Incontrare l’altro é entrare, condividere, é partecipare alla vita dell'altro ma molto spesso non riusciamo o non vogliamo farlo.
Quest’anno per me é stato un anno molto particolare, in un primo tempo, ho avuto abbastanza difficoltá nell’incontro con l’altro, nel voler comprendere l’altro, nel partecipare alla vita dell’altro. Questa, passatemi il termine, sofferenza ha fatto sí che io mi chiudessi, non volessi piú aprirmi all’altro, incontrarlo, per paura, per la delusione subita. Avevo il desiderio, e la necessità di rimanere con me stessa, per non soffrire piú; volevo evitare di esser parte di altre storie che alla fine mi avrebbero lasciato solo tanti vuoti e insicurezze.
Cosí quando mi é stato comunicato che avrei dovuto fare da referente a 8 ragazzi italiani che venivano in Bolivia per tre settimane io non avevo alcuna intenzione di accettare questo incarico. Il timore di poter soffrire ancora mi frenava ma una forza di responsabilità e di fiducia datami dai miei superiori mi ha permesso di accettare.
Al primo incontro con questi 8 ragazzi sono andata senza nemmeno sapere quali fossero le loro facce, conoscevo appena i nomi ma i nomi non ti dicono come sono le persone. Non avevo neppure un umore predisposto all'incontro; si potrebbe dire che ero nel mio mondo, senza il desiderio di conoscerli, di entrare nella loro vita. Questo mio atteggiamnto interiore ovviamente si rifletteva anche nel mio modo di comportarmi infatti durante l'incontro ero distaccata, fredda, avevo messo un muro di protezione tra me e loro, una "barriera protettiva". Il mio obiettivo non era conoscere queste persone, ma semplicemente compiere gli obiettivi del progetto Cantieri e fare in modo che potessero trascorrere tre settimane in Bolivia felicemente proprio come mi era stato chiedo da i miei superiori.
Al primo incontro con questi 8 ragazzi sono andata senza nemmeno sapere quali fossero le loro facce, conoscevo appena i nomi ma i nomi non ti dicono come sono le persone. Non avevo neppure un umore predisposto all'incontro; si potrebbe dire che ero nel mio mondo, senza il desiderio di conoscerli, di entrare nella loro vita. Questo mio atteggiamnto interiore ovviamente si rifletteva anche nel mio modo di comportarmi infatti durante l'incontro ero distaccata, fredda, avevo messo un muro di protezione tra me e loro, una "barriera protettiva". Il mio obiettivo non era conoscere queste persone, ma semplicemente compiere gli obiettivi del progetto Cantieri e fare in modo che potessero trascorrere tre settimane in Bolivia felicemente proprio come mi era stato chiedo da i miei superiori.
Non volevo conoscerli, non volevo aprirmi con loro ma non ci sono riuscita. Dopo alcuni giorni non potevo continuare a rimanere una statua inerme che non provava nulla per questi ragazzi. Non è il mio carattere, potevo continuare a forzarlo ma per quanto?! Altri due tre giorni e poi questa situazione non mi era naturale, sarebbe stata una forzatura per me è sarei risultata tutt'altro che una piacevole compagnia.
Mi sono rivista in loro, quando son venuta in Bolivia per la prima volta, tutti i miei dubbi, l'incapacita di adattarsi e le mille curiositá cosí con il tempo si è instaurato un bel dialogo tra noi, loro si sono aperti e io di conseguenza. Mi sono "entrati dentro", li ho sentiti come una mia responsabilita, come delle creature da proteggere ed é lí che é iniziato l’incontro. In tre settimane ho riscoperto la bellezza dell’incontro con l’altro. Un incontro di sguardi, un incontro di parole, di silenzi, o semplicemente di gesti che si impara a riconoscere, a capire, per il quale non serve nient’altro. Ho conosciuto delle persone vere, che si sono aperte e che mi hanno permesso di trascorrere delle settimane belle ed intense, tra le migliori del mio anno in Bolivia.
Mi sono rivista in loro, quando son venuta in Bolivia per la prima volta, tutti i miei dubbi, l'incapacita di adattarsi e le mille curiositá cosí con il tempo si è instaurato un bel dialogo tra noi, loro si sono aperti e io di conseguenza. Mi sono "entrati dentro", li ho sentiti come una mia responsabilita, come delle creature da proteggere ed é lí che é iniziato l’incontro. In tre settimane ho riscoperto la bellezza dell’incontro con l’altro. Un incontro di sguardi, un incontro di parole, di silenzi, o semplicemente di gesti che si impara a riconoscere, a capire, per il quale non serve nient’altro. Ho conosciuto delle persone vere, che si sono aperte e che mi hanno permesso di trascorrere delle settimane belle ed intense, tra le migliori del mio anno in Bolivia.
Infine, quello che ho capito dell’incontro con l’altro é che non basta la buona volontá di mettersi nei panni dell'altro, non basta l'ascoltarlo, la comprensione, l'aiuto se necessario, ma serve anche la volontá del cuore, serve la predisposizione dell’altro a lasciarti far entrare nella dua vita, nei suoi problemi, nella sua intimità. Serve la reciproca predisposizione alla vera conoscenza senza giudizi o pregiudizi. Serve esser disposti a condividere una parte di voi stessi, gli sguardi, i gesti, le storia, i pomeriggi o intere settimane. Serve togliere tutte le maschere per esser autentici, per esser se stessi. Se da entrambe le parti c'è tale volontá all'incontro, beh che dire.. é una delle piú belle esperienze che si possano vivere!! E che auguro a tutti di poter vivere!
Nessun commento:
Posta un commento