Mi è stato chiesto di condividere una riflessione finale sul cantiere in Libano. Molto di quello
che vorrei dire è già stato scritto con parole migliore dai miei compagni , c’è però un
pensiero ,tra i tanti, che vorrei condividere qui.
In Libano si impara cosa vuol dire “l’altro”. Altro è chi sta fuori dai nostri confini . Lo
percepiamo filtrato da delle sovrastrutture che trovano radice non solo nell ignoranza e nel
luogo comune , ma anche in mitologie createsi in tempi ormai offuscati dai secoli .L’ altro ci
appare come una maschera del teatro antico , stereotipo di una determinata categoria
umana , immutabile .L’altro è fondamentalmente distante, ciò che gli succede non riusciamo
a sentirlo sulla nostra pelle . Ciò che gli facciamo non è criticabile con le stesse categorie
morali che usiamo per i ‘’nostri’. L’ altro non viene considerato come umano in quanto tale ,
ma come nostra simmetrica antitesi .
L’alba e il tramonto .
In Libano i confini tra gruppi di altri sono ben evidenti , incisi sui muri dei quartieri
appartenenti alle diverse comunità , come a marcare il territorio . Muri concettuali e fisici,
dietro i quali si fece e si farà trincea nel momento dello scontro . Potrei raccontarvi tanto ,
della mitologia guerriera ed eroica . Di quando Bashir fu paragonato a Cristo , dopo esser
deflagrato nella sua macchina , lasciando di sè solo un dito sanguinante , ma devo essere
sintetico .
E’ scontato dire che per abbattere i muri serve l’incontro. Ma perché questo non avviene?
perché si continua a preferire lo scontro con il diverso. A volte mi viene da credere che la
speranza sia per gli illusi. E’ dalle prime poesie scritte nella storia dell’uomo che si denigra la
guerra , ma è dalle prime cronache che questa è presente. Empiricamente , siamo bestie;
altrimenti non avremmo bisogno di santi.
Questo è perché, forse,sofferenza genera sofferenza . Tra ‘’altri’’ si instaurano ruoli differenti
. La vittima e il carnefice. Ed è come se chi soffrisse , chi è stato vittima , avesse voglia di
diventare carnefice. Mi è stato detto che bisogna sempre andare alla radice del problema
per trovare una colpa . Forse è vero , ma a me di questo discorso frega poco: il risultato ,
tanto , è sempre lo stesso.
Passano gli anni e il filo conduttore di sangue vede sempre
alternarsi sofferenza e rabbia. Rabbia e sofferenza . Il vero sentimento della vittima è la
rabbia. Schizofrenia , tensione , rabbia e voglia di rivalsa , di questo è fatto chi soffre.
Tutti
questi sentimenti però , si riflettono sugli altri e a loro volta generano sofferenza. Ovvio no?
gli altri. E’ proprio perché si riflettono sugli altri che non ce ne accorgiamo , che non ce ne
curiamo .
Nel 1982 , Beirut era spaccata a metà : a est i cristiani a ovest i musulmani ; nel mezzo la
puzza di carogne lasciate a marcire sotto il sole , i cecchini e miriadi di simboli e bandiere
delle varie fazioni. L’alto comando israeliano decise quindi di bombardare la parte ovest .
I palazzi crollavano schiacciando chi ci abitava . Non ci piace pensarlo , ma morivano tutti ,in
maniera indistinta. Abbiate coraggio , fate lo sforzo di pensare chi puo morire quando una
città viene bombardata. E in che modo muore ? come si muore sotto le macerie di una
scuola ? Questo è quello che succede agli altri.
Il giornalista Robert Fisk , nel suo storico ‘’il martirio di una nazione’’ , chiese al generale
Avneri , allora a capo dell aviazione israeliana , com era possibile che il popolo israeliano ,
dopo aver sofferto tanto , avesse potuto fare ciò . Voglio condividere con voi la sua risposta.
‘’Le dirò una cosa sull olocausto.Sarebbe bello credere che le persone che hanno sofferto
molto siano state purificate dalla sofferenza.Ma succede esattamente il contrario , diventano
peggiori.Il dolore corrompe. C’è qualcosa nella sofferenza che genera una sorta di egoismo.
Herzog (il presidente israeliano) ha tenuto un discorso nell ex campo di concentramento di
Bergen-Belsen , ma ha parlato solo degli ebrei. Come ha potuto non menzionare gli altri -i
molti altri- che avevano sofferto in quel luogo? Le persone ammalate , quando soffrono ,
riescono a parlare solo di sé stesse.E quando al tuo popolo è successa una cosa talmente
mostruosa , hai la sensazione che nulla sia equiparabile a quella catastrofe. Hai una specie
di diritto morale , il permesso di fare tutto quello che vuoi - perché niente è paragonabile a
quello che ti è successo. ‘’
Dalle macerie e dalle sofferenze del Libano bombardato nacque il movimento di liberazione
Hezbollah , che dopo mesi di guerriglia popolare riuscì a liberare il paese.
Se vi capita di andare in Libano , non dimenticate di visitare il museo di Hezbollah. Sulla
cime di una collina c’è il mausoleo ai martiri ; sul fondo , in una buca di cemento sporca e
cupa , quel che resta di un carro armato israeliano.
Prestate allora attenzione quando vi diranno :
‘’Li , in cima alla collina , noi ; qui , in fondo , nelle macerie , loro . La libertà e l’oppressione .
L’alba e il tramonto’’.
Zeno
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