della felicità euforica che
contraddistingue l’idea della partenza.
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