Sono Marianna e mi piace il mare. Lo dice anche il mio nome -abbreviato - “Mari” , che è come mi chiamano le persone quando si sentono già in confidenza. A questo punto uno si aspetterebbe che io viva in una città marittima come Genova, Napoli, Rimini… No. Abito a Milano, ma il mare mi accompagna da quando sono piccola, dalle lunghe estati passate con i miei nonni a Livorno, dove ho imparato a nuotare molto presto a suon di bevute d’acqua, addii struggenti ai braccioli, e incoraggiamenti vari.
Allora sorge un’altra domanda: “parti per una città di mare?”. No. Vado in Bolivia, il “corazon del Sud America”, che essendo appunto un “corazon” non ha sbocchi sul mare. E allora che c’azzecca il mare?
Il mare lo porto con me, perché in questo momento mi sento un po’ come una piccola barchetta. Sono sulla riva, pronta a partire: sto spiegando le vele, preparando i rifornimenti, il salvagente (sì, serve anche quello!) e sto salutando parenti e amici al molo.
Parto per un anno di servizio civile all’estero, l’ho deciso tempo fa, ma come ogni decisione importante che ho preso nella mia vita, ho avuto bisogno di tempo per concretizzarla.
La mia barchetta è piccola e (spero) resistente, è pronta ad affrontare le onde e a farsi trasportare dalla bonaccia; farà un lungo giro e incontrerà tante isole nel suo percorso e in ognuna si fermerà, anche solo per poco, e ogni terra toccata sarà per me importante.
Nonostante la mia sia una piccola barca monoposto, appena giro lo sguardo vedo che sul molo ci sono tante altre barchette… ben tredici! Sono tutte differenti e ognuna è bella a suo modo. Tutte, come me, si stanno preparando per affrontare il mare. Non abbiamo la stessa meta, eppure qualcosa di forte ci lega: lo spirito con cui partiamo sembra un enorme e unico soffio di vento che già inizia a sospingerci. E allora, eccomi, sono pronta, preparo la bussola, apro il diario di bordo, aggiusto il timone e intanto, comunque vada, in questo inizio di viaggio non mi sento sola.
Ai miei compagni di avventura voglio quindi dedicare una poesia che mi è stata donata da una persona molto cara. Inutile dire che parla di barche… e mari.
Conosco delle barche
che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza.
Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.
Conosco delle barche che si dimenticano di partire
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.
Conosco delle barche talmente incatenate
che hanno disimparato come liberarsi.
Conosco delle barche che restano ad ondeggiare
per essere veramente sicure di non capovolgersi.
Conosco delle barche che vanno in gruppo
ad affrontare il vento forte al di là della paura.
Conosco delle barche che si graffiano un po'
sulle rotte dell'oceano ove le porta il loro gioco.
Conosco delle barche
che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora,
ogni giorno della loro vita
e che non hanno paura a volte di lanciarsi
fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.
Conosco delle barche
che tornano in porto lacerate dappertutto,
ma più coraggiose e più forti.
Conosco delle barche straboccanti di sole
perché hanno condiviso anni meravigliosi.
Conosco delle barche
che tornano sempre quando hanno navigato.
Fino al loro ultimo giorno,
e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti
perché hanno un cuore a misura di oceano.
[Jacques Brel]
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