Sono le 7 ed è la terza mattina
consecutiva che mi alzo disorientata senza aver puntato alcuna sveglia. Mi giro
e mi rigiro e ci metto un attimo a capire che no, non sono nel sacco-lenzuolo dove
incastro sempre il pigiama con la cerniera quando mi giro e no, oggi non ho
nessun “turno colazione” che mi aspetta e no, fuori non ci sono oche, mucche o
cavalli a popolare le strade sterrate e no, non sono più in Moldova.
Sono strane giornate queste,
passano lente e alterno momenti di infinità felicità a malinconia passeggera.
Sono tornata nella realtà, nella mia, piena di automobili, programmi e facce
imbronciate che diventano la normalità fin quando non la stravolgi.
E alla domanda “Allora, come è
andata Anna?” non so ancora bene cosa rispondere e così mi limito a dire un “bene”
generico. Cerco sempre una frase, qualche parola per riassumere questa
esperienza ma non trovo mai nulla perché ogni giorno è un racconto a sé e le
emozioni non si possono riassumere.
È vero, in fondo sono stata via
solo poco più di due settimane, uno potrebbe dire. Il punto è che sono state
due settimane così intense che solo ora comincio a rielaborare e mettere in
ordine tutte le emozioni e gli abbracci ricevuti e dati.
Non è stato semplice.
Non è stato semplice atterrare in una realtà fatta di povertà e
semplicità, delle volte, disarmante.
Non è stato semplice stringere manine immobili ed essere scrutata da
occhi blu come il mare e curiosi di vita.
Non è stato semplice lasciare Nicoleta, Doina e tutti gli altri
bambini che hanno colorato di sorrisi tutte le mattine.
Non è stato semplice salutare i volontari moldavi che mi hanno lasciato lo zaino pieno di volti e
storie da raccontare.
Non è stato semplice dare un’immagine alla povertà dopo aver visto una
casa costruita con fango e paglia.
È vero, non è stato semplice, ma è stato bellissimo.
Ora sono qui, nella mia città e mi sento fortunata a non dover portare
con me la bottiglietta piena di acqua potabile per lavare i denti, ad avere una
famiglia che mi vuole bene, un tetto solido sotto cui condividere i miei
racconti e l’acqua calda nella doccia.
Mi cade l’occhio sul polso “Zimbeşte”
me l’ha scritto Ina prima di partire, vuol dire “Sorridi” ed è inevitabile,
ogni volta che lo leggo, sorrido.
[scritto il 18 agosto 2016]
Anna
Grazie Anna e grazie a tutti i giovani come te che hanno occhi, cuore e mani grandi per vedere, amare e aiutare gli altri.
RispondiEliminaSei una persona speciale Anna...porta questa consapevolezza nel tuo cuore SEMPRE...sono certa che farai grandi cose nella vita qualsiasi strada tu scelga...un abbraccio a te e alla tua splendida famiglia <3
RispondiEliminaSilvia