“E` li che ho sentito l`odore dei
poveri. Sapete: non mi ha piu lasciato il puzzo della miseria, si è attaccato
ai vestiti, alla pelle, mi ha inseguito dopo che ne sono uscito, ho gettato via
i vestiti che indossavo...e` rimasto li, mi e` entrato dentro, mi insegue e mi
perseguita....che cos`e` l `odore dei poveri? ”
Questa
è la testimonianza di Domenico Quirico, giornalista de La Stampa al ritorno da
un viaggio nei centri d`accoglienza libici.
E`
questo l`odore dei poveri? E’ quello che
ci siamo chiesti mentre i bambini ci si arrampicavano addosso.
Pungente,
come un profumo troppo dolce che non si adatta all`eta` del bimbo che hai
davanti.
“L`odore
di shelter” è un odore misto di polvere terrosa, di mani sporche, l`odore umido
della doccia, gli odori forti e speziati dei cibi che vengono preparati fin dal
mattino, l`odore del pianto.
Ma
tutti questi odori spesso celano dei colori di una bellezza inaspettata.
Bianco, come il contrasto che si crea con il
nero negli occhi dei bambini, e come la polvere che si alza quando si corre
insieme a loro.
Nero, come il quotidiano vestito che Fatima
riusciva a indossare con cosi tanta eleganza; nero come il caffe denso e robusto
che con il suo profumo ti risveglia.
Rosso, come tutti i checkpoint che abbiamo
oltrepassato nei nostri spostamenti per
il Libano, e come i pomodori che ogni giorno vengono serviti a pranzo negli
shelter.
Arancione,
colore che esplode nel cielo ogni sera in un tramonto sorprendente.
Ma anche il grigio, come il cemento
dell’edilizia che deturpa le meravigliose valli verdi e che rinchiude anche gli
ultimi cedri rimasti liberi, come lo smog che aleggia sempre sopra Beirut, e
come i campi da gioco dedicati ai bambini.
Che odere e colore ha uno shelter? Ora che abbiamo
visto, vissuto, respirato, non possiamo piu dire “ignoravo tutto”, “credevo”,
“mi avevano detto”.
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