mercoledì 17 agosto 2016

Kenya-Nairobi: KARIBU SANA







“Karibu sana!”: questa l'espressione che mi ha accolto fin dal primo giorno in cui sono arrivata in Kenya per poi accompagnarmi durante tutta l'esperienza e rimanere nel mio cuore anche ora, a casa. Karibu sana è il modo kenyota per dare il benvenuto, spesso affiancato dalle parole inglesi “feel free, feel at home”. Queste due semplici parole sintetizzano in modo significativo il senso dell' intero viaggio condiviso con altri compagni diventati per via veri amici. La mia prima sensazione è stata davvero quella di sentirmi accolta e benvenuta in una realtà completamente diversa e lontana dalla mia quotidianità. Un'accoglienza che, da un lato, ha riempito il mio cuore di stupore e gioia grazie ai sorrisi e alle mani dei ragazzi con cui ho condiviso la maggior parte del tempo lavorando, ballando e chiacchierando e, dall'altro, un' accoglienza che mi ha confrontata con un vissuto di “paura”, almeno inizialmente. È quella "paura", quel timore, che sono propri delle strade di Kahawa West o delle varie slums che abbiamo "abitato". Dall' "isola felice" di Cafasso, dove lo stare con i ragazzi ti porta a sentirti insieme e a vivere una dimensione familiare, abbiamo attraversato le strade, dove le urla dei passanti lasciavano ad intendere che noi siamo “qualcosa di incomprensibile” (nella loro lingua: “Muzungu"). Difficile sembrava poter trovare un punto di incontro. Queste due realtà, quella di Cafasso e quella delle strade, apparentemente inconciliabili, mi accoglievano ogni giorno e giorno dopo giorno ho imparato ad avvicinarle dentro di me, sentendomi sempre più parte di loro, sentendomi a casa. Ora quel mondo che ho vissuto e dal quale mi sono lasciata attraversare, scombussolare, quel mondo del quale mi sono anche un po' innamorata, è vivo nel mio cuore e porta me stessa a dire “karibu sana” di fronte a una serie di domande e interrogativi che qua e là si sprigionano nel mio cuore, che vanno e vengono, che mi fanno sentire viva. Questa Africa mi ha accolta in tutte le sue sfaccetture e bellezze e mi ha insegnato ad accogliere quella parte di Africa non solo fisica, ma del “cuore”, quell' Africa che è dentro di me, ogni giorno.

Anna Valsecchi

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