Tornare a casa dopo un viaggio è
difficile. Tornare a casa dopo un'esperienza che ti segna come quella che
abbiamo vissuto noi diventa veramente complicato.
Un giorno, tornando dal campo
profughi palestinese di Dbayeh, ho trovato la "parola del giorno" e
la trovo perfetta anche adesso. La parola è FILO. Questo perché percorrendo le
quattro strade all'interno del campo non si potevano non vedere. Fili della
corrente, fili per il bucato, fili ovunque. Anche a Rayfoun avevamo i nostri
fili: per stendere, quello spinato che limita lo shelter, i fili per le collane
e i braccialetti... Alla fine anche noi abbiamo tracciato i nostri fili. Le
relazioni che abbiamo instaurato con le donne, con i bambini, con le persone
che abbiamo incontrato e con le quali abbiamo condiviso anche solo un sorriso,
come per esempio le donne siriane con i loro figli a Beirut, con cui l'incapacità
di comunicare era evidente, ma, con un semplice gesto, siamo riuscite a
scattare una foto insieme, sono i nostri fili, invisibili agli occhi, ma
visibili con i gesti, i sorrisi, con il cuore.
È stato un cantiere particolare.
Intenso, profondo, purtroppo breve. Un cantiere dove i fili tra le persone sono
così stretti che la felicità e la tristezza degli altri diventano anche le
proprie, dove anche un piccolo gesto ti fa sentire accolto, a casa.
Allo shelter ho avuto la
possibilità di sperimentare un miscuglio di sensazioni così diverse tra di loro,
ma di così profonda intensità che il filo che partiva da me sembrava così corto
e poco forte rispetto a tutto. Solo riconoscendo il fatto di essere uguale agli
altri, senza pregiudizi e barriere mi sono resa conto che il mio filo è forte
solo se ci sono gli altri. Le donne che vivono allo shelter hanno una forza
incredibile che traspare da tutto quello che fanno. Una forza che non è facile
da descrivere, che accoglie senza paura, che dona senza timore, che combatte
per la dignità e per la propria vita e quella dei figli. Ripensando ai giorni
passati, rivivo quei momenti insieme di condivisione delle loro vite, ma anche
di gioco, risate, balli, della giornata del salone di bellezza e della
presentazione dei propri Paesi, la preparazione della pizza… Tra tutti gli esempi
di quanto questi fili siano forti ce n'è uno che mi emoziona in modo
particolare: l'accoglienza, la gioia, gli abbracci dopo una giornata passata
fuori. È stato un momento unico, come se noi fossimo ritornati a casa e loro
non aspettassero altro che rivederci.
Posso dire di aver ricevuto
tanto, molto di più di quello che avrei mai potuto immaginare. I fili che ho
lasciato lì, li porto nel cuore con la speranza che un giorno la vita ci faccia
ritrovare. Altri, come quelli con le mie compagne di viaggio, so che li potrò
rendere ancora più forti perché abbiamo veramente vissuto un'esperienza
incredibile, unica, che ha lasciato qualcosa dentro a ciascuna di noi.
Ringrazio tutti per aver avuto la possibilità di vivere questo cantiere… le mie
compagne di viaggio, le donne i bambini… tutti. Grazie!
Giulia
Giulia
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