E’ una settimana che sono in Italia, sette giorni di immagini che
scorrono davanti ai miei occhi, di abbracci con i miei amici, con i
miei cari genitori… appena ti incontri la frase fatidica :
“
Allora Boliviana, raccontaci il
tuo viaggio”
Dopo questa frase ogni volta appare un sorriso sulla mia bocca, gli
occhi viaggiano, forse il mio sguardo si fa lontano e assente, o
forse è semplicemente “pieno”.
SI’ E’ PIENO, perché certe cose non si possono raccontare fino
in fondo, certe emozioni che ti fanno vibrare l’anima non possono
riassumersi in una risposta ad una domanda.
A Cochabamba tutto era diverso: colori, odori, mezzi di
trasporto...gli incontri iniziavano proprio sui “trufi”, mi
piaceva osservare le persone attorno a me, catturare i loro
spostamenti, le loro piccole abitudini che scaldano il cuore.
Ricordo un ritorno verso casa, dopo una giornata di servizio
impegnativa, dove le domande nella mia testa erano sempre troppe, e
lì davanti a me un papà con in braccio la sua bambina, tantissime
coccole per quel genitore con sua figlia, baci ed abbracci che mi
avevano scaldata e fatto sentire un pochino meno triste ed impotente.
Impotenza … sì, a volte, quando ti ritrovi con 30 bambine che
vivono in un hogar, spesso abbandonate dai loro genitori, con storie
difficili alle loro spalle, magari a soli 3 anni, con ferite
profonde, che certe volte non permettono di mettere in moto quella
solidarietà e aiuto, che ti aspetti di trovare da bambine accomunate
da un destino simile. Mi sono sentita disarmata e impotente; in quei
momenti mi hanno aiutata i piccoli gesti.. aiutarle a lavare i panni,
stenderli e dopo la fatica ,“rubare” un mandarino e assaporarlo
al sole, in un angolino, lontane da tutto. Io sola con quelle
bambine, ascoltarle e sorridere mentre accarezzavo i loro capelli era
un gesto bello, che ridava tranquillità e serenità.
Nella
mia valigia non mi porto le coloratissime stoffe Boliviane, lì
dentro ho chiuso voci, occhi, storie di vita che Natalia, Jasmina,
Andres, la Duena de la cocina e i venditori della cancha in quel
momento hanno deciso di condividere con me. Lì dentro ho chiuso
storie di preti e suore missionarie, che dedicano la loro vita a
persone in difficoltà, gente, a volte, incapace di dire GRAZIE,
custodisco la fatica di una terra contraddittoria, che però ha la
magia di entrarti dentro, di creare appartenenza anche in poche
settimane di servizio.
In Bolivia ho toccato con mano il significato di questa frase:
“
Un sorriso è spesso
l’essenziale.
Si è pagati da un sorriso.
Si è ricompensati da un sorriso.
Si è animati da un sorriso”
GRAZIE BOLIVIA!
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