lunedì 25 agosto 2014

C'è un post...o in Libano!


C’è un posto, in Libano, dove ad accoglierti c’è così tanta nebbia che nemmeno a Milano in pieno novembre.

C’è un posto, in Libano, che al primo impatto assomiglia ad una prigione e ti prende un po’ alla gola.

C’è un posto, in Libano, che sembra un limbo: ci sono tante donne che aspettano e aspettano ognuna con un passato troppo vicino e un futuro che rimane sempre troppo lontano. Allora sembrano tristi, ma forse sono solo delle esuli. Troppo lontane.

C’è un posto, in Libano, dove c’è sempre un gran via vai e ci sono donne che arrivano, donne che partono e donne che scappano perché non ne possono più.

C’è un posto, in Libano, dove ascolti storie che avevi letto solo in quei libri sugli stranieri che ti fanno leggere a scuola e ti fanno esclamare “Assurdo!” ma poi restano sempre un po’ troppo lontane.

C’è un posto, in Libano, dove i bambini non hanno una mamma, bensì 80 e non piangono di certo se una sconosciuta li prende in braccio. Ma è anche il posto dove si sente di più la mancanza di un “papà” con la barba e i muscoli per sollevarti fino al cielo.

C’è un posto, in Libano, dove il concetto di “mio” e “tuo” è un po’ diverso perché se ci si deve accontentare allora anche un “nostro” è meglio di qualsiasi cosa. Invece ci sono anche volte in cui non si tollerano sbagli e bisogna andare a sedare un litigio in piena notte perché “si era seduta sul mio letto”.

C’è un posto, in Libano, dove di sera si prega Dio davanti a una statuetta della Madonna e lo si fa con canti che vengono dal profondo dell’anima e dal profondo dell’Africa fatti di una religiosità a noi incomprensibile, ma che parlano sempre e solo di gioia.

C’è un posto, in Libano, dove se stai male ti passano la Bibbia sul corpo che guarisci prima.

C’è un posto, in Libano, dove se parte La Colita si balla tutti quanti e tutti insieme e posso solo dirvi che hanno reso speciale questo ballo anche per me.

C’è un posto, in Libano, in cui ci sono donne che vogliono solo sentirsi donne e così una volta tirati fuori fili, perline, trucchi e macchina fotografica non ti puoi più tirare indietro.

C’è un posto, in Libano, in cui apri il frigorifero e ci trovi solo chili di cipolla e le tipiche “piadine” utilizzate per fare il “rotolino” e vi giuro che alle 23 quando avete fame vi piange il cuore. Eppure adesso, che sono a casa, quando apro il frigor e vedo tutti questi colori, tutta questa abbondanza, tutte queste scatole e scatolette di marca diversa il cuore piange, ma perché non trovo un senso a quest’opulenza.

C’è un posto, in Libano, in cui l’ultima sera senti le donne urlare “I love Italia and I love you!” e allora ripensi ai primi giorni quando bisognava pregarle per farle alzare dalla sedia e venire a giocare con te e pensi che di strada ne hai davvero fatta.

C’è un posto, in Libano, dove vedi tanti sogni per il futuro che si scontrano con la realtà e allora “Mia figlia ha ottenuto i permessi per andare in Danimarca da suo padre. Io no. Io ho un tumore e devo restare qui. Ma forse più avanti riuscirò a raggiungerli. Però sono contenta: mia figlia è tutto ciò che ho.”

C’è un posto, in Libano, dove gli occhi ti parlano e sono occhi induriti da quello che hanno visto, occhi in cui intravedi le foreste pluviali del cuore dell’Africa, occhi dolci di una madre che consola il figlio che piange, occhi che non hanno un paese perché nel loro paese non ci possono più tornare e ci sono occhi stanchi che vorrebbero solo posarsi su un cuscino morbido e chiudersi, ma sanno che non possono. Non ancora.

C’è un posto, in Libano, dove basta un bimbo che si sbrodola di bolle di sapone insieme a te per farti sentire più leggera.

C’è un posto, in Libano, dove non è tutto facile come sembra e ci sono giorni in cui bisogna lottare per le cose, ma chi ha detto che nello sporcarsi le mani, i piedi, la faccia e il cuore, nel far fatica non si riscoprano le cose semplici e buone di noi e dell’altro che si erano date per scontate?

C’è un posto, in Libano, in cui io ti sorrido e tu mi sorridi perché non abbiamo altra idea sul come comunicare, ma così facendo il cuore mi si scalda un po’ di più.

C’è un posto, in Libano, che ti opprime quando ci sei dentro perché non puoi scappare da te stessa e cerchi sempre di uscirne, ma quando sei fuori non riesci a togliertelo da dentro e quella parte di te che è rimasta lì si sveglia presto, al mattino, perché magari può ancora dare una mano a preparare la colazione.

C’è un posto, in Libano, dove restare 2 settimane sui 365 giorni che ci sono in un anno assomiglia molto a voler riempire con un secchio un mare troppo grande.

Eppure c’è un posto, in Libano, dove non vai per cambiare il mondo o la vita di alcune donne perché di certo non puoi aiutarle a tornare nei loro paesi o a riabbracciare i loro cari.

È il posto in cui non è tanto importante se 2 settimane sono troppo poche perchè quando te ne vai la nebbia che ti ha accolto resta sempre, ma questa volta solo fuori e nel cuore brilla un po’ di sole in più.
 
Martina P.
 
 

"Appoggiati a me che se ci dovesse andar male insieme sapremo cadere."

"Chiudi gli occhi e sogna, Amore mio"


"Ci sarà una lontananza che diverrà la tua nuova casa"

"Balliamo sul mondo!"

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