L’incontro con l’altro può essere semplice, difficile,
faticoso, soddisfacente, prezioso e a volte perfino fastidioso. Per me
l’incontro con l’altro in Georgia è stato un po' di tutto questo e l’ho vissuto
in particolare con un gruppetto di ragazzi. Questi erano un po' spavaldi, si
sentivano padroni di se e credevano di poter fare ciò che volevano. In effetti
durante il campo è stato proprio così…hanno raramente partecipato alle attività
e difficilmente si riusciva ad interagirci in modo costruttivo.
Nonostante
tutto ciò, un modo per stare con loro alla fine si è trovato, il calcio.
Intense lunghe estenuanti partite di calcio sotto un sole cocente e immersi in
una umidità olimpionica (difficile).
La mattina non avrebbero giocato 10 minuti sotto al sole ma il pomeriggio a
calcio, nessun problema! Il calcio è sempre il calcio!
Fin dai primi giorni in
cui li abbiamo conosciuti la comunicazione con alcuni di loro è stata
difficile, non tanto per la lingua, quanto perché l’uso della parola era spesso
accompagnato dal contatto fisico a volte un po' forte (fastidioso). Anche in questo caso però un modo di comunicare con
loro alla fine si è trovato, semplici gesti come un “batti un cinque” o un
“okay” e qualche sorriso sono stati sufficienti per mostrargli che esistono anche
altri modi di relazionarsi.
Siamo quindi riusciti a far fronte tanto alla
spavalderia quanto al voler fare ciò che volevano, ridimensionando un po' il
loro modo di stare con noi (soddisfacente).
Per quanto riguarda il sentirsi padroni di se non c’è stato un modo di stare,
bensì di non-stare. Quando a fine campo era giunto il momento di salutarsi, quel
gruppetto che fin dall’inizio era sembrato essere il più indifferente verso il
volontario, è rimasto fino agli ultimi saluti, qualcuno trattenendo qualche
lacrima, qualcun altro protraendosi in lunghissimi abbracci. Chi se lo
aspettava?
Da quel momento ho iniziato a pensare che l’incontro con l’altro
lascia, più o meno consapevolmente, sempre qualcosa di se e porta a casa
qualcosa dell’altro, come uno scambio (prezioso).
Nel mio caso porterò con me qualcosa che già in parte avevo ma che è sempre
difficile tenere a mente, la consapevolezza che dell’altro non so nulla. Alcuni
dei ragazzi hanno situazioni familiari e di vita che ben possono spiegare certi
loro comportamenti. Mentre il momento del saluto mi fa pensare che anche alcuni
di loro porteranno a casa qualcosa, magari qualcosa che non hanno mai avuto.
Madloba bavshvebi!
Nella foto Dato, uno dei ragazzi...un pò così
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