I viaggi non sono stati mai facili come oggi. Paesi prima
lontani ed irragiungibili sono ora vicinissimi; culture sconosciute e tenebrose
diventano limpide e celebri. In poche ore possiamo attraversare oceani e
continenti interi rimanendo seduti sul sedile di un aereo, di un treno o di una
automobile. La fatica e gli investimenti di denaro e di tempo che i nostri
antenati impiegavano per compiere brevi tratti, vengono oggi drasticamente
diminuiti. Possiamo andare dovunque: Australia, Sud Africa, Cile, Stati Uniti,
Cuba, Iran, Afghanistan, India; basta semplicemente puntare il dito su un
mappamondo roteante ed in breve tempo, con una spesa variabile, possiamo essere
nel paese indicato. Non abbiamo ancora la capacità di teletrasportarci ma poco
ci manca.
C’è chi viaggia per
lavoro, chi per divertimento e chi per turismo; c’è chi sceglie l’aereo, chi la
nave, chi il treno e chi, più tradizionalmente, sceglie un’automobile, magari
quella degli altri, come due ragazzi conosciuti nella nostra breve visita a
Belgrado, partiti da Verona con il sogno di raggiungere il Nepal in autostop.
Un viaggio lunghissimo, pieno di insidie ma anche di incontri irresistibili e
di posti magnifici da visitare e vivere. Slovenia, Croazia, Bosnia ed
Erzegovina, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Armenia, Azerbajgian, Iran,
Afghanistan, Pakistan, India e, infine, il tanto agognato Nepal. Un itinerario
affascinante da compiere in circa 4 o 5 mesi. Un sogno, il loro, decisamente a
portata di mano: basta avere voglia, costanza e tenacia. Un sogno che potrebbe
incontrare un intralcio nella burocrazia pakistana che, per rilasciare un visto
d’ingresso nel paese, richiederebbe un invito da parte di una persona residente
all’interno del paese. Una problematica non da poco, incomprensibile per chi
come noi è abituato a viaggiare senza alcun tipo di ostacoli. Non temete,
sembrerebbe che questa insidia possa essere aggirata per mezzo dell’intervento
della nostra ambasciata, abbastanza influente nella zona.
Anche scegliendo l’autostop, quindi, possiamo visitare
centinaia di culture e paesi diversi, potendo così viaggiare per conoscere il
mondo nelle sue mille sfaccettature.
Eppure, la realtà del campo profughi di Bogovada ci ha
insegnato che non è sempre così semplice. Meglio, è facile per noi,
occidentali, viaggiare verso le terre del medio oriente mentre non è certamente
semplice per le popolazioni medio – orientali viaggiare verso l’Europa. Nel
campo ci sono circa 160 persone: la maggior parte di loro sono iraniani ed
afghani; ci sono famiglie, single – men ed anche minori non accompagnati.
Ognuno di loro ha deciso di viaggiare verso occidente. Gli iraniani, mediamente
più ricchi, grazie ai favori del governo serbo nei loro confronti (non viene
richiesto alcun visto d’ingresso), hanno optato per un biglietto aereo diretto
verso Belgrado; gli afghani, più poveri, hanno invece attraversato gli stessi
territori dei nostri amici autostoppisti, più o meno con le stesse modalità,
con la differenza di essere fermati, trattenuti, in ogni singolo territorio da
loro attraversato. Tempo del percorso fino in Serbia? Dai 7 ai 12 mesi.
Sono due viaggi difficili ed impervi che richiedono molta
pazienza e un ingente investimento economico da parte delle famiglie che
partono o che foraggiano il viaggio. Oggi, chi in aereo, chi a piedi, si sono
ritrovati insieme nella tappa Serba, forse l’ultima fermata prima del sogno
Europa. Il loro sogno, il sogno di garantire a sé stessi o ai loro figli un
futuro più dignitoso e sereno, ora è stato bloccato, reso quasi impossibile da
quelle frontiere, cioè da quelle linee immaginarie che dividono diversi
territori ma che così come sono concepite, creano disparità e sofferenza.
Questo breve testo è il risultato di una riflessione, più
lunga e dibattuta, sorta all’interno del nostro gruppo di volontari, l’ultimo
giorno, appena prima di prendere il nostro aereo che facilmente ci avrebbe
riportato in Italia. Riflessione che vi lasciamo in eredità: perché noi si e
loro no?
Serbia 2
Filippo, Giovanna, Stefania, Margherita, Federico
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