mercoledì 19 agosto 2015

NICARAGUA: Highway to hell

Lunedì. Ore 7 locali.
Felix viene a prenderci a Batahola con un pick-up. Stipa nel retro del mezzo le nostre valigie e i nostri due hombres, Niccolò e Matteo, e sistema Bea, Sere, Mary, Ambra e me all’interno dell’abitacolo.
In una mezz’ora scarsa siamo all’ingresso di Nueva Vida, quartiere periferico dell’altrettanto periferica Ciudad Sandino e sede del centro escolar Redes de Solidaridad ed El Guis in cui presteremo servizio con bambini e disabili. In un attimo lo scenario cambia radicalmente. Il cuore mi si stringe in petto.


Immaginate casa vostra, con tutte le sicurezze e i confort a cui siete abituati. Sostituite mentalmente le pareti e il soffitto di muratura con delle lamiere di colori diversi, inchiodate l’una con l’altra alla meglio. Immaginate la cappa di calore che si sviluppa all’interno, sotto il sole bollente di un agosto equatoriale, senza un ventilatore che possa darvi un minimo refrigerio.
All’interno, il pavimento è uno strato di cemento sconnesso e mai pulito nonostante i vostri sforzi, mentre i mobili arrangiati si concentrano tutti in un’unica stanza o poco più. La porta è diventata anch’essa una lamiera che, scorrendo, vi separa appena dall’esterno. Dimenticate le tubature, gli scarichi e i servizi igienici come siete abituati a pensarli.
Lo steccato o la cancellata che delimita la vostra proprietà è del semplice filo di ferro o un accumulo di panni stesi, lavati a mano, e comunque già sporchi per il quantitativo di polvere sollevata dal vento.
La casa dei vostri vicini non ha più il suo prato curato, ma versa nelle stesse condizioni di miseria della vostra. E così quella accanto. E quella accanto ancora. 
La strada che percorrete per arrivare a casa non è più asfaltata, ma si riduce a semplice terra battuta. Ai suoi lati si accumulano grandi quantitativi di rifiuti e un rivolo di acque reflue a cielo aperto che vi porta costantemente alle narici un odore tanto penetrante quanto sgradevole
Immaginate un temporale tropicale e la fanghiglia alta che si forma e trasforma la strada in un vero e proprio fiume, portando con sé tutto l’inquinamento e la sporcizia degli scarichi. Di doverci camminare dentro, immersi fino quasi alle ginocchia ogni volta che uscite di casa. Immaginate che in quella strada, in quelle condizioni igieniche, ci giochino i vostri figli.
Provate a pensare, solo per un secondo, a quello che direste o fareste se li vedeste uscire dalla baracca in cui vivete, dopo un’abbondante pioggia, e scivolare ridendo per la strada in discesa, usando come slittino naturale l’incavo tra il marciapiede e la carreggiata dove normalmente scorre quel fiume malsano. Qui succede davvero.


A pochi metri da voi un’enorme discarica a cielo aperto inquina l’aria che respirate, attirando animali e insetti portatori di malattie. Giornalmente, il pattume si accumula a causa degli sversi dei camion, sommandosi ai vostri rifiuti e quelli di tutti gli altri abitanti del quartiere. Probabilmente voi, qualche vostro parente o amico, in quell’ambiente ci lavorate, trascorrendo ore a cercarvi qualcosa di riutilizzabile.
L’acqua che bevete, con cui vi lavate, con cui cucinate, non la comprate più al supermercato e non viene dall’acquedotto del paese. Esce da un pozzo scavato nella terra. Quella stessa terra.
Immaginate di non avere un lavoro, se si esclude una bancarella per la strada, allestita di fronte alla vostra baracca o un impiego saltuario pulendo i vetri delle auto ai semafori. O la droga. O la criminalità in generale. Immaginate che, qualunque sia, nella migliore delle ipotesi, vivrete con meno dell’equivalente di un dollaro al giorno. 
Immaginate un frigo che non presenti la solita ampia scelta, di non poter più decidere se nutrirvi in modo salutare o meno. Fagioli con riso. Riso con fagioli. “Gallo Pinto” (Riso e fagioli). Patatine e cibo malsano che, quello sì, potete permettervi e la malnutrizione che sfigura il vostro corpo.
Immaginate di abituarvi a sentire e vivere sulla vostra pelle e su quella dei vostri cari storie di violenza, domestica e urbana. Assalti, gang, stupri. Machete. 
Considerate che la stazione di polizia del quartiere chiude prima del tramonto e pensate se ve la sentireste di girare per le strade dopo quell’ora o a come sareste preoccupati nell’attesa che i vostri figli o le vostre figlie rientrino a casa.
Immaginate di esservi ritrovati qui dopo aver perso la vostra già umile casa e il terreno che era la vostra fonte di sostentamento a causa dell’uragano Mitch, di essere stati relegati dal governo in una sorta di campo profughi perenne e di coltivare i vostri sogni e le vostre speranze per il futuro in questo inferno. Immaginate l’importanza di avere dei centri sul territorio che si preoccupino dell’educazione dei bambini, dell’organizzazione sociale, di offrire un minimo di assistenza sanitaria e di proteggere le fasce più deboli di una popolazione già debole, come i disabili.


Benvenuti a Nueva Vida, poco più di un accampamento. Benvenuti nella realtà quotidiana di decine di migliaia di persone. 

Cla

1 commento:

  1. Angosciante anche se interessante. Anche se il lavoro che fate potrebbe sembrare una goccia nel mare, credo sia davvero importante

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