lunedì 4 settembre 2017

Cantiere Libano 2017: LA SORPRESA…..LE SORPRESE


Appena arrivata, Beirut mi ha accolto con il suo caldo soffocante, la cappa di smog, l’odore intenso di immondizia e i suoi palazzi grigi ed anonimi che portano i segni ancora ben visibili della guerra.
Al primo impatto sembrava una città ancora assopita e avvolta nel torpore del dopoguerra, senza molto da offrire….invece sotto quella facciata si nascondeva una città ricca di luoghi interessanti, carichi di storia, di simboli, piena di vita e di cose inaspettate pronte a svelarsi a chi sa cercare e a chi non perde mai la speranza di trovare ciò che cerca.
Come un delizioso ristorante armeno nella zona di Burj Hammoud, dove oltre che mangiare bene abbiamo avuto la fortuna e il piacere di conoscere i proprietari; due simpatici vecchietti che si animano inaspettatamente al ritmo delle danze popolari armene. 

 Il Libano fin da subito mi ha sorpreso per la sua capacità di assomigliare a tanti posti di nazioni diverse eppure non essere come nessuna di loro: alcune ville sontuose in mezzo ai boschi delle montagne del nord ricordano le case tedesche della Baviera o dell’Alsazia, un vicolo di Tiro con le case color pastello affiancate l’una all’altra potrebbe tranquillamente essere una via di Cuba o qualche villaggio di pescatori del Portogallo. 



Le spiagge dorate, le palme e le buganvillee dai colori sgargianti che cercano di stringere in un abbraccio i palazzi della città mi ricordano la Tunisia.
Certe volte invece, spostandosi per il paese, si ha la sensazione di viaggiare per l’Italia: le montagne brulle e pelate del nord con i boschi di querce e le rocce friabili dai colori cangianti sembrano le stesse di Lucoli, di Campo Felice…i luoghi delle mie origini abruzzesi e delle mie vacanze di bambina; altre montagne terrazzate con muretti a secco di roccia bianca coltivate ad ulivi e viti ricordano la campagna della Sicilia, così come il blu intenso del mare che contrasta con il color ocra e ruggine delle rocce da dove spuntano le agavi.
I boschi di pini marittimi ricordano il litorale della Toscana, le montagne verdi ricoperte di conifere, con valli e gole più profonde assomigliano incredibilmente alle montagne della Valchiavenna, mentre le rocce bianche di Raushe che emergono imponenti dal mare azzurro sembrano i faraglioni di Capri.



Ma oltre ai paesaggi ci sono state molte altre cose che mi hanno colpito:
1.      la presenza di numerose piantagioni di banani e avocado come se ci si trovasse in un paese del Sud America.
2.      le statue giganti della Madonna sui cocuzzoli delle montagne che ricordano la Madonna d’Europa che troneggia sopra a Motta.
3.      sentir suonare gioiosamente le campane della messa domenicale in zone a maggioranza islamica
4.      vedere un soldato dell’esercito che si improvvisa vigile del traffico sventolando la bandiera libanese al posto della consueta paletta…
5.      vedere le bandiere di Hezbollah lungo tutto il tratto di autostrada che porta verso il sud del paese, come fossero dei normali cartelloni pubblicitari o quasi come se si attraversasse la frontiera con un altro paese….
6.      vedere che le strade, tranne che a Beirut, spesso non hanno un nome ma sono numerate…
7.      scoprire che per qualche motivo inspiegabile della fisica le feci scorrono tranquillamente giù per il tubo ma la carta igienica no, anzi lo intasa e quindi va buttata nel cestino….
8.      vedere automobilisti che nel bel mezzo della rotonda si fermano per dare la precedenza a chi viene da destra….
9.      il gelato con la gomma arabica….
Un’amara sorpresa poi è stato visitare la down town di Beirut e trovare un centro bellissimo e attentamente ricostruito, ma vuoto e in parte snaturato, dove l’antico suq è stato trasformato in un city mall di lusso a cielo aperto….come se si trattasse di Via Monte Napoleone….quasi come se il Libano volesse scrollarsi di dosso l’etichetta di “paese arabo”, i segni del suo passato e delle sue radici storico-culturali per darsi una patina di modernità, per convincere gli altri che “va tutto bene” nonostante tutto e illudersi di essere ancora la “Svizzera del Medio Oriente”.

Forse il fascino del Libano sta proprio nella sua schizofrenia: si è orgogliosi di essere libanesi, ma allo stesso tempo si cerca di assomigliare a qualcun altro, di apparire ciò che non si è, oscillando avanti e indietro a ritmo di dabke alla ricerca di un equilibrio tra passato e presente, tra storia e modernità.






Marianna


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