domenica 28 agosto 2016

Una vita da Cochala

                                                   Cochabamba, ciò che vedo dalla mia finestra

Case, tante. Fango, pietra, mattoni, paglia.
Rosse, gialle, marroni, verde fluo, con motivi floreali o andini. Decisamente e volontariamente Kitsch. In città, in campagna, lungo i fianchi delle montagne, vicino ai fiumi, vicino alle discariche.
Una sola casa, di una sola stanza, un solo letto, sei persone; ma c'è l'elettricità. In ogni caso, niente acqua.

Troppe macchine. Manca il finestrino, i freni stridono, ma perché devi sempre suonare sto clacson?!?
Mai visto automobili che resistono più di vent'anni, forse questa ne avrà anche di più.
Ma non vedi che il semaforo è rosso? Oddio, supera a destra, spintona a sinistra, come avrà fatto a passare in quel buco?
Attenzione ai furti, zaino davanti. Micro, colori, musica, Prince, ma questa è puzza di piedi? Eccola là la gallina! Niente, anche stavolta la portiera non si chiude. “No escupir” (non sputare O_o).
Bajamos por favor!
Cinque posti, sette persone, più l'autista. Rigorosamente radio-taxi, più sicuro...ma durante il giorno anche il primo taxi improvvisato va bene. Ma vendono le targhe?!? no, dai, non passare per il mercato...

Alla Cancha, quanta frutta. Tre tipi diversi di mango e che profumo! Banana, banana rossa, bananitas, platano da friggere; nomi strani come Guayaba, Palta, Chirimoya...buona eh, ma un po' troppo dolce.
Si vende di tutto. Hai bisogno di un lucchetto? C'è! Di un tavolo? Eccolo! Di un flauto di Pan? Ma certo! Francesca in Wonderland.
Ma perché qua tutti devono spingere?
Choclo cocido con quééééso!”, Lucy, ci sta perseguitando!
Basta, per oggi basta Cancha.

Una sfilata, canti, balli, musica, colori. Morenada, Tinku...ma la Chacarera quanto è bella?
Un bloqueo. Guarda, stanno grigliando in mezzo alla strada!
Mannaggia, ora ci tocca farcela tutta a piedi. Ma protestano sempre?

Persone, tantissime.
Il “gringo”, spensierato e felice, cappellino, pantaloncini, macchina fotografica. I'm sorry!
L'argentino, dred, mochilero, collane e braccialetti, simba, un po' altezzoso.
I boliviani “bianchi”, camicia e gioielli, macchina e stivali. Zona nord.
I boliviani “altri”, masticatori seriali di foglie di coca, fascia leopardata sul braccio, divisa scolastica, cerchietto con i brillantini, vestiti rigorosamente attillati con accostamenti di fantasie e colori almeno discutibili, mille tonalità di fuxia, occhi neri e indagatori, sorrisi dorati, tanti capelli e nessun pelato. Strano metodo di corteggiamento/ addescamento (movimento simultaneo delle sopracciglia).
Le Cholitas, gonnellone lunghe e corte, pizzo e colori, cappelli di paglia, sandaletti, trecce nere, qualche baffo in più, qualche dente in meno.
Grida, carretti delle frutta, gomitate nello stomaco; aguayo, dentro un bambino, al seno un altro, per terra un altro ancora. Quechua.
E poi spagnoli, brasiliani, cileni, cinesi, italiani, tedeschi.

...oh, Cochabamba; ti odio o ti amo?

Di certo, VIVA COCHABAMBA MAYLLAPIPIS!

1 commento:

  1. Per chi la conosce hai fatto una perfetta descrizione.Grazie Francesca

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