venerdì 14 agosto 2015

Nicaragua: "MANAGUA piensa en GRANDE"

Managua è bella. Davvero. Ma non di quelle bellezze lineari, che quasi irritano per l’assenza di tratti imperfetti. 
E’ una bellezza contorta, coraggiosa e in parte difficile da notare, a meno di non guardarla con il cuore. Eppure, è magnetica.
Tanto per cominciare è capitale di una terra di laghi e vulcani, bellezze naturali che portano con sé un pericoloso potenziale; inoltre il caso, il destino o chi per esso, l’ha fatta sorgere su un’enorme faglia sismica, una ferita della Terra che più volte si è riaperta, causando dolore. 

Ma per quello che ne so, Managua le sue ferite le mostra con orgoglio: nell’unica parte della città che potrebbe essere vagamente assimilata ad un centro storico sorge la vecchia cattedrale.
E’ l’unico edificio sopravvissuto al terremoto del 1972. Con le sue colonne e il timpano in stile classico, si staglia contro il cielo, orgogliosa e intatta esternamente, nonostante sia totalmente distrutta all’interno.
Le scosse l’hanno resa inagibile, disintegrandone il contenuto. Ma lei è lì, ancora in piedi, e le lancette del suo orologio ci sono ancora. Sono ferme a quelle 12.35 di 43 anni fa, non più mosse da alcun ingranaggio. 

Da allora la città è stata totalmente ricostruita, con i pochi mezzi economici disponibili e incaricando il caso di stendere un piano regolatore. Il risultato è un accozzarsi insensato di quartieri dalla forma scomposta, dove estrema povertà e benessere, tranquillità e criminalità diffusa sbattono l’una contro l’altro e a tratti si invadono reciprocamente, mischiandosi nella girandola di colori che la contraddistingue.

Per i prossimi giorni staremo a Batahola, un quartiere (anzi un barrio, per dirla alla Nicaraguense) popolare. Per lungo tempo è stato segnato da guerriglia e degrado urbano, ostaggio di criminalità e spaccio. Ancora una volta però, dalla sutura di questa ferita, è sorto un centro culturale che ha cercato di dare un’alternativa ai ragazzi che non fosse la strada, un parco giochi sicuro in cui i bambini potessero giocare e tanti colori con cui dipingere le case, perché come insegna la cattedrale, la povertà che si respira al loro interno non demolisca la speranza e la gioia della gente.



La nostra casa è come tutte quelle qui: la facciata è dipinta con un colore brillante, c’è un patio coperto da un tetto in lamiera e chiuso da un cancello.
Internamente, le tegole sono sostituite da legno e lamiera. Dalle giunture tra le lamine piove dentro, ma come ci dice con naturalezza il nostro coordinatore Matteo, basta conoscere i punti in cui è danneggiata, mettere sotto un catino e tutto si risolve. E a pensarci bene, questa massima si può estendere all’incirca ad ogni situazione della vita.
Inoltre, abbiamo un pavimento piastrellato e questo basta a rendere la nostra casa la più “linda” del quartiere, anche se è assurdo.

Le case qui sono tutte su un piano, tanto che nei rari casi in cui questo non avviene, al postino per raggiungerle basta indicare la direzione della casa e dire che quella di interesse si trova al secondo piano. E’ un dettaglio sciocco, ma mi ha colpita. 



Usciti da Batahola la città si sviluppa come vuole, ospitando case simili a quelle vicine alla nostra, alcune delle quali fungono da negozi o piccole e grandi officine.
In un patio composto da tre lamiere sbilenche, corredato da cartone informativo e sul cui sfondo si trova una piccola casa dall’intonaco brillante e scrostato, un ragazzino ripara cellulari sotto il sole cocente.
Girando per le vie si trovano molti di questi negozi arrangiati, che si alternano a supermercati e locali. Davanti ad alcuni di questi ci sono dj, armati di mixer e microfono, che fanno risuonare nell’aria musica latina, calda e coinvolgente, annunciando le offerte del giorno.

Ovunque la gente, per strada, nei patii delle case o occupata nelle sue faccende, alza gli occhi, ci guarda sorridente e saluta. Per loro siamo indistintamente “gringos”, non importa se non siamo americani, ma nonostante ciò sono amichevoli.


Managua è una città che non si arrende mai, non è arroccata nei suoi problemi. E’ una città che si è rialzata più volte e continua a farlo ogni giorno, facendo sorgere nuovi parchi, nuove zone sorvegliate e protette in cui le famiglie possano trascorrere del tempo serenamente, diffondendo la cultura con le molte piccole università che ospita e credendo che sia possibile un futuro migliore.

Tutto questo lo racconta la gente, lo raccontano gli edifici e lo raccontano i murales colorati che sono sparsi per i muri della città e delle case, anche quelle più povere. Managua “piensa en grande” e io vorrei somigliarle.

Un abbraccio e alla prossima emozione,


Cla




2 commenti:

  1. bellissima questa descrizione, bravi

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  2. Bravi, queste vostre 'parole', di tutti i Post, dovrebbero essere lette da moltissima gente, soprattutto da chi non si rende conto della fortuna che ha.

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