Se è vero che l'anima arriva camminando, la mia si fermerà qui
ancora un po', dopo il primo di settembre...
Questo pensavo, di ritorno da un'estenuante giornata a Nueva Vida. Accantono per un momento il Cantiere, i progetti, i problemi del lavoro, Nueva Vida, il senso di impotenza, l'abbiocco sulla 'trece' e cerco di regalarmi un momento per concentrarmi su di me, su come sto in questo momento così confuso, ma anche così importante... 9 giorni al rientro...
In quella, l'autobus si ferma e salgono nell'ordine: una bambina bionda, di 4 anni circa, tenuta per il braccio da una ragazza bellissima, che ipotizzo avere intorno ai 16 anni e una signora sulla sessantina, bella 'hermosa' come le donne di qui, rossetto rosso brillante, il grembiule tipico delle venditrici e in testa un enorme vassoio di plastica. Le prime due si siedono nel sedile davanti a me. La signora abbassa il vassoio, si siede accanto a me e lo appoggia sulle ginocchia, invadendo lo stretto corridoio dell'autobus. Mi guarda, sorride, le restituisco il sorriso. Nel vassoio, coperte da un cellophane, delle belle file di 'donuts' (pronuncia nica, dona), le ciambelle fritte ricoperte di zucchero. Quelle di Homer Simpson, per capirci. Una botta di burro e zucchero da resuscitare un morto, anche se queste non sono ricoperte di cioccolato o glassa colorata, come spesso capita.
Le osservo un attimo parlare tra loro, poi il sedile della ragazza si libera e fa cenno alla signora di spostarsi lì, accanto a lei. La signora però ormai si è sistemata, trovando un incastro (e io con lei) negli stretti sedili del bus, pensati più per dei nani anoressici che per i corpulenti nica o il mio metro e rotti di gambe...
Così le dice di far sedere la bambina e che lei sta bene lì, a fianco a me. 'Vero?'. Certo, le rispondo, ci si accomoda sempre.
Iniziano quindi le domande di rito, cosa faccio in nica, dove lavoro, da quanto sono qui.
Poi la fatidica domanda, 'sei sposata?'. Quando le dico di no mi aspetto la solita faccia perplessa, e invece stavolta la risposta mi sorprende, da una donna nica di quell'età. 'Brava, c'è tempo. Lo dico sempre alle mie figlie, di studiare e non pensare a sposarsi, che poi arrivano i figli ed è troppo tardi'.
Allora comincio io con le domande, quanti figli ha, quanti nipoti. Scopro che la ragazza è l'ultima dei suoi 6 figli, che di anni ne ha 12 (alla faccia dello sviluppo precoce) e la bimba è sua nipote, di un'altra figlia che lavora, perciò loro due la curano. Ora va a vendere le ciambelle a Managua e se la porta dietro, perché si sa, se non ci pensano le donne a mandare avanti la casa...
La signora già mi piace, oltrettutto le ciambelle sono calde e hanno un profumo meraviglioso. Sicuro che ne comprerò una, prima di scendere.
Mi chiede dell'Italia, se è bello, se siamo poveri, se c'è lavoro, quanto costa il biglietto dell'aereo e se ci si può arrivare in bus. Le spiego di no e si corregge, un po' imbarazzata. Certo, è vero, c'è il canale di Panama... Allora le propongo di andare insieme a vendere ciambelle in Italia. Si mette a ridere, dice che prima dovrà venderne tante per mettere insieme i soldi del biglietto!
Poi mi chiede quanto mi fermo ancora in Nicaragua... 'La sua famiglia dev'essere contenta che torna presto'. Sì, e anche io, tanto. Ma è anche difficile, dopo un anno e mezzo. 'Doveva sposarsi un nica, così restava qui!'. Rido, e lei con me.
A questo punto mi chiede come mi chiamo e la mia risposta la lascia a bocca aperta. Io non capisco e da davanti la ragazza esclama 'mamma, si chiama come te!'. Le coincidenze della vita...(?)
E così siamo quasi alla mia fermata, le compro una ciambella a 7 C$ (meno di 25 centesimi di €). Sceglie la più grande, piena di zucchero, sfila un sacchetto di plastica dal grembiule, un nodo e me la passa. Poi il classico balletto per farmi uscire dal posto senza doversi alzare né far cadere il vassoio.
In quella, l'autobus si ferma e salgono nell'ordine: una bambina bionda, di 4 anni circa, tenuta per il braccio da una ragazza bellissima, che ipotizzo avere intorno ai 16 anni e una signora sulla sessantina, bella 'hermosa' come le donne di qui, rossetto rosso brillante, il grembiule tipico delle venditrici e in testa un enorme vassoio di plastica. Le prime due si siedono nel sedile davanti a me. La signora abbassa il vassoio, si siede accanto a me e lo appoggia sulle ginocchia, invadendo lo stretto corridoio dell'autobus. Mi guarda, sorride, le restituisco il sorriso. Nel vassoio, coperte da un cellophane, delle belle file di 'donuts' (pronuncia nica, dona), le ciambelle fritte ricoperte di zucchero. Quelle di Homer Simpson, per capirci. Una botta di burro e zucchero da resuscitare un morto, anche se queste non sono ricoperte di cioccolato o glassa colorata, come spesso capita.
Le osservo un attimo parlare tra loro, poi il sedile della ragazza si libera e fa cenno alla signora di spostarsi lì, accanto a lei. La signora però ormai si è sistemata, trovando un incastro (e io con lei) negli stretti sedili del bus, pensati più per dei nani anoressici che per i corpulenti nica o il mio metro e rotti di gambe...
Così le dice di far sedere la bambina e che lei sta bene lì, a fianco a me. 'Vero?'. Certo, le rispondo, ci si accomoda sempre.
Iniziano quindi le domande di rito, cosa faccio in nica, dove lavoro, da quanto sono qui.
Poi la fatidica domanda, 'sei sposata?'. Quando le dico di no mi aspetto la solita faccia perplessa, e invece stavolta la risposta mi sorprende, da una donna nica di quell'età. 'Brava, c'è tempo. Lo dico sempre alle mie figlie, di studiare e non pensare a sposarsi, che poi arrivano i figli ed è troppo tardi'.
Allora comincio io con le domande, quanti figli ha, quanti nipoti. Scopro che la ragazza è l'ultima dei suoi 6 figli, che di anni ne ha 12 (alla faccia dello sviluppo precoce) e la bimba è sua nipote, di un'altra figlia che lavora, perciò loro due la curano. Ora va a vendere le ciambelle a Managua e se la porta dietro, perché si sa, se non ci pensano le donne a mandare avanti la casa...
La signora già mi piace, oltrettutto le ciambelle sono calde e hanno un profumo meraviglioso. Sicuro che ne comprerò una, prima di scendere.
Mi chiede dell'Italia, se è bello, se siamo poveri, se c'è lavoro, quanto costa il biglietto dell'aereo e se ci si può arrivare in bus. Le spiego di no e si corregge, un po' imbarazzata. Certo, è vero, c'è il canale di Panama... Allora le propongo di andare insieme a vendere ciambelle in Italia. Si mette a ridere, dice che prima dovrà venderne tante per mettere insieme i soldi del biglietto!
Poi mi chiede quanto mi fermo ancora in Nicaragua... 'La sua famiglia dev'essere contenta che torna presto'. Sì, e anche io, tanto. Ma è anche difficile, dopo un anno e mezzo. 'Doveva sposarsi un nica, così restava qui!'. Rido, e lei con me.
A questo punto mi chiede come mi chiamo e la mia risposta la lascia a bocca aperta. Io non capisco e da davanti la ragazza esclama 'mamma, si chiama come te!'. Le coincidenze della vita...(?)
E così siamo quasi alla mia fermata, le compro una ciambella a 7 C$ (meno di 25 centesimi di €). Sceglie la più grande, piena di zucchero, sfila un sacchetto di plastica dal grembiule, un nodo e me la passa. Poi il classico balletto per farmi uscire dal posto senza doversi alzare né far cadere il vassoio.
Ci salutiamo, mi benedice e mi augura 'che mi vada bene', alla nica.
È stato un piacere, doña Hélena, e grazie della ciambella.
È stato un piacere, doña Hélena, e grazie della ciambella.
È quello che mi ci vuole, prima di tornare a casa...
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