Si parte per un Cantiere con un sacco di
aspettative, di paure, di incertezze, di domande. Si parte con la voglia di
fare, di esserci, di lasciare il segno.
E c’è poi tutto il tempo necessario per cercare di
dare le risposte adeguate, a trovare il proprio posto nel gruppo e nei servizi.
Dare spiegazioni al nostro esserci in quel momento, adattandosi a quello che è
il contesto.
Quattordici giorni di cantiere non sono pochi, non
sono tanti. Sono sufficienti per provare ad entrare in un contesto, seppur
italiano, ma molto diverso rispetto alla frenesia milanese. Nei 900 km che
separano Milano da Arenabianca – frazione di Montesano S.M. (SA) c’è un mondo
in mezzo.
I tempi si dilatano, si cerca di venirsi incontro a
vicenda – chi cercando di stare attento all’orologio, e chi nel rilassarsi
dalla frenesia dell’essere sempre in ritardo. e, col passare dei giorni, si
capisce che basta anticipare gli appuntamenti in base a quanto rischi di
arrivare “con calma”.
Abbiamo partecipato alle sagre più disparate, alle
processioni per il santo patrono, alle grigliate di saluto, ma anche ai pranzi
nei centri dove facevamo servizio. Abbiamo mangiato tanto, è vero. Ma abbiamo
anche imparato ad apprezzare la bellezza della condivisione della mensa, delle
chiacchiere prolungate tra una portata e l’altra. Non si può mettere fretta,
soprattutto a tavola!
L’accoglienza è stata degna di essere chiamata tale.
Il paesino che ci ha ospitato per la durata del campo ci ha fatto sentire a
casa. Il vicinato era felicissimo della nostra presenza, abbiamo portato una
ventata di gioventù in questa frazione di poche centinaia di abitanti. La piazzetta
del paese è diventato, nel giro di pochi giorni, il luogo delle chiacchiere,
delle confidenze, delle conoscenze che giorno per giorno andavano crescendo.
Il servizio nei centri, a parte qualche momento di difficoltà,
è stato molto soddisfacente. L’essere chiamati per nome dopo pochi giorni e l’essere
cercati nei giorni di assenza ci ha lasciato senza parole. Inserirsi in
contesti strutturati, che si occupano di persone con disabilità fisiche e
psichiche non è affatto semplice. Ma la voglia di mettersi in gioco e di
lasciare un segno ha prevalso sui momenti di difficoltà.
Le visite ai paesi vicini, la giornata trascorsa a
Napoli, e la conoscenza di altri contesti in cui la controparte locale opera,
sono stati fondamentali per avere un quadro generale abbastanza completo del
contesto che ci accoglieva.
Un grosso grazie va a tutti i cantieristi, per la
vostra voglia di fare sempre meglio, per la voglia di mettervi sempre in gioco,
per la voglia di esserci al massimo per tutta la durata del campo. Grazie alla
comunità di Arenabianca che ci ha accolto, a Don Fernando per la sua infinita
disponibilità, alla Direttrì (Teresa) per il suo essere continuamente d’esempio
per noi e per tutto il paese. Grazie a Don Vincenzo e a tutti gli operatori
Caritas dei centri che ci hanno accolto per il servizio. Grazie a tutti gli
autisti che si sono alternati per permetterci di raggiungere le varie
destinazioni (mare compreso!)
E grazie a Padre Antonio, che con il suo “Ma
daaaaaaaaaaaaaaaaaaaai” ci ha accompagnato in queste due settimane.
Marta - CdS Campania 2013
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