La formazione di Caritas Ambrosiana tra attività e divertimento (parecchio)
Rho, Casa Betel, ottobre 2017. Alla fine della prima giornata di formazione residenziale prevista da Caritas Ambrosiana, i nostri OLP ci lasciano e noi iniziamo ad organizzarci per preparare la cena. Durante il giorno, abbiamo svolto attività per conoscerci, iniziare a fare gruppo e ragionare su cosa significa l’incontro con l’altro – che può risultare alquanto bizzarro, soprattutto quando l’altro si saluta con un bacio sulla spalla e grida come un matto se non fai lo stesso, se gesticoli o se gli parli senza toccarlo (con il gioco I derdiani, abbiamo simulato infatti l’incontro con una cultura portatrice di comportamenti sociali abbastanza curiosi). Anche se siamo in quattordici, riusciamo incredibilmente a coordinarci senza problemi e, soprattutto, a metterci d’accordo su cosa comprare da mangiare. Quando le ragazze tornano con la spesa, la cucina sembra trasformarsi in un formicaio pieno di operose formiche: chi pela patate, chi taglia carote e zucchine, chi prepara il soffritto, chi lava pentole e coltelli. Il risultato è un gran pentolone di minestrone che viene messo a cuocere su un fornello un po’ fiacco. Mentre aspettiamo – all'inizio apparentemente in vano – che l’acqua inizi a bollire, apriamo qualche bottiglia di vino e cominciamo a lavorare sul “compito” che ci è stato dato per la mattina seguente: creare una scultura, con i materiali presenti in casa, che rappresenti la nostra “cultura”. Così, c’è chi inizia a tagliare ed incollare, chi a disegnare e colorare, chi in pochi abili mosse crea la propria opera d’arte e si dedica al vino, chi incomincia tardi e resterà a lavorare con dedizione fino a notte inoltrata. I risultati del nostro lavoro sono sorprendenti, ed anche il minestrone non è poi così male, forse abbiamo solo esagerato un poco con la quantità (i resti ci accompagneranno durante tutti i giorni seguenti).
La mattina dopo presentiamo le nostre s-culture, ragioniamo sull'idea stessa di cultura ed i suoi limiti, e tra una spiegazione e l’altra c’è anche chi si emoziona. Poi, prima di pranzo, ci viene assegnato un altro incarico. Poiché ognuno di noi ha portato un ingrediente a lui caro, che fosse rappresentativo della sua personale cultura o della sua storia, ci viene dato il compito di preparare un pranzo che contenga tutto quello che è stato portato. Gli ingredienti comprendono: mele, pere, farina e lievito, lenticchie, patate, riso, zucca, sale, parmigiano reggiano, basilico, pomodorini, vino, riso soffiato al cioccolato, cacao. Dopo una breve consultazione, decidiamo quale sarebbe stato il menu e ci mettiamo all’opera. Come la sera prima, la collaborazione viene del tutto naturale e noi stessi ci sorprendiamo di come tutto funzioni organicamente. La cucina ridiventa formicaio e, senza regole o ruoli stabiliti, senza che nessuno si imponga, ognuno trova la sua occupazione. C’è chi prepara un piatto e chi l’altro, chi si dedica ai primi, chi ai secondi e chi ai dolci, c’è chi apparecchia, chi scrive il menu con arte ed eleganza, chi prepara i sotto-bottiglie facendo origami. Il risultato, ancora una volta, è sorprendente. Il menu “Impronte golose 2017” include: antipasto di gocce di parmigiano, focaccia con i pomodorini, bruschette e vino; risotto alle lenticchie come primo e patate e zucca al forno come secondo; torta di mele come dolce, insieme a deliziose fettine di pere ricoperte di cioccolato e riso soffiato. Sedersi a tavola dopo tanto ed accurato lavoro è proprio un piacere, ed anche gli OLP sembrano parecchio soddisfatti.
Con le pance piene riprendiamo le attività del pomeriggio, che prevedono la visione di un film, il vento fa il suo giro, ulteriore modo per riflettere sulle dinamiche di incontro con l'altro. Il film è controverso ed intrigante, tant'è che, interrotto a metà per limiti di tempo, decidiamo di guardarne la fine dopo la cena, preceduta da un abbondante aperitivo. Durante il film facciamo scommesse sul finale, ipotizziamo il peggio, scherziamo sui personaggi, ma la fine ci lascia talmente scossi ed amareggiati che dopo i titoli di coda inizia una lunga discussione sul film, su quello che ci ha trasmesso, sui suoi significati. Poi la discussione passa a temi più leggeri, e con le persone che resistono fino a notte inoltrata passiamo a revocare i momenti della selezione di gruppo a cui avevamo dovuto partecipare per essere lì in quel momento, ricordiamo le figuracce fatte, scherziamo sui nostri comportamenti e su quelli delle altre persone che avevano partecipato.
L’ultimo giorno è dedicato alle dinamiche del lavoro in gruppo, lavoriamo a coppie su un foglio, sperimentando con un gioco dinamiche di collaborazione e conflitto. Quando ai due membri della coppia è dato come compito quello di disegnare due cose completamente diverse, ma sullo stesso foglio e con una sola penna, alcune cercano di comunicare senza l’uso della parola, altre riescono a collaborare disegnando una casa-elefante, c'è chi cerca di imporre a tutti i costi il suo disegno calcando la mano, chi passa un po’ troppo tempo a cercar di comunicare e quasi si dimentica del disegno. Lavorare in gruppo non è certo facile, e questo esercizio ci permette di riflettere sulle problematiche, le sfide e le strategie del lavoro in equipe.
Quanto a noi, fino a qualche giorno prima perfetti sconosciuti e sconosciute, è chiaro che in pochi giorni un po’ gruppo lo siamo già diventati (e che gruppo!), malgrado le partenze imminenti verso paesi completamente differenti e lontani migliaia di chilometri tra loro. Quando ci chiudiamo alle spalle la porta di Casa Betel, siamo tutti e tutte entusiaste dei tre giorni appena passati, tanto da rimpiangere il fatto che essi siano già finiti. Qualcuno addirittura sospira, "Ah se la formazione fosse tutta residenziale!"